Il Venezuela di Maduro alla fame

Scarrozzato in giro a bordo di un elegante pick-up nero, lo scorso mese il generale maggiore Manuel Quevedo, capo dell’industria petrolifera venezuelana, ha organizzato una joint venture con la statunitense Chevron.

Scortato da altri camion che trasportavano la sua scorta, Quevedo è transitato davanti ad alcuni operai che aspettavano fermi davanti a un pozzo petrolifero: volevano scambiare una parola con il ministro petrolifero nazionale dell’Opec – nonché presidente della propria industria petrolifera statale Pdvsa – sulla triste situazione in cui versa la compagnia.
Ma Quevedo e la sua carovana sono passati oltre.

«Non è uscito per chiedere ai lavoratori cosa stesse succedendo», racconta Jesus Tabata, un leader sindacale che lavora su una piattaforma situata nella ricca zona petrolifera dell’Orinoco. Perché «in questo modo è più facile continuare a dire che tutto va bene e, allo stesso tempo, continuare a tenerci come schiavi, pagandoci miseramente».

Sotto il controllo del nuovo comandante (che ha rapidamente estromesso dall’impresa in difficoltà la classe dirigente e la bassa manovalanza) migliaia di lavoratori del petrolio stanno scappando dalla compagnia petrolifera statale. Secondo i capi del sindacato, in Venezuela attualmente operano quasi una decina di lavoratori e oltre una decina di ex dipendenti della Pdvsa, oltre a quasi una decina di dirigenti di società straniere.

In questo periodo, alcuni uffici della Pdvsa sono invasi dalle telefonate provenienti da decine di lavoratori che sono in attesa di dimettersi. Un operaio petrolifero ha raccontato a Reuters che il personale delle risorse umane di almeno un ufficio amministrativo nello stato di Zulia ha smesso di trattare con i dimissionari e ha appeso un cartello con scritto: «non accettiamo dimissioni».

Anche se le statistiche ufficiali della forza lavoro sono ora un segreto gelosamente custodito, una decina di fonti hanno riferito a Reuters che quest’anno diverse migliaia di lavoratori hanno dato le dimissioni, incrementando il già preoccupante deflusso dello scorso anno. E, secondo quando ha riportato leader del sindacato e critico governativo Ivan Freites citando dati interni dell’azienda, a partire da gennaio 2017, in 12 mesi circa 25 mila lavoratori, dei 146 mila dichiarati ufficialmente dalla Pdvsa nel 2016, hanno già rassegnato le dimissioni.

E sempre il prominente leader sindacale delle maggiori raffinerie a nord della penisola Paraguana ha aggiunto che le dimissioni, ora, sembrano essersi impennate bruscamente e che «sono inarrestabili».

Foto della raffineria di petrolio di Cienfuegos, 250 km a sud-est dell’Avana, a Cuba l’11 febbraio 2013 (Jean-Herve Deiller/AFP/Getty Images)

Inoltre, come hanno spiegato a Reuters operai e dirigenti stranieri della Pdvsa, molti di quelli che se ne vanno ora sono ingegneri, manager o avvocati. Professionisti di alto livello che, dopo il crollo del Venezuela in depressione, è diventato quasi impossibile poter sostituire.

La Pdvsa e il ministero del Petrolio non hanno risposto alle ripetute richieste di commento. Invece, il membro del consiglio della Pdvsa e il rappresentante del sindacato pro-governativo Wills Rangel hanno riconosciuto che la fuga di talenti è un problema serio: «Le dimissioni in massa sono preoccupanti. Molti adetti alle operazioni di raffinazione se ne sono andati».

Oltretutto, il rapido deterioramento delle attività e delle finanze della Pdvsa, diffondendo la crisi attraverso un’economia nazionale basata sul petrolio e afflitta da carenza di cibo e iperinflazione, ha accelerato il ritmo delle partenze.

Circa una ventina di fonti hanno anche riferito a Reuters che Quevedo – quasi sconosciuto ex ministro degli alloggi che ha rimpiazzato due dirigenti imprigionati per presunta corruzione – ha ulteriormente avvelenato l’atmosfera.

Altre due fonti interne alla compagnia anno riferito che appena arrivato, Quevedo – ufficiale rigido, che ha fatto carriera nella Guardia Nazionale – ha licenziato molti impiegati veterani e ha invitato i rimanenti a denunciare i propri colleghi che si opponevano a Maduro e che ha sfruttato i soldati per i ruoli migliori, dando all’azienda petrolifera l’atmosfera di una ‘caserma’.
Quevedo sta anche lottando per mantenere il controllo di una compagnia sempre più lacerata da lotte territoriali. I socialdemocratici al governo, una volta tenuti uniti dal defunto leader Hugo Chavez, sotto Maduro hanno ceduto alle lotte intestine.

A febbraio, Quevedo si è anche scontrato con il potente vicepresidente del Venezuela, Tareck El-Aissami: secondo tre fonti a conoscenza dell’incidente, finora tenuto nascosto, quando El-Aissami ha nominato un vicepresidente dell’unità Pdvsa che sovrintende una joint venture con società straniere, Quevedo ha rimosso l’incaricato e lo ha fatto arrestare.
Quevedo è un alleato dei pesi massimi del partito socialista Diosdado Cabello.

Hebert Garcia, ex generale dell’esercito che in seguito ha rotto con Maduro ed è fuggito dal paese afferma: «C’è una lotta tra Diosdado e Tareck per il controllo dell’industria».

