Immigrazione e diversità culturale, in Inghilterra i nativi ‘faticano’ ad adattarsi

Tante sono le ricerche che enfatizzano gli aspetti positivi dell’immigrazione, dello scambio interculturale e del multiculturalismo, ma poche prendono in considerazione l’impatto che questa diversità culturale possa avere sul benessere degli abitanti di un determinato Paese.

L’inesorabile effetto dell’immigrazione è infatti quello di generare, nel lungo periodo, diversità culturale nelle differenti aree del globo: molte comunità locali ospitano popolazioni o gruppi sempre più differenti, in termini di etnia, abitudini, tradizioni e religioni.

Uno studio pubblicato dalla IZA Journal of Migration e redatto dall’economista Simonetta Longhi, ha analizzato proprio l’impatto che questa diversità culturale ha sul benessere delle persone che vivono in Inghilterra.
In particolare, il livello di benessere degli abitanti nativi del Paese preso in esame (i britannici bianchi), viene influenzato negativamente dall’arrivo di persone straniere, di etnicità e religioni differenti: secondo la ricerca, gli inglesi bianchi che vivono in aree con maggiore diversità culturale hanno fatto registrare un livello di benessere minore rispetto a quelli che vivono in zone a bassa diversità culturale.

Un altro studio di Betz e Simpson, pubblicato dallo stesso ente, aveva analizzato l’impatto dell’immigrazione sul benessere dei nativi nei Paesi europei, concludendo che l’immigrazione ha un impatto, seppur di molto poco, positivo sul benessere degli abitanti nativi. Tuttavia secondo la Longhi, quel piccolo impatto positivo potrebbe essere dovuto al fatto che i ricercatori hanno paragonato e preso in considerazione la diversità, in Paesi per la maggior parte di vasta estensione geografica, mentre l’impatto sugli individui è maggiormente rilevante se si prendono come campione delle aree più ristrette.

Lo studio della Longhi ad ogni modo, fa distinzione tra immigrazione e integrazione degli immigrati, e diversità culturale (il fattore da lei preso in considerazione). E questo perché, si legge nello studio, «le persone che si sono ben integrate o che si sentono a loro agio nella nuova nazione potrebbero ancora condurre diversi stili di vita dovuti alla loro originaria provenienza culturale».
Nello specifico, l’economista ritiene di fondamentale importanza l’adattamento alla diversità; l’impatto della diversità è infatti più negativo su quelle persone che vivono solamente da pochi anni in un determinato quartiere. Questo per l’autrice indicherebbe che le persone possono anche adattarsi alla diversità, e che quindi il problema «non sia tanto il livello di diversità, ma la relazione che sussiste tra la velocità con cui aumenta la diversità e la capacità di adattamento dei residenti».

Coesione sociale e benessere economico

Per il filosofo Putnam infatti, un rapido incremento della diversità potrebbe generare problemi sociali e diminuire la coesione sociale. Nel suo test per la misurazione della felicità, lo psicologo e professore Ed Diener, dell’Università dell’Illinois, indica che uno dei fattori più importanti che determinano la felicità di un individuo e il suo grado di soddisfazione verso la propria vita, siano proprio le relazioni sociali.

Per altri studiosi, l’incremento rapido della diversità porterebbe, oltre che all’intensificarsi dei conflitti sociali, anche una diminuzione del capitale sociale.
Un’analisi di Florence Neymotin, professoressa alla Nova Southeastern University, ha ad esempio considerato l’immigrazione come una possibile causa dell’erosione della coesione sociale, in particolare negli Usa. La Neymotin ipotizza anche le conseguenze che quest’ultima avrebbe sull’economia a livello globale: Una diminuzione della coesione sociale porta a una più debole partecipazione civica, alla riduzione delle forniture di beni pubblici, e può anche portare a un’interruzione delle istituzioni finanziarie a causa dei diritti di proprietà indeboliti, dei microfinanziamenti ridotti, dei tassi di insolvenza più alti e della ridotta redditività delle piccole imprese».

Tuttavia, come fa notare la Bbc in un’analisi sull’immigrazione nel Regno Unito, riguardo ai suoi effetti diretti sull’economia, le opinioni sono sempre state contrastanti, dal momento che secondo alcuni avrebbe effetti positivi, aiutando anche a creare maggiori posti di lavoro e mantenendo bassa l’inflazione; per gli oppositori invece, l’immigrazione avrebbe effetti negativi dal momento che creerebbe disoccupazione, contribuirebbe ad abbassare gli stipendi e andrebbe a esercitare una maggiore pressione su scuole e ospedali. L’analisi pone anche l’attenzione sul come gli studi degli ultimi anni risultino piuttosto inconcludenti in particolare in merito a quest’ultimo argomento, lasciando quindi sempre aperto il dibattito tra sostenitori e contrari.

Lo studio iniziale della Longhi, comunque, non ha evidenziato alcuna correlazione tra diversità culturale e l’influenza sul benessere dei britannici non bianchi, dei residenti in Inghilterra originari di altre nazioni, e di individui appartenenti a minoranze etniche.

 
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