Il rigido controllo di Xi impedisce alla Cina di superare gli Stati Uniti

Di Antonio Graceffo

Con Xi Jinping al timone, è improbabile che la Cina si riprenda economicamente o superi gli Stati Uniti.

Dal 1980 al 2019, il tasso di crescita medio del Pil cinese è stato dell’8%. Negli ultimi anni, i tassi di crescita annui sono in calo. E quest’anno, la Cina dovrebbe registrare i numeri più bassi degli ultimi decenni, forse meno del 3%.

Il completo controllo del potere da parte di Xi significa che il Paese sarà orientato verso la sua visione futura: maggiore sicurezza e unificazione forzata con Taiwan. Il miglioramento della crescita economica non è invece una priorità così alta, nonostante l’appello di Xi affinché la Cina diventi un Paese a reddito medio-alto entro il 2030.

Per raggiungere questo obiettivo, l’economia dovrebbe crescere a un tasso medio del 5 per cento all’anno. Ma data la lenta crescita di quest’anno, lo stato generalmente povero dell’economia, i lockdown in corso per il Covid-19, il debito estremo, un enorme deficit pubblico e una crisi demografica, ciò sembra improbabile. Infatti, con il suo attuale tasso di crescita inferiore al 3 per cento, la Cina non supererà gli Stati Uniti fino al 2060.

Nei decenni precedenti, la Cina è cresciuta spostando le persone dalle campagne alle città, dove il contributo al Pil di un operaio di fabbrica è fino a quattro volte quello di un agricoltore. Spostare centinaia di milioni di persone ha aumentato notevolmente le dimensioni del Pil cinese. Ora, il Paese è in gran parte urbanizzato, quindi non ci sono più enormi guadagni da ottenere con questa manovra.

In passato, la Cina ha anche utilizzato la costruzione di infrastrutture per rilanciare l’economia. Il Pil è aumentato in modo significativo quando sono state costruite le prime ferrovie ad alta velocità e le strade tra le città sono state migliorate. La maggior parte del Paese è ora collegata tramite autostrade e treni ad alta velocità, ad eccezione di villaggi piccoli, poco noti e non sviluppati. Sebbene collegare anche questi villaggi potrebbe aumentare il Pil dei villaggi stessi, questa operazione avrebbe un impatto minimo o nullo sul Pil nazionale. In effetti, i costi della realizzazione di una tale connessione potrebbero facilmente superare i suoi vantaggi.

La Cina ha effettivamente raggiunto un punto in cui costruire infrastrutture è controproducente in termini di spesa, e infatti ogni euro speso per le infrastrutture ha un impatto sul Pil inferiore alla spesa. Per generare 1 euro di crescita del Pil, la Cina deve investire infatti una media di 8 euro. A peggiorare le cose, se quegli euro sono finanziati mediante il debito, ora saranno più costosi con l’aumento dei tassi di interesse nei mercati del debito sovrano mondiale. Qualsiasi debito aggiuntivo utilizzato per finanziare le infrastrutture dovrebbe essere aggiunto al debito totale della Cina, che, contando il debito pubblico e privato, è già pari al 270 per cento del Pil .

Un altro problema che la Cina deve affrontare è il calo delle nascite. Per mantenere la dimensione della sua forza lavoro, la Cina dovrebbe avere una media di 2,1 nascite per famiglia. Tuttavia, nel 2021, il tasso di natalità della Cina era solo di 1,15. La crescita dell’economia con una forza lavoro in diminuzione richiederebbe un miglioramento della produttività del lavoro per aumentare il contributo al Pil di ciascun lavoratore. Ciò può essere ottenuto con la tecnologia e la produzione di beni di valore superiore.

Passando alla produzione di fascia alta, Germania, Giappone, Corea del Sud e Taiwan hanno mantenuto un elevato tenore di vita nonostante una forza lavoro in diminuzione. Il lavoratore giapponese medio, invece di produrre 500 dollari di lavoro manifatturiero di basso livello al mese, come fanno i lavoratori cinesi, contribuisce con 2 mila dollari al mese al Pil a causa della produzione avanzata.

Anche se la Cina è la seconda economia più grande, i cinesi, in media, sono considerevolmente più poveri degli americani. Il cinese medio guadagna solo circa 12 mila euro all’anno, mentre l’americano medio guadagna circa 67 mila euro. In termini di Pil pro capite, la Cina ha un dato molto più alto di un certo numero di Paesi asiatici, ma è molto indietro rispetto a Taiwan, Corea del Sud, Giappone e Singapore. E Xi sembra incapace di colmare quel divario.

La Cina sembra essere presa in quella che viene definita la trappola del reddito medio. In generale, anche i Paesi con alti tassi di crescita si bloccheranno una volta raggiunto il reddito medio. Questo perché la competitività del Paese ristagna, così come i suoi investimenti e l’innovazione. Per quanto i salari siano bassi in Cina, sono molto più alti del salario medio di produzione di 125 euro al mese in India o di 192 al mese in Vietnam. Ciò significa che la Cina non è più competitiva nella produzione di fascia bassa. Allo stesso tempo, alla Cina mancano i capitali, gli investimenti, la tecnologia e il capitale umano per sostituire i posti di lavoro in fabbrica di fascia bassa con un numero simile di posti di lavoro nel settore manifatturiero di fascia alta.

