‘Infiltrazioni’ cinesi in America

Una recente relazione della Commissione di Controllo sull’economia e la sicurezza nei rapporti Usa-Cina (China Economic and Security Review Commission, Uscc) chiede al Congresso degli Sati Uniti di applicare il divieto assoluto per le aziende statali cinesi e controllate dal regime cinese di acquistare attività statunitensi.

Tale posizione politica, che gli osservatori hanno messo in luce in maniera sempre più chiara ultimamente, riflette le preoccupazioni crescenti del Congresso americano per la penetrazione delle imprese cinesi all’interno del mercato americano, in particolar modo nelle aree sensibili come la sicurezza nazionale che potrebbero aiutare il regime del Pcc e procurarsi armi per attaccare gli Stati Uniti stessi.
Il rapporto annuale della Uscc sono seicento pagine di analisi sul rapporto economico tra Usa e Cina e sulla sua sicurezza; al’interno vi sono varie raccomandazioni il cui tema centrale è «proibire alle imprese statali o parastatali cinesi, di acquistare attività statunitensi inclusi i titoli di Stato».

Secondo uno studio dell’istituto di ricerca Rhodium Group, gli investimenti esteri cinesi hanno avuto una crescita esplosiva negli ultimi anni, raggiungendo un record superiore ai 45,6 miliardi di dollari nel 2016, il triplo del totale degli anni precedenti. Molti di questi investimenti sono stati effettuati da imprese statali cinesi che, come è noto, sono sotto il pieno controllo del regime comunista di Pechino.

Nel rapporto dell’Uscc si legge infatti che «la Cina (attraverso gli investimenti esteri diretti) sta mirando alle imprese americane che sono ritenute essere di utilità strategica per il regime, come quelle che si occupano di informazione e comunicazione ad alta tecnologia, di agricoltura e biotecnologia. Questi investimenti mirano a trasferire preziosissime attività americane, proprietà intellettuali e tecnologia in Cina, presentando potenziali e rilevanti rischi per l’economia statunitense e per la sicurezza nazionale».
Quello che è peggio, secondo il rapporto, è che le imprese del regime cinese eludono le azioni legali del governo Usa, invocando lo status di ‘investimenti stranieri’ e facendo appello a una legislazione che garantisce l’immunità agli investimenti stranieri nel mercato Usa ( ai sensi del Foreign sovereign immunities Act.)
Si dichiara ancora nel rapporto: «La natura poco chiara e nebulosa del sistema finanziario cinese rende impossibile verificare l’affidabilità delle comunicazioni finanziarie e le verifiche dei conti delle compagnie cinesi. Che tuttavia continuano ad agire nel mercato finanziario statunitense, e ad aumentare il capitale operando al di fuori delle leggi del governo Usa».

Al momento della pubblicazione, Michael Wessel, membro della Commissione, ha affermato che sebbene si raccomandi di bandire solo le imprese statali cinesi, a tutela della sicurezza nazionale anche le imprese private cinesi dovrebbero essere soggette a un controllo, per determinare l’entità delle acquisizioni delle attività statunitensi.

L’AATTESISSMO ESAME

Secondo Gordon Chang, analista specializzato sulla economia dell’Asia, l’acquisizione da parte del regime di Pechino delle attività americane è un serio problema che attende da tempo una riposta politica: «La Cina ha comprato tecnologie che hanno avuto applicazioni militari, e nessuno negli Stati Uniti vuole riconoscerlo».
Ma, sebbene il rapporto delle Uscc del 2016 avesse dato gli stessi suggerimenti di vietare alle imprese statali cinesi di acquisire le attività statunitensi, Chang crede che ora le raccomandazioni potrebbero davvero essere attuabili, dato che l’amministrazione Trump al potere, ha messo nuove persone a gestire la questione Cina. E il parlamento americano ha infatti lanciato una propria iniziativa per contrastare gli investimenti cinesi: l’8 novembre il senatore repubblicano John Cornyn, ha presentato un disegno di legge attraverso il quale intende agire contro il pericolo rappresentato da quegli investimenti stranieri negli Stati Uniti che rappresentino un rischio per la sicurezza nazionale. Anche se nel disegno di legge non si fa menzione esplicita alla Cina, nel discorso tenuto il 14 novembre invece, il senatore ha sostenuto chiaramente: «È ora che gli Stati Uniti adottino una nuova politica sulla Cina» perché «non perde occasione per appropriarsi delle tecnologie statunitensi».

 

Articolo in inglese: Congressional Commission Urges Ban on Sale of American Assets to China’s State-Owned Enterprises

Traduzione di Fabio Cotroneo

 
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