Il Rosatellum, brutta legge specchio di una brutta società

Mancano pochi giorni al voto del 4 marzo. In molti, soprattutto tra i 5 Stelle, criticano la legge elettorale ‘Rosatellum’, un sistema misto maggioritario e proporzionale, perché non fornisce la possibilità del voto disgiunto e favorisce le coalizioni e i piccoli partiti, penalizzando le liste che si presentano da sole.

Allo stesso tempo, l’assenza di voto disgiunto e alcune alleanze molto ‘larghe’, hanno provocato alcuni strani fenomeni, come quello di Pier Ferdinando Casini candidato a Bologna per il centrosinistra, o quello dei parlamentari 5 Stelle coinvolti nello scandalo ‘rimborsopoli’, che ormai si trovano bloccati nelle liste: gli elettori del Movimento, quindi, sono costretti a eleggerli lo stesso, oppure a non votare il proprio partito.

Legge elettorale italiana del 2017 (Wikipedia)

Di fronte a questa situazione a dir poco singolare per una nazione democratica, Epoch Times ha chiesto l’opinione del professor Alessandro Lattarulo, sociologo e politologo dell’Università ‘Aldo Moro’ di Bari.

Che ne pensa del Rosatellum, dal punto di vista della rappresentanza democratica e dei diritti dei votanti?

Non è una buona legge, soprattutto nella misura in cui separa sulla scheda la parte uninominale da quella proporzionale, impedendo tuttavia di scegliere in maniera disgiunta il candidato uninominale e i candidati del proporzionale, quindi costringendo l’elettore a fare un pacchetto unico, a dover acquistare a scatola chiusa qualunque cosa venga presentata.
Certo, è sulla falsariga delle precedenti, nel senso che nel proporzionale, che abbiamo dal 2006, ci sono i nomi bloccati, e anche qui si è costretti a ‘mangiare l’intera minestra o a buttarsi dalla finestra’, senza troppe ironie.

Perché si è arrivati a questa legge?

Secondo me, per quello che tutti hanno scritto, tutti hanno detto, sia politici che commentatori, oggi c’è un problema di fondo: non c’è un’idea condivisa di democrazia. Oscilliamo tra rigurgiti proporzionalistici, che in un momento di difficoltà nel rapporto con la politica spingono per dare rappresentanza a tutte le voci o quasi tutte le voci (con qualche piccola soglia di sbarramento) e invece chi vuole delle leggi di impianto maggioritario che tendano, proprio in ragione di questa frammentarietà, a garantire la governabilità.
Quindi, quando non ci sono delle visioni condivise, spesso persino all’interno degli stessi partiti, si va a finire che molto spesso escono delle schifezze.
Ora, se posso permettermi una chiosa tecnica, il paradosso dei paradossi è che il Rosatellum, sotto tanti punti di vista, va perfino a peggiorare l’Italicum. Quello che io non capisco e che un po’ mi irrita, se devo essere proprio sincero (ma da studioso prima ancora che da cittadino), è che adesso sul Rosatellum giustamente riversano critiche di ogni tipo. Ma si riversano le critiche anche di quelli che adesso ci dicono “ma era meglio l’Italicum” dopo che per mesi lo avevano dipinto come la legge più funesta, più schifosa e più inguardabile che fosse mai stata partorita da mente umana.
Questo, secondo me, al di là delle preferenze che uno nella sua mente può avere per una legge, per un modello di società o per un altro, sta anche a dimostrare come si cerchi di tirare semplicemente acqua al proprio mulino e come non ci sia una visione per il Paese.

Perché dice che questa legge è un peggioramento dell’Italicum? L’Italicum era un proporzionale con premio di maggioranza. Qual è il legame con la legge attuale?

