Giubileo made in China, offre il partito comunista

La Porta Santa si apre anche in Cina, dove in varie diocesi è stato celebrato il Giubileo Straordinario della Misericordia. Agli occhi degli spettatori, la celebrazione potrebbe essere sembrata normale, simile a molte altre nel mondo. Ma sotto la superficie qualcosa non andava.

Tra le meraviglie della Grande Muraglia, della Città Proibita, del Tempio Shaolin, dei templi taoisti e buddisti, e dei riti cattolici e cristiani, la Cina sembrerebbe un paradiso di varietà religiose e culturali che convivono in armonia. Ma questo è purtroppo solo un illusorio miraggio: da quando il Partito Comunista è salito al potere, ha cercato prima di eliminare, e poi di controllare le religioni. E il cattolicesimo non fa eccezione: i vescovi e i sacerdoti, gli stessi che celebrano in questi giorni il Giubileo, sono stati nominati prima di tutto dal Partito Comunista, che – da sempre – ha l’assoluto ateismo come tratto distintivo fondamentale.

In Cina, la Scuola del Signore dei Cieli, questo è il nome cinese del Cattolicesimo, è ufficialmente supervisionata dall’Associazione patriottica cattolica cinese, un’associazione legata al Partito Comunista. Qualsiasi movimento, in Cina, è controllato dal Partito, per impedire le temutissime ‘influenze straniere’ e ‘forze ostili’ che vorrebbero ‘minare la Cina’, come recita una comune espressione di propaganda comune a vari regimi comunisti.

L’ordinazione dei sacerdoti e dei vescovi è dunque condotta da un’associazione legata al Partito Comunista e può, eventualmente, essere confermata dal Papa. Ma se il Papa nomina dei vescovi, questi, privi dell’autorizzazione del Partito, non potranno essere parte della Chiesa ufficiale e legale cinese, e rientreranno nel movimento clandestino, i cosiddetti ‘cristiani indipendenti’. Gli indipendenti, o clandestini, si riuniscono nelle case per tenere messa e pregare e, se scoperti, possono subire gravi conseguenze, tra cui il carcere. E nelle prigioni cinesi la tortura è una pratica frequente.

Molti sacerdoti nominati dallo Stato, chiedono poi di nascosto la benedizione papale, di fatto risolvendo una parte del problema. Rimane però il fatto che tutte le nomine, e anche le celebrazioni, sono controllate dall’Associazione patriottica, che ovviamente esercita un possibile potere censorio nei confronti dei contenuti delle omelie. Da qui la domanda: il Cattolicesimo ufficiale, in Cina, è vero Cattolicesimo?

In realtà la stessa domanda si pone per altre religioni. Durante la Rivoluzione Culturale – movimento comunista che ha avuto lo scopo di distruggere le tradizioni, le religioni, le usanze e l’etichetta dei cinesi, per instaurare una società di cultura puramente comunista – i monaci buddisti vennero cacciati dai templi, salvo poi ritornarci in un periodo successivo, ovviamente sotto stretto controllo dello Stato. Il regime si era reso conto che la gente ha bisogno di religione, e che la cultura – anche solo superficiale – produce entrate, tramite il turismo.

È così per esempio che i monaci shaolin, cacciati dai templi, sono stati fatti tornare in seguito, con il senso di renderli una sorta di attrazione turistica, tra telecamere e fotografie. Nonostante non sia stata distrutta al 100 per cento la bellezza spirituale di certi luoghi – e anche di certe persone – è innegabile che l’annacquamento che le religioni hanno subito per via del controllo e della censura statale le ha rese sostanzialmente finte. E chi pratica veramente la religione e ne segue gli insegnamenti spesso rischia seri problemi, perché la sua coscienza gli impedirà di giurare di combattere per tutta la vita per la bandiera rosso sangue del Partito (un giuramento che i membri del Partito e delle organizzazioni affiliate al Partito devono obbligatoriamente fare).

È il caso, appunto, dei cristiani indipendenti e dei monaci tibetani fedeli al Dalai Lama. Ed è il caso, ancora più impressionante della Falun Dafa (letteralmente ‘Grande Via della Ruota della Legge’), movimento spirituale che si era svincolato dalle organizzazioni di controllo del Partito. La ‘Società di Ricerca Scientifica sul Qigong’, che controlla questo tipo di pratiche, voleva infatti imporre alla Falun Dafa di trarre profitto dall’insegnamento (profitto di cui la Società avrebbe ovviamente preteso la propria percentuale), cosa che il fondatore della pratica Li Hongzhi ha rifiutato di fare.

Quello della Falun Dafa è l’unico caso di religione o pratica spirituale di ampio seguito, in cui non si è avuto un parallelismo tra religione ufficiale e religione indipendente. Praticata da 70-100 milioni di persone nel 1999 (secondo un sondaggio statale) la disciplina, basata sui principi di ‘verità, compassione, tolleranza’, si era diffusa a macchia d’olio e senza avere mire politiche, anzi evitandole per principio.
La sua grande diffusione e il primo attrito con la Società di Ricerca, assieme alla ‘particolare’ personalità dell’allora leader del Pcc Jiang Zemin, hanno scatenato una delle persecuzioni su più ampia scala della Storia, che dura ancora oggi.

Preferendo la coerenza verso i propri principi allo svuotamento voluto dal Partito, il Falun Gong non solo non è scomparso a seguito della persecuzione – va sottolineato che il Partito nel 1999 ha dichiarato espressamente l’obiettivo di voler eliminare la pratica in pochi mesi – ma ha continuato a diffondersi, soprattutto all’estero ma anche in Cina. Tanto che in alcune regioni, i funzionari in carica si rifiutano di portare avanti la persecuzione, secondo i resoconti del sito web Minghui, che documenta la repressione. E molti dei principali responsabili della persecuzione sono caduti nella campagna anti corruzione dell’attuale leader Xi Jinping.

Nella storia recente, la Cina si è chinata non a chi ha cercato di venirle incontro o di adularla, ma a chi l’ha affrontata fermamente. Forse il Papa – che mesi fa ha rifiutato di incontrare il Dalai Lama, probabilmente per non creare tensioni con Pechino – dovrebbe riflettere su questo.

 
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