Il papa amico dei (comunisti) cinesi

«La religione è l’oppio dei popoli», diceva nell’ottocento il primo ideologo del comunismo. «I comunisti mangiano i bambini» rispondevano i preti italiani negli anni ’50. Ma i tempi cambiano: dopo lo stupore universale per le recenti mosse di avvicinamento del Vaticano verso la dittatura comunista (e atea) cinese, gli organi di propaganda del regime di Pechino prendono le difese di Papa Francesco, e definiscono le critiche come banali rancori dei «cattolici americani».
Nel frattempo, il gigante orientale controllato da quasi settant’anni dal Partito Comunista Cinese, non mostra alcun segno di voler ridurre la persecuzione dei cristiani in Cina. Cattolici inclusi.

DIMISSIONI FORZATE

Recentemente i media hanno riportato che il Vaticano, sotto il comando di Papa Bergoglio, ha costretto alle dimissioni due vescovi cattolici cinesi appartenenti alle chiese indipendenti, e ordinati anni fa dal Vaticano senza l’approvazione del regime cinese. La scorsa settimana, inoltre, il Vaticano ha riconosciuto la legittimità di sette vescovi imposti dal regime e scelti per guidare le chiese ufficiali consentite dal Pcc. In precedenza, queste persone ora riconosciute dal Vaticano, erano state persino scomunicate.

Il potere di nominare i vescovi, noto come ‘investitura’, è considerato centrale, nella dottrina della chiesa cattolica. Il Vaticano, con i papi precedenti, aveva sempre rifiutato le richieste del Partito Comunista Cinese di nominare tutti i vescovi cinesi, meccanismo che permette al regime di controllare i fedeli. E a causa di questo e di altri tipi di attriti, il Vaticano e la Repubblica Popolare Cinese non hanno relazioni diplomatiche dal 1951. Anche altri papi, prima di Bergoglio, avevano cercato di riprendere le relazioni con la Cina, ma nessuno aveva mai accettato che il regime cinese privasse il Vaticano del proprio potere di investitura.

La Commissione statunitense per la libertà di credo e la relazione sulla libertà religiosa internazionale del Dipartimento di Stato americano, identificano regolarmente il regime di Pechino tra i più gravi responsabili di violazioni della libertà religiosa, citando anche i nuovi casi di persecuzione dei cristiani e delle chiese indipendenti.
Di conseguenza, c’è chi ritiene che la mossa di Francesco di rimuovere i vescovi delle chiese indipendenti (e finora sostenute da Roma), e di riconoscere invece quelli nominati dal regime, costituisca un tradimento nei confronti delle tradizioni cattoliche e dei 5-10 milioni di cattolici cinesi. Molti dei quali partecipano alle messe delle ‘chiese in casa’, invece che a quelle delle chiese dell’Associazione Cattolica Patriottica, manovrata dal regime.

E ora, tolto il problema dei vescovi, in pochi mesi il regime cinese potrebbe decidere di raggiungere un accordo completo con il Vaticano. Ma i problemi per il papa non sono finiti: ora deve risolvere il dissenso interno tra i cattolici, e gestire le proteste da parte del pubblico in generale.

IL CARDINALE ZEN

La personificazione dell’opposizione all’accordo Vaticano-Cina è Joseph Zen, rispettato ex cardinale di Hong Kong che ha lasciato la carica nel 2009, diventando uno dei massimi sostenitori della democrazia a Hong Kong, e un critico senza peli sulla lingua della dittatura cinese: «Sono quindi io il principale ostacolo nel processo per raggiungere un accordo tra Vaticano e Cina? – ha scritto Zen in una lettera aperta ai media – se è un cattivo accordo, sono molto più che felice di essere quello che lo ostacola».

Il 12 gennaio, l’83enne cardinale in pensione ha fatto visita a Roma e ha incontrato Papa Francesco, al quale ha chiesto di non cedere al regime cinese, e gli ha consegnato una lettera, scritta da uno dei vescovi costretti alle dimissioni.
Le testimonianze sulla reazione di Bergoglio all’incontro sono discordanti: secondo Zen, il papa avrebbe espresso sorpresa nel sentire la notizia della sostituzione dei vescovi, e avrebbe affermato di aver chiesto ai funzionari del Vaticano di non fare dei cattolici cinesi nuovi martiri. Tuttavia, in un comunicato stampa del 30 gennaio, il Vaticano dichiarava che il Papa è «in costante contatto con i Suoi collaboratori, in particolare della Segreteria di Stato, sulle questioni cinesi».
Anche se il comunicato non nomina direttamente Zen, afferma però che, all’interno della Chiesa, chi mette in dubbio l’identità di vedute tra Bergoglio e i suoi collaboratori, non fa che alimentare «confusione e polemiche».