Le turbolenze politiche e le dimissioni di massa minacciano il governo di Maduro, che dipende dal petrolio per il 90 percento, grazie ai proventi delle esportazioni.

Un soldato dietro sacchi di sabbia custodisce la casa presidenziale di Miraflores mentre il presidente venezuelano Nicolas Maduro e il suo vicepresidente Tareck El Aissami si incontrano con gli operai della compagnia petrolifera statale Pdvsa a Caracas il 31 gennaio 2017. (Juan Barreto/AFP/Getty Images)

Nella Cintura dell’Orinoco, alcuni impianti di trivellazione lavorano solo saltuariamente per mancanza di squadre di lavoro, riferiscono due fonti sul posto. E due fonti nella penisola settentrionale della Paraguana, hanno dichiarato che nelle raffinerie della Pdvsa sono scoppiati numerosi piccoli incendi perché non ci sono più abbastanza supervisori.
Inoltre, secondo due spedizionieri e un operatore commerciale, la mancanza di personale nei terminali di esportazione ha costretto alcuni porti a ridurre l’orario di lavoro. E infatti, la produzione di petrolio nel primo trimestre di quest’anno è precipitata a 1,6 milioni di barili al giorno, toccando il livello minimo degli ultimi 33 anni.

«QUANDO PARTI?»

Un posto di lavoro alla Pdvsa una volta era ambito per il generoso salario e i benefici che garantiva (inclusi mutui a basso tasso per le abitazioni). Ora, molti lavoratori della Pdvsa con i propri salari (pochi dollari al mese) non riescono nemmeno sfamare le famiglie.

La dilagante carestia ha portato, lo scorso anno, i venezuelani a perdere mediamente 11 chilogrammi di peso a pro capite. Si può immaginare quanto sia duro, per degli operai che fanno un lavoro estenuante in campi petroliferi spesso remoti. Alcuni operai del settore petrolifero hanno fatto ricorso a lavoretti saltuari, prendendo vacanze per lavorare all’estero o persino vendendo le loro divise da lavoro (le tute rosse) per ricavare soldi con cui comprare da mangiare.

Altre due fonti al lago di Maracaibo, un sito produttivo vicino alla Colombia, hanno riferito che alcune maestranze del luogo non possono più andare al lavoro. Il trasporto può costare fino a 55 mila bolivar, soli 10 centesimi di dollaro Usa, ma che corrispondono anche alla paga media giornaliera degli operai.
«Ora quello che ci chiediamo tra di noi è: “Quando parti e per dove?”» commenta uno dei lavoratori di Maracaibo, che come migliaia di altri venezuelani, nell’ultimo mese, è emigrato in Colombia; «anche in bagno, la gente parla di licenziarsi».

«CHI RESTERÀ?»

Un ex dipendente della Pdvsa ha raccontato che al quartier generale della Pdvsa, Quevedo gira spesso per gli uffici scortato da una decina di guardie del corpo che gli aprono la strada.

La decadenza della compagnia che lo circonda nella torre degli uffici, una volta luccicante, è evidente: ascensori rotti, cibo scadente della mensa e banchi vuoti nei reparti che una volta erano affollati.

Da fine 2017, Maduro ha supervisionato l’arresto di decine di dirigenti di alto livello della Pdvsa, a volte nel quartier generale di Caracas, sotto lo sguardo scioccato degli impiegati. I lavoratori ora si sentono sorvegliati dai supervisori, hanno fatto sapere le fonti, e sono riluttanti a prendere qualsiasi decisione commerciale per paura di essere poi accusati di corruzione.
Secondo una fonte di una società straniera, inoltre, i dipendenti della Pdvsa, spesso visibilmente smagriti, a volte consegnano di nascosto curriculum a dirigenti di aziende private.

Il mese scorso, durante una rara protesta, i lavoratori del ministero del Petrolio hanno bloccato l’accesso alla caffetteria, chiedendo migliori benefici e reclamando le dimissioni di Quevedo.

Secondo diverse fonti, i partner petroliferi stranieri del Venezuela, tra cui l’americana Chevron, la russa Rosneft e la cinese Cnpc, sono sempre più preoccupati per la rapida perdita di forza lavoro della Pdvsa. Ma come partner di minoranza, hanno poca o nessuna influenza sui salari e sulla gestione.
I partner stranieri sono anche diventati sempre più frustrati da quando c’è Quevedo, che inizialmente ha chiesto i loro suggerimenti per aggiustare l’impresa statale, ma che ora sembra mal disposto verso le riforme.

Altre fonti hanno dichiarato che almeno una società straniera sta valutando l’opportunità di coinvolgere specialisti stranieri per migliorare le proprie operazioni. Ma con il crimine, le interruzioni di potere e le carenze che dilagano in Venezuela, attirare i professionisti stranieri è difficile.

Tuttavia, alcuni giurano di rimanere nella cintura dell’Orinoco, perché sono convinti che il governo di Maduro non possa durare: «Non possiamo arrenderci», ha detto Tabata, il leader sindacale che quel giorno guardava il camion di Quevedo. «Questo governo è instabile e potrebbe cadere da un momento all’altro. A quel punto chi resterà?».

 

Articolo in inglese: Under Military Rule, Venezuela Oil Workers Quit in a Stampede

Traduzione di Massimo Marcon

 
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