Il mondo prima degli internet café

Molti anni fa, anche nelle caffetterie americane, prima che venissero soppiantate da Starbucks, si sentiva spesso chiedere: «Hai letto?». Facendo un salto indietro nel tempo, a quando i bar a conduzione famigliare erano ancora diffusi, ritrovarsi nei caffè universitari era non solo permesso ma promosso e i clienti erano considerati quasi come membri di una famiglia allargata del proprietario.
Al tempo capitava che quotidiani e giornali vari venissero lasciati in omaggio su qualche angolo libero dei tavolini da qualche abbonato che li aveva già letti; e se per caso si stava a quel tavolo, o a quello vicino, era possibile sentire qualcuno formulare quella domanda. Poteva essere la scusa per iniziare un garbato scambio di opinioni, in cui lo spirito delle parole, sia dette che scritte, viveva ancora.

Era un’altra epoca. Altri tempi, in cui la rivoluzione digitale era ancora agli albori: il modem in chiamata emetteva il tipico suono statico e il ritardo di connessione era considerato parte di un processo, che veniva accettato con pazienza. A quel tempo, ‘C’è posta per te!’ non era ancora una commedia romantica, ma un singolo avvertimento ben udibile che era arrivata una lettera. Allora, il monitor era ancora uno scatolone non ancora uno schermo piatto, e desktop voleva ancora dire solo ‘ripiano della scrivania’ in inglese.

Era un’epoca in cui, quando arrivava una telefonata suonava un vero campanello, e se nessuno rispondeva era perché non c’era veramente nessuno. Un’epoca in cui, le parole venivano lette su fogli di carta, appoggiandosi indietro sullo schienale, piuttosto che piegandosi in avanti verso il monitor, e un motto, un occhiolino, un sorriso o un cenno del capo non erano emoticon, icone stilizzate, ma gesti reali, sentiti veramente e senza filtri.

Ma se premiamo il tasto per l’avanzamento veloce e torniamo al presente, nel mondo di oggi molto di tutto questo è sparito. Infatti, anche se si usano ancora le parole, le connessioni, le telefonate, o mezzi di comunicazione tecnologicamente più evoluti, il modo di leggerli e di usarli è cambiato drasticamente.
I tempi di connessione si sono ridotti a nanosecondi. Le persone si spostano freneticamente alla velocità della luce – giorno e notte – da un dispositivo all’altro: dal computer fisso al portatile, da un’app a un’email, da un sms a un messaggio whatsapp. Il tutto senza chiedersi se stiano usando la tecnologia o se invece ne siano ormai schiavi.

I dispositivi, gli schermi e i computer sono diventati più piccoli e più veloci. I computer fissi si sono ridotti a portatili e, da quando gli enormi telefoni cellulari si sono ristretti in smartphone che scivolano facilmente in tasca o nelle borse, la gente li porta sempre con sé.

Ma, forse bisognerebbe chiedersi se i dispositivi tecnologici, oltre a essersi ristretti, ad aver ridotto tempi di connessione e distanze tra gli interlocutori, abbiano anche reso meno umani i loro utenti: la loro totale disconnessione dal mondo che li circonda, insieme ai loro movimenti contratti e pseudo-robotici manifestati pigiando sugli pseudo tasti dei loro dispositivi, sono sicuramente atteggiamenti che hanno poco di umano. Mentre, in un’era più ‘tradizionale’ – totalmente diversa da quella digitale odierna – veniva dedicato più tempo alle proprie cose, e si interagiva direttamente sia con il mondo fisico che con il prossimo.

Ora, invece di essere drastici cestinando tutto quello che c’è di nuovo, bisognerebbe trovare il giusto equilibrio tra questi due mondi e modi di vivere tanto diversi. Ma ci sono dei paletti da mettere per trovare una soluzione bilanciata.
I limiti, però, non possono essere creati dai leader tecnologici che sviluppano o producono tecnologia o applicazioni. Né ci si dovrebbe aspettare che loro o chiunque altro li crei: basterebbe decidersi a usare la tecnologia invece che essere usati da essa, e i limiti si materializzerebbero automaticamente.

Alla fine dell’anno, tra i soliti buoni propositi di Capodanno scritti da amici e parenti c’erano: perdere peso, bere meno, smettere di fumare, ma un certo numero di messaggi e post erano menzionati espressamente con «stacca la spina!».
Senza essere estremi, è il momento di fare una pausa: forse è proprio ora di staccare la spina, di prendere un caffè e di leggere un giornale.

A proposito: Avete letto?

 

Articolo in inglese: Time to Set Some Boundaries in This Digital World

Traduzione di Massimo Marcon

 
Articoli correlati