Il culto di Mao, 1966 vs 2020

Parte 3: Una religione totalizzante

Questa è la terza parte di una serie che analizza le similitudini tra la Rivoluzione Culturale Cinese e gli Stati Uniti di oggi. (vedi parte 1 e parte 2.)

Fin dal 1960, sotto il comando del ministro della difesa Lin Biao, ai soldati venivano fatte leggere e imparare raccolte di pensieri di Mao. Queste divennero poi la base per il ‘Libretto Rosso’ con la prefazione di Lin Biao (titolo completo Citazioni del presidente Mao Zedong). Nel 1966 tutti in Cina erano obbligati ad acquistare il Libretto Rosso. E sebbene fosse stata eliminata la stampa di tutte le opere non politiche, le tipografie di Stato esaurirono la carta.

Mao considerò il ‘Libretto Rosso’ al pari della Bibbia e delle opere di Confucio. In quanto a vendite aveva ragione: i diritti editoriali fecero di Mao il primo miliardario della Repubblica Popolare Cinese. 

L’unico modo sicuro di vestire era una semplice uniforme unisex paramilitare, berretto militare con stella rossa e un distintivo di Mao sul petto. Furono prodotti circa 5 miliardi di distintivi impiegando così tanto alluminio che alcune altre industrie furono costrette alla paralisi. 

Stando al ben conosciuto elenco di ‘regole per tutti’ della Guardia Rossa: 

  • Ogni strada doveva riportare ben visibile una citazione del Presidente Mao, ad ogni incrocio e in tutti i parchi gli altoparlanti dovevano trasmettere le sue massime.
  • Ogni casa, così come ogni treno, autobus, bicicletta e risciò, doveva portare un’immagine di Mao sulla fiancata. Su treni e autobus, i bigliettai dovevano declamare i pensieri di Mao.
  • Ogni negozio di libri doveva avere il Libretto Rosso di Mao e ogni mano in Cina doveva impugnarne una copia. 
  • Nessuno poteva indossare blue jeans, pantaloni attillati, ‘abiti femminili stravaganti’ o avere ‘acconciature alla moda’. Non si potevano usare creme di bellezza o profumi. 
  • Non si potevano tenere in casa pesci, cani e gatti, né allevare grilli da combattimento. 
  • I negozi di libri non potevano vendere opere classiche.
  • Tutte le persone identificate dalla popolazione come proprietari terrieri, canaglie, capitalisti e ‘di destra’ dovevano indossare una targhetta di legno che li identificasse. Agli ospedali era fatto divieto di somministrare loro alcun ‘trattamento complesso’.

«Mantieni stupida la gente», così Mao descriveva la sua politica nel 1962 (e così riferisce nel 1999 un numero della rivista mensile del Centro di Ricerche Storiche del Partito Centrale). Mao aveva eclissato il culto della personalità di Stalin e Hitler: nemmeno loro avevano bandito la letteratura classica apolitica dalla cultura del loro Paese. 

Sotto Hitler o Stalin, non era proibito giocare a scacchi con un amico a casa ascoltando musica classica e chiacchierando di argomenti non politici. Ma al culmine della Rivoluzione Culturale giocare a scacchi, a carte e a Mahjong era proibito. E non era consentito ascoltare altra musica che non le canzoni del Pcc.

Le più apprezzate tra queste canzoni non erano quelle che parlavano di Cina o comunismo, ma di Mao. Per esempio, fin dagli