Il cardinale Joseph Zen, ex cardinale di Hong Kong, parla con l’Associazione dei Giornalisti di Hong Kong il 14 dicembre 2010, ad Hong Kong. Nei recenti anni, Zen è emerso come un grande sostenitore della democrazia e un forte critico del regime cinese (Foto: Daniel Sorabji/AFP/Getty Images)

In risposta, il cardinale Zen ha scritto sul suo blog che il comunicato stampa del Vaticano implica che, o i funzionari del Vaticano abbiano mentito al papa e al pubblico, o che il Papa abbia mentito a lui, e quindi conoscesse e approvasse fin dal principio il piano dei funzionari del Vaticano nei confronti del regime cinese: «Se penso che il Vaticano stia svendendo la Chiesa Cattolica in Cina? – chiede Zen – Sì: se vanno nella direzione che sembra tracciarsi, in base a quello che stanno facendo negli anni e mesi recenti, allora lo penso certamente».

Parole pesanti. Ma è innegabile che da quando Bergoglio è stato eletto papa nel 2013, il Vaticano abbia inviato diversi messaggi d’amicizia al regime cinese, a cominciare dal volo papale in Cina nel 2014. Senza contare il caso dell’arcivescovo Savio Hon Tai-Fai, funzionario di lunga data del Vaticano e noto oppositore del regime cinese, rimosso da una posizione chiave nella Chiesa, sempre da Bergoglio.
A livello di idee, Hon è schierato con Joseph Zen. Ed è anche lui di Hong Kong: l’unica diocesi sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese che goda di un minimo di libertà religiosa.

In un’intervista video con la rete cattolica Ewtn, il cardinale Zen ha affermato che è possibile che papa Bergoglio, in quanto argentino, tenda a nutrire della «compassione» per i latino-americani comunisti. Tuttavia, secondo il cardinale questo ‘occhio di riguardo’ del papa sarebbe del tutto fuori luogo, nei confronti del Partito Comunista Cinese.
Per Joseph Zen, Francesco ha in ogni caso dato mostra di un «ottimismo» fuori luogo, nel trattare con il regime cinese. Cosa che il cardinale valuta sorprendente, dato che vari consiglieri di Bergoglio, come il segretario di Stato Pietro Parolin, hanno alle spalle anni di esperienza di negoziati col regime di Pechino, e devono aver sicuramente capito quanto non ci si possa fidare della dittatura cinese.

GLI ORGANI DI REGIME COMUNISTA DALLA PARTE DI BERGOGLIO

In molti hanno parlato di «tradimento» nei confronti dei cattolici cinesi perseguitati, quando si è sparsa la notizia della resa del Vaticano al regime cinese. Ma la mossa di Bergoglio ha un sostenitore: l’apparato della propaganda del regime cinese.

In un recente articolo, infatti, il quotidiano cinese in lingua inglese Global Times scriveva: «Pechino e il Vaticano stabiliranno delle relazioni diplomatiche, presto o tardi […] Papa Francesco gode di buona fama tra il pubblico cinese». Il Global Times è legato alla testata di regime per eccellenza: il Quotidiano del Popolo. Ma anche se, formalmente, non parla ufficialmente per conto del regime, di fatto è considerato un tabloid della propaganda del Pcc.
Il Global Times spiega anche che sarebbero principalmente i «cattolici americani», a muovere una guerra intestina nella Chiesa contro Papa Francesco. Il tabloid di regime cita a supporto di questa tesi anche tale Massimo Faggioli (docente di teologia dell’Università di Villanova), secondo cui le «critiche dagli Usa» contro Papa Francesco, non riguarderebbero direttamente la Cina, ma sarebbero «uno strumento dell’opposizione teologica al resto del pontificato di Francesco».

Tuttavia, non risultano elementi a favore della teoria per cui le critiche al Papa, in relazione alla Cina, siano motivate da altre – non meglio definite – questioni interne al cattolicesimo. E, d’altra parte, le voci più forti contro l’accordo, arrivano proprio dai cattolici cinesi, come Joseph Zen, e da molti esperti di Cina, che denunciano i gravi abusi (per non dire crimini) del regime comunista cinese contro la libertà religiosa e i diritti umani.

Ed è anche vero che non è la prima volta che Bergoglio viene accusato di chinare il capo, di fronte ai regimi autoritari e anti-occidentali, a spese dei cristiani stessi. La sua visita a Cuba nel 2015, per esempio, è stata criticata per aver ignorato i dissidenti democratici, tuttora perseguitati dal regime e che Francesco non ha voluto incontrare. A differenza del socialista comunista Fidel Castro.

 

Per approfondire: 

In Cina cresce la persecuzione contro i cristiani

La guerra del Pcc contro il cristianesimo

Ucciso in carcere per una Bibbia. Storia di un ex gangster cinese convertito

Giubileo made in China, offre il partito comunista

 

Articolo in inglese: As Pope Francis Capitulates to Chinese Regime, Its State Media Defends the Pope and Attacks American Catholics

Traduzione di Vincenzo Cassano e Emiliano Serra

 
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