Il politicamente corretto, uno strumento di censura e di controllo del pensiero

Nel romanzo 1984, il governo distopico immaginato da George Orwell prevedeva l’utilizzo della ‘neolingua’, una semplificazione dell’inglese creata con l’obiettivo di alterare i pensieri dei cittadini, che venivano resi incapaci di pensare al di fuori degli schemi previsti dal Partito.

Al giorno d’oggi vediamo in gioco lo stesso principio quando si parla di politically correct: le persone censurano i propri stessi pensieri, e le idee dietro le parole vengono alterate secondo le esigenze politiche, il tutto allo scopo di non violare la morale artificiale dello Stato.

Gli effetti del ‘politicamente corretto’ possono essere compresi meglio andandone all’origine, ovvero al 1967, quando Mao Zedong ha creato questo concetto e questa espressione, allo scopo di tenere sotto controllo il dissenso agli inizi della Rivoluzione Culturale. L’idea era semplice: chi sosteneva le politiche del regime era politicamente corretto. Chi vi si opponeva, poteva essere preso di mira e distrutto.

Se si guarda ai dettagli, l’impiego del politically correct da parte del Pcc, e come lo stesso concetto viene inteso in Occidente, presentano differenze; tuttavia, lo scopo alla base è lo stesso. Sotto il regime cinese, viene utilizzato come un sistema morale creato ad arte, che ha lo scopo di proteggere le decisioni del Pcc; mentre negli Stati Uniti e in Europa è utilizzato sempre come un sistema morale creato ad arte, ma per proteggere le idee socialiste.

Per esempio, se si osservano le leggi cinesi sulla censura dei film, esse sono intenzionalmente vaghe, in modo tale che chi produce i film cercherà di censurarsi anche più del dovuto, pur di incontrare l’approvazione delle autorità. Impiegando questo sistema, le persone vengono costrette a tenere sempre in conto cosa il regime potrebbe considerare immorale, di fatto pre-censurandosi.

Variety ha di recente riferito il caso del film cinese Ultima alba, del quale i censori del Pcc hanno affermato che «mostrava troppo dell’oscurità dell’umanità». Per accontentare il regime, allora, i registi sono andati all’estremo. Il direttore, Ren Wen, ha affermato: «Il problema è che non si sono espressi in modo specifico, quindi abbiamo semplicemente dovuto tagliare qualsiasi cosa che abbiamo pensato potessero valutare troppo ‘oscuro’ o violento».
Rendere un film meno oscuro e violento potrebbe essere una cosa buona; tuttavia, nel contesto della ‘correttezza politica’ comunista, lo scopo è tutt’altro che etico.

Come ha spiegato Yuri Bezmenov, dissidente sovietico ed ex propagandista, nel suo libro Lettera d’amore all’America, quando un regime comunista cerca di sovvertire un Paese, esso attacca tutte le fondamenta morali e culturali di quella nazione. Questo processo assume varie forme, ma include per esempio la promozione dell’uso di droghe, di vari movimenti popolari e di ogni genere di vizio.

Eppure, una volta che i comunisti prendono di fatto il potere, arrivano a vietare la presenza di tutti questi fattori destabilizzanti. Bezmenov ha scritto infatti che quando viene formato un regime socialista, esso deve creare stabilità e una «nuova morale».
A quel punto, «niente più movimenti ‘popolari’. Niente più critiche allo Stato. La stampa, obbedientemente, si censurerà da sola».

In altre parole, durante le fasi di distruzione della morale e destabilizzazione della società, la ‘correttezza politica’ viene utilizzata per sostenere il sistema di degrado culturale. Quando però il regime ottiene il pieno potere, utilizza il politicamente corretto per sostenere il proprio dominio.

Nel caso del Pcc, la fase in cui vuole che le persone notino «l’oscurità dell’umanità», è giunta al termine, almeno per quanto riguarda il popolo cinese. Al contrario, il Pcc vuole che il popolo si senta felice con le sue giornate di lavoro da 12 ore, 6 giorni su 7, e con l’ambiente di censura e sorveglianza di massa. I cinesi stanno di fatto vivendo nella realtà distopica immaginata da Orwell, e in più viene loro detto che ne devono essere felici. Il pensiero che sotto un altro sistema politico la vita sarebbe migliore, è considerato un pericolo dallo Stato, e per questo il regime vieta tutto quello che possa generare simili pensieri.

Infatti il Pcc non ha problemi a mostrare il «lato oscuro dell’umanità» se questo fa bene ai propri interessi: per esempio quando racconta in luce negativa i periodi precedenti al comunismo. Tuttavia, quando è successo che il popolo cinese stava cominciando a rimanere affascinato dai 5 mila anni di storia cinese, il Pcc si è deciso a bandire del tutto le raffigurazioni di come fosse la Cina prima del Pcc. L’occasione è stata quella della popolare serie tv ‘Palazzo Yanxi’ che trattava della vita nella Cina imperiale ed è divenuta tra le più viste in Cina: il regime ha interpretato l’interesse del popolo nei confronti della cultura che il Pcc stesso aveva distrutto, come una minaccia al proprio potere. A gennaio, quindi, la stampa di Stato ha dichiarato che questo e altri spettacoli riguardanti la vita imperiale stessero avendo «impatti negativi» e in seguito sono stati banditi.

Il Pcc ha spesso mostrato la storia tradizionale cinese – nella quale erano ritenuti molto importanti i valori della pietà filiale, del decoro e del rispetto verso le divinità – come un qualcosa di oscuro e malvagio. Qualsiasi cosa che mostri questi veri valori e questa vera cultura è vista come una minaccia nei confronti dello Stato.

 

Articolo in inglese: Political Correctness Is a Tool for Socialist Censorship and Thought Control

 
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