Era un proporzionale con premio di maggioranza, però premiava il singolo partito e non contemplava delle coalizioni. Intendiamoci, anche l’Italicum era una non-soluzione, rispetto al pluralismo oggi presente. Però, sia pur forzando la mano, comunque garantiva, secondo me, una possibilità di scelta maggiore di quella che non garantisca oggi il Rosatellum.
Cerco di esemplificare, seguendo anche il dibattito che sta divampando questi giorni: con quello che è successo con le presunte espulsioni delle 14 persone coinvolte nello scandalo dei 5 Stelle, in teoria si dovrebbe dare la possibilità a un elettore dei 5 Stelle che si senta indignato per queste prese in giro, di poter non votare magari la parte proporzionale, dove c’è quel candidato, oppure la parte maggioritaria. Invece, non potendo fare questa scelta, anche un elettore veramente onesto si ritrova di fronte al bivio di non votare quella scheda in quella camera, o di dover arrivare a votare anche quella persona che magari vorrebbe vedere ‘impiccata’ perché ha tradito la propria fiducia, ha preso in giro, eccetera eccetera. Per cui questa legge elettorale costringe veramente a un atto di disobbedienza civile verso le proprie idee, molto forte e radicale. Cosa che nessuno andrà a fare.

Quindi il problema principale è l’assenza di voto disgiunto.

Certamente meno opzioni ci sono, più il voto è costretto. Però il problema vero alla base è che comunque noi viviamo in una società molto frammentata, e che si rispecchia in questa frammentarietà nella politica. La società oggi – sarà un brutto paragone forse – sembra come le famiglie. Oggi ci si sposa e ci si lascia con grandissima facilità, molte volte. Tante volte, per amor del cielo, per validissime ragioni, però anche con molta più facilità di un tempo. La stessa cosa accade in politica: ci si mette insieme e ci si lascia per ragioni veramente sciocche.

Che effetto avrà la novità di questa parte maggioritaria uninominale, oltre a quella proporzionale?

Fin quando si è votato con il maggioritario, cioè fino al 2001 compreso, l’Itanes, il principale istituto che studia i flussi elettorali, ci aveva detto che nei collegi più mobili ci poteva essere uno scarto del più o meno 4 per cento al massimo di voti, di una persona di destra che votava uno di centrosinistra o viceversa, perché si votava il nome. Anche considerando che comunque c’era quella quota del 25 per cento di proporzionale, che si poteva votare in maniera disgiunta; per cui io, se ero di destra ma avevo votato il candidato di centrosinistra, poi comunque trovavo il mio contentino, la mia espressione identitaria, nell’altro voto.
In questo modo invece, dovendosi comprare tutto il pacchetto così com’è, viene anche a cessare questo vantaggio, se mai tale può essere considerato, del maggioritario.
Per cui sono sicurissimo che avremo dei risultati, per esempio di persone di centrosinistra che hanno votato un candidato di centrodestra nel proprio collegio, che oscilleranno al massimo su un +1/-1%, non di più. Perché nel momento in cui io scelgo un candidato non della mia parte politica, di fatto sto andando a votare anche per la parte proporzionale uno dei partiti politici della parte che non sento mia.

Poi il problema resta sempre quello, alla radice: che siamo una società molto frammentata, che si scoccia di tutto, si scoccia di tutti. È una società del risentimento, del rancore. È una società che, comunque, qualunque legge elettorale tu le dia in pasto, finisce male.

Poi noi abbiamo una caratteristica, che è quella di avere uno dei role-player, il M5S, che comunque dal punto di vista programmatico esclude le alleanze, salvo poi eventualmente essere costretto a farle. Dal punto di vista programmatico, però, è nato dicendo ‘devono passare i cadaveri dei partiti lungo il fiume e noi non ci alleiamo con nessuno’. Programmaticamente.
Allora è ovvio che se uno dei role player rompe con questa possibilità che è insita nel concetto stesso di proporzionale, vuol dire che comunque ci sono due cose: una è tecnica, cioè viene minato il senso stesso del proporzionale. E l’altra che, analizzando la società, questo interpreta un sentimento molto diffuso, quello per cui nessuno è disposto a mettersi in gioco con nessuno, ed è questo un punto che è stato sottolineato da tantissimi studi. La parola e il concetto stesso di compromesso, di necessario accordo con altri, anche fatto con trasparenza e con punti precisi, viene rifiutato ideologicamente per un malinteso senso di purezza, o un malinteso senso di nausea verso quello che è successo, senza proporre delle soluzioni concrete.
La Germania sono quindici anni che fa grandi coalizioni e non mi sembra che sia un Paese che stia sprofondando dal punto di vista economico.