La Cina deve far fronte alla necessità di aumentare la produttività della sua forza lavoro che invecchia, per mantenere la crescita. Ma la crescita della produttività è diminuita di circa il 50 per cento negli ultimi dieci anni. Dato il tasso di declino della dimensione della forza lavoro e l’attuale crescita della produttività della Cina di solo 0,7, il Paese sarà quasi in pareggio. La produttività sta crescendo ad una velocità che è appena sufficiente a compensare il calo delle dimensioni della forza lavoro.

Sotto il controllo di Xi

Gli analisti occidentali credevano che un Paese non potesse arricchirsi senza le libertà fondamentali. Si pensava che la libertà di stampa e di parola fossero necessarie per perseguire la ricerca accademica e per promuovere la creatività e l’innovazione che servono a far crescere l’economia. Poi è arrivata la Cina ed è stata in grado di registrare una crescita a due cifre anno dopo anno nonostante avesse un governo autoritario. Certo, gran parte della crescita è avvenuta dopo il 1978 ed è stata accompagnata da un’apertura della società. Tuttavia, la crescita della Cina sembrava sfidare l’idea occidentale secondo cui la libertà fosse necessaria affinché un Paese diventasse ricco.

Dopo decenni di crescita senza precedenti guidata dalle esportazioni, l’ex leader Hu Jintao ha riconosciuto che la crescita doveva essere più equilibrata. Quando Xi è salito al potere, ha deciso anche di diversificare l’economia e aumentare i consumi in percentuale del Pil. Ma invece di liberalizzare l’economia, Xi ha iniziato a stringere la presa, utilizzando l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie per controllare quasi ogni aspetto della vita delle persone. La sua repressione degli investimenti «disordinati» ha quasi fatto crollare l’economia. In un momento in cui la Cina ha bisogno di innovare per crescere, le misure di controllo di Xi stanno soffocando lo sviluppo e il progresso accademico in Cina, così come la nuova ricerca e innovazione.

Ora, all’inizio del terzo mandato senza precedenti di Xi, l’economia cinese è in condizioni terribili. Il settore immobiliare è in calo del 30 per cento. Il settore tecnologico ha perso oltre mille miliardi di dollari in due anni. I boicottaggi dei mutui stanno diventando più frequenti poiché gli acquirenti di case si rifiutano di pagare per proprietà semifinite e che dovevano essere pronte da molto tempo, con gli imprenditori sull’orlo del default. Le casse di risparmio più piccole e rurali hanno dovuto congelare sempre più i conti per evitare corse agli sportelli. La disoccupazione è in aumento e i cittadini vedono minacciato il loro tenore di vita. Ma risposta di Xi è stata quella di spostare la sua attenzione dall’economia verso la sicurezza.

Secondo il suo discorso di apertura al 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (Pcc), Xi sta ora dando la priorità alla sicurezza rispetto alla crescita economica. Ma poiché la sicurezza non paga dividendi economici, ciò renderà ancora meno probabile la ripresa dell’economia cinese.

Del resto, anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sta dando la priorità alla sicurezza rispetto al commercio con la Cina, e infatti sta lavorando per tagliare l’accesso della Cina ai chip avanzati.

I due leader stanno attaccando l’economia cinese da entrambe le sponde del Pacifico. Pechino ha bisogno dei chip per passare alla produzione di livello superiore e salvare la sua economia. I chip sono anche un requisito per le armi di prossima generazione di cui il Pcc ha bisogno per raggiungere la supremazia militare sugli Stati Uniti. E, naturalmente, la Cina ha bisogno di soldi per finanziare investimenti tecnologici, acquisti di armi e programmi di sviluppo degli armamenti. I divieti sui chip stanno anche inducendo le società americane e di altro tipo a lasciare la Cina, il che sta diminuendo le opportunità di spionaggio industriale del Pcc. Di conseguenza, la Cina non sarà più in grado di innovare attraverso il trasferimento forzato di tecnologia come ha fatto in precedenza.

Andando avanti, è improbabile che la stretta presa di Xi, che sta uccidendo l’oca che ha deposto le uova d’oro, diminuisca. Dopo la pulizia politica che è seguita al Congresso Nazionale, nel Pcc non è rimasto quasi nessuno che possa opporsi a Xi. Ma se Xi non cambia rotta, non raggiungerà i suoi obiettivi di far diventare la Cina una superpotenza economica e militare, o di trasformare Pechino nel leader di un nuovo ordine mondiale guidato dalla Cina che soppianta gli Stati Uniti.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times

Articolo in inglese: Xi’s Control Is Preventing China From Overtaking the US

NEWSLETTER
*Epoch Times Italia*
 
Articoli correlati