Il Partito Comunista Cinese è letteralmente il Grinch. Vietato il Natale

Il regime del Grinch sta gradualmente mettendo fuori legge «le festività estere»

Di Anders Corr

Il Partito Comunista Cinese (Pcc) è un partito totalizzante perché richiede l’assoluta obbedienza dei suoi cittadini. Qualsiasi gruppo, organizzazione o filosofia a cui appartengono i cittadini cinesi deve essere coerente con il governo del Pcc. Ciò vale anche per tutte le religioni, incluso il cristianesimo e la sua celebrazione del Natale.

Questo mese il segretario generale del Pcc Xi Jinping ha chiesto la «sinizzazione della religione». In effetti, questo significa la subordinazione dei leader religiosi, inclusi quelli cristiani, ai funzionari del Pcc.

Alla conferenza nazionale sugli affari religiosi, Xi ha affermato che è necessario «sviluppare una teoria religiosa del socialismo con caratteristiche cinesi, lavorare in linea con la politica di base del Partito sugli affari religiosi e sostenere il principio che le religioni in Cina devono essere di orientamento cinese».

Questo non lascia molto spazio al vecchio Babbo Natale.

Secondo l’Independent, «alcuni funzionari cinesi hanno cercato di distogliere l’attenzione dal Natale nel Paese, incoraggiando invece le persone a festeggiare il compleanno di Mao Zedong, l’ex leader e architetto della Cina moderna, nato il 26 dicembre 1893 e morto all’età di 82 anni».

Nel 2019, i funzionari di Linyi, nella provincia dello Shandong, hanno posizionato una torta di compleanno per Mao ai piedi della sua statua in un tempio, il giorno di Natale.

È difficile immaginare quale effetto possa avere «Santo Mao» a Linyi sui milioni di persone che vogliono celebrare il vero Natale. Ma il segnale c’è, forte e chiaro, per i fedeli comunisti: festeggia Mao, non il Natale.

Anche se si può dire che i cristiani se la siano cavata facilmente rispetto agli uiguri, al Falun Gong e ai tibetani, che stanno tutti subendo un genocidio, secondo la definizione delle Nazioni Unite – coloro che cercano ispirazione in Cristo sono sempre più perseguitati in Cina. Le chiese cristiane vengono abbattute, i leader cristiani costretti a prendere ordini da Pechino, e dal 2018 anche la celebrazione del Natale è scoraggiata dalle autorità locali.

Un articolo del 24 dicembre intitolato «La Cina annulla il Natale: perché Babbo Natale non viene in città per i bambini cinesi», di Jane Cai sul South China Morning Post, fornisce le ultime prove di una persecuzione del cristianesimo in corso in Cina.

E ci sono molti cristiani da perseguitare.

Secondo una stima, in Cina vivono ben 84 milioni di protestanti e 21 milioni di cattolici: il 7,5% della popolazione. Tuttavia, a partire dagli anni ’90, i giovani di tutte le religioni, compresi gli atei, celebrano sempre più il Natale. Secondo la Cai, si tratta di una festività divertente e orientata ai giovani per «fare acquisti, uscire per appuntamenti, pattinare e festeggiare».

Ma il regime del Grinch disprezza il Natale. Secondo Ahmed Aboudouh che scrive sull’Indipendent, il Pcc lo chiama «oppio spirituale occidentale» e «Festa della vergogna».

Il Post attribuisce il crescente sentimento anti-natalizio in Cina al «nazionalismo in aumento innescato dalla guerra commerciale sino-americana» iniziata dal presidente Donald Trump nel 2018.

L’Independent aggiunge come cause anche le tensioni militari e la più recente legislazione sui diritti umani, ad esempio la legge statunitense del 23 dicembre che vieta l’importazione di merci dalla regione cinese dello Xinjiang. Il governo degli Stati Uniti ha riconosciuto infatti che i musulmani uiguri, che provengono dallo Xinjiang, stanno soffrendo per il genocidio.

Dal 2018, secondo il Post, «i governi locali dall’Hebei nel nord a Guizhou e Guangxi nel sud, hanno emesso ordini per vietare stravaganti decorazioni festive e raduni su larga scala per celebrare il Natale».

Il Post fa notare che i centri commerciali e i negozi devono tenere sotto controllo le decorazioni natalizie e le promozioni delle vendite: «Scuole e università in tutta la nazione sono state incaricate dalle autorità educative di non celebrare ‘feste occidentali’».

Una scuola elementare a Shanghai, ad esempio, ha una regola contro la celebrazione di qualsiasi festività non cinese, compreso questo periodo natalizio: «È una regola sottolineata più volte dalle autorità educative negli ultimi anni», ha detto un insegnante al Post. «Ci è stato detto che qualsiasi insegnante scoperto in violazione [delle regole, ndr] sarà punito».

Anche i genitori sentono la pressione. Un funzionario di Pechino ha detto al Post che non avrebbe «comprato un albero di Natale per le figlie quest’anno per evitare guai»: «Anche se mi diverto a decorare l’albero con i miei figli, ho deciso che non celebreremo più il Natale per motivi di correttezza politica».

Secondo il Post, anche i film di propaganda cinese scoraggiano la celebrazione del Natale. Un film del 2021 intitolato The Battle at Lake Changjin, il film con il maggior incasso in Cina con 874 milioni di dollari, descrive soldati cinesi coraggiosi e stoici in Corea che combattono contro americani pigri e sadici desiderosi di tornare a casa per Natale.

La morale della favola per le feste: non festeggiatele se sono occidentali, soprattutto se natalizie.

Indignati e ispirati dal film, migliaia di utenti dei social media hanno lanciato una campagna online contro il Natale e tutti i cittadini cinesi che condividevano foto di allegria natalizia.

«Le comunicazioni del Pcc hanno vietato ai membri del Partito, alle agenzie governative e persino alle università di prendere parte a qualsiasi festa, mentre gli slogan che esortano i cittadini a boicottare il Natale sono comuni sulle piattaforme dei social media», scrive l’Independent.

Aboudouh ricorda l’esempio della città di Hengyang, nella provincia dell’Hunan, dove il regime nel 2018 ha vietato qualsiasi vendita di Natale e attività che bloccasse le strade. L’anno prima, il regime aveva messo in guardia i funzionari del Pcc dal celebrare il Natale e raccomandava invece la promozione della cultura cinese.

Secondo la lettera, «i membri del partito devono osservare la fede nel comunismo ed è vietato loro adorare ciecamente l’oppio spirituale occidentale».

Molti genitori cinesi che altrimenti festeggerebbero, rinunciano a malincuore alle vacanze: «Non vedo il legame diretto tra Natale e patriottismo», ha detto il funzionario al Post. «Penso che la maggior parte dei cinesi festeggi la festa solo per divertimento. Ad ogni modo, oggigiorno è facile per le persone essere giudicate politicamente. Per giocare sul sicuro, devo rinunciare al Natale e deludere i miei figli».

In una società in cui Chiesa e Stato sono costituzionalmente separati, è vero che non esiste un legame necessario tra Natale e patriottismo. I cristiani possono essere patrioti, oppure no. Ma questo non si applica in Cina perché il Pcc mira a sostituire la vera religione con la propria ideologia puramente politica che non può resistere a concorrenti se non quelli che si sono sconfitti attraverso la subordinazione alla gerarchia del Pcc.

Come diceva Mao, il potere politico deriva dalla canna di un fucile. Quando quel fucile è puntato verso Babbo Natale, non c’è spazio per la diversità religiosa.

I cittadini cinesi sono gradualmente costretti a scegliere: o il Partito o il loro credo cristiano. Non possono avere entrambi. Se scelgono il Partito, devono rinunciare al Natale per dimostrare una forma purista di subordinazione allo Stato, come chiede Pechino. Se scelgono anche la più sottile delle celebrazioni natalizie, si stanno dirigendo verso la strada non solo dei guai, ma di molto peggio, come già dimostrano le vicende degli uiguri, del Falun Gong e dei tibetani.

Eppure, nonostante tutte le minacce avvertite dai cristiani in Cina, lo spirito natalizio è ancora flebilmente in vita. Secondo l’Independent, «si possono ancora vedere alberi, luci e decorazioni che adornano gli spazi pubblici e i centri commerciali nelle principali città, tra cui Shanghai».

Aiutiamo la Cina a mantenere vivo lo spirito natalizio.

 

Anders Corr, ha conseguito una laurea/master in scienze politiche presso la Yale University (2001) e un dottorato in governance presso la Harvard University (2008). È preside di Corr Analytics Inc., editore del Journal of Political Risk, e ha condotto ricerche approfondite in Nord America, Europa e Asia. È autore di «The Concentration of Power» (in uscita nel 2021) e «No Trespassing» e ha curato «Great Powers, Grand Strategies».

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

 

Articolo in inglese: The Crackdown on Christmas in China

NEWSLETTER
Epoch Times Italia 2021
 
Articoli correlati