Però mi sembra che Di Maio abbia fatto capire che invece stavolta sono aperti…

Sì, però dal punto di vista programmatico è ‘né con, né con’.

Quindi intende dire che c’è incoerenza tra il fatto che il Movimento 5 Stelle sostenga il proporzionale e che al contempo escluda le alleanze o coalizioni in partenza, prima delle elezioni.

Sì, in partenza, programmaticamente. Il volantino che loro danno è ‘noi stiamo con nessuno’. Infatti cosa dicono nei comizi? ‘Noi stiamo da soli, gli altri hanno già delle coalizioni’.

È un modo anche furbo di giocare da catch-all-party: da ‘partito pigliatutto’. Benissimo, ma questa è una forma profondamente diseducativa, da chiunque venga praticata. E molto pericolosa, perché porta all’esacerbazione gli animi. Quindi succederà, io sono convintissimo, che le ripercussioni non saranno poche, nella pancia forte del Paese. Anche perché se a questo si aggiunge che ormai il Movimento 5 Stelle guarda con un occhio verso destra e con un occhio verso sinistra, si avrà comunque una percentuale notevole dell’elettorato di quel partito, che se esso si allea, tanto per capirci, con Leu, sbraiterà perché viene da destra, e se si allea con la Lega, o con qualcuno a destra, si avrà una parte rilevante dell’elettorato che viene da sinistra e che, invece, avrà delle serie difficoltà ad accettare quest’altro tipo di cosa.

Quali sono allora gli scenari più probabili, dopo il voto?

Secondo me il più ragionevole ad oggi è che il centrodestra, che è sempre lievemente sottostimato nei sondaggi, possa arrivare alla vittoria in maniera autosufficiente o comunque sfiorarla di pochissimo. E a quel punto trovare ad esempio in questi fantomatici espulsi ma non ancora tali, dei 5 Stelle, e in qualche altro personaggio spurio, quei voti mancanti per formare un nuovo governo. O comunque se proprio anche questi numeri non dovessero essere sufficienti, arrivare in una condizione per la quale si abbia un governo del presidente, un governo tecnico, fortemente incardinato attorno al centrodestra. Perché, comunque, il risultato di Salvini e della Lega credo non sarà indifferente, e difficilmente si andrà a verificare quella cosa che stata raccontata, secondo me in maniera molto strumentale, da gente come Travaglio, cioè uno staccarsi di Forza Italia dalla Lega. Perché questo è un lusso che Forza Italia non può permettersi, in quanto altrimenti le crollerebbero tutti i governi locali, perché la Lega glieli farebbe cadere tutti. Quella panzana dell’accordo già scritto tra Forza Italia e Partito Democratico è un qualcosa che è stato sponsorizzato in maniera furbesca da gente come Travaglio e Scanzi, che, devo dire, ahimè hanno smesso da alcuni anni di fare giornalismo.

Se infatti la Lega prendesse il 15-16 per cento a livello nazionale, e persino arrivasse a eleggere qualche deputato nel Mezzogiorno, è ovvio che mi sembra molto difficile che Forza Italia possa avere il lusso di lasciare la Lega per fare un governo con le forze ‘centriste’ del Parlamento. Ammesso che ne abbia i numeri, tra l’altro. Anche perché bisogna vedere che forza avrebbe Forza Italia. La Lega il 15 e Forza Italia il 18? Il 20? Ma quello che rischia Forza Italia, forzando troppo la mano, è che il giorno dopo la Lega faccia cadere tutte le giunte tipo Lombardia, Veneto, Liguria: le giunte delle città dove governano insieme. La Lega potrebbe bloccare questa eventuale tentazione di Forza Italia in questo modo.

 
Articoli correlati