Il Pcc persiste nel richiudere gli attivisti (sani) in strutture psichiatriche

È ancora in corso la barbarie del Pcc del rinchiudere gli attivisti indesiderati in prigioni infernali, sotto forma di strutture psichiatriche. Il problema persiste e non c’è alcuna protezione per le vittime, secondo quanto sostiene il rapporto del gruppo per i diritti umani Safeguard Defenders

Il termine ‘Ankang’, che in cinese significa ‘pace e buona salute’, è stato usato per descrivere un sistema in cui la polizia può far internare con la forza le persone in istituti, il più delle volte senza effettuare nemmeno una valutazione psichiatrica iniziale. L’Ankang, nato negli anni ’80 come struttura psichiatrica speciale gestita dalla polizia e operante al di fuori del tradizionale sistema di salute mentale, persiste tuttora, anche se i nomi delle strutture sono cambiati.

Una volta internati in una struttura, è quasi impossibile uscirne. Alcune vittime languono all’interno per anni senza aver mai avuto problemi di salute mentale: un sistema conveniente per le autorità per far sparire una persona indesiderata. All’interno, le vittime non godono nemmeno delle protezioni più elementari, a differenza di quanto accade nelle strutture di detenzione o nelle carceri.

Il nuovo rapporto traccia una mappa di 109 istituzioni utilizzate in 21 province cinesi e ha rilevato che due terzi delle persone rinchiuse dalla polizia non hanno mai ricevuto una valutazione psichiatrica iniziale. La maggior parte delle vittime identificate sono dissidenti o firmatari di petizioni, da sempre spine nel fianco dei governi locali.

I firmatari, spesso provenienti dai comuni o dalle campagne, portano le loro rimostranze a Pechino o nei capoluoghi di provincia per combattere l’ingiustizia ricevuta, spesso legata al fatto che i governi locali rubano le loro terre per ottenere un rapido profitto. Causando imbarazzo alle autorità, gli stessi governi locali impiegano una legione di agenti per sorvegliare le stazioni ferroviarie, mantenere gli uffici e persino gestire le cosiddette carceri nere a Pechino e altrove, dove i firmatari sono incarcerati prima di essere riportati con la forza nelle loro città di origine. Per coloro che non vogliono arrendersi, le strutture di Ankang sono l’ultima risorsa. La detenzione in una struttura psichiatrica lascia poche tracce cartacee e la vittima non ha alcun diritto, a differenza di un arresto o incarcerazione.

Una volta rinchiusa, la vittima ha poche o nessuna possibilità di uscirne, indipendentemente dalla sua salute. I medici all’interno delle strutture sono costretti a collaborare o collaborano volontariamente, ma in ogni caso il risultato è lo stesso.

Il rapporto mostra quanto gravi possano essere le violazioni all’interno delle strutture: dalla somministrazione forzata di farmaci alle percosse, dall’essere legati ai letti per periodi prolungati alla terapia con elettroshock, fino al fatto che alla maggior parte delle vittime vengono negate le visite o i contatti con familiari e amici. Per molti, tutto questo non dura settimane o mesi, ma anni, e non è raro che le persone trascorrano più di dieci anni in queste strutture.

In casi più rari, ma che rappresentano quasi il 10%, i membri della famiglia hanno effettivamente collaborato con la polizia per far internare le vittime contro la loro volontà, nonostante non costituissero un pericolo né per sé né per gli altri.

Dong Yaoqiong ha catturato l’attenzione del mondo dopo aver schizzato dell’inchiostro su un poster di propaganda del leader cinese Xi Jinping. Deng Fuquan è un ex soldato che ha presentato una petizione contro il negato risarcimento per le ferite subite durante il servizio nell’Esercito Popolare di Liberazione. Song Zaimin ha sostenuto pubblicamente il critico del Partito Comunista Cinese (Pcc) Guo Wengui. Li Tiantian, una giovane ragazza, ha sostenuto pubblicamente un professore punito per aver invitato i suoi studenti a mettere in discussione le narrazioni storiche ufficiali stabilite dal Pcc.

Ognuno di loro è rinchiuso in Ankang.

La polizia può apparentemente mettere le persone in carcere psichiatrico nonostante la legge sulla salute mentale chiarisca che nessuno può essere internato senza un’adeguata valutazione psichiatrica iniziale, e le vittime in isolamento, una volta dentro, non hanno modo di appellarsi o combattere questa violazione della legge. Si può supporre quindi, che le vittime perdano anche la voglia di lottare una volta liberati, dopo questo livello di abusi.

L’unica via d’uscita è convincere le autorità al rilascio. Ma a patto che si dia loro tutto ciò che chiedono e forse anche di più. Quindi perché farlo?

Ankang è una reliquia di un passato oscuro e non dovrebbe trovare posto né in Cina né altrove. Il vero nome è ‘inferno’ e non ‘pace e buona salute’.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni di Epoch Times.

Articolo in inglese: China Continues to Lock Up Activists in Psychiatric Facilities

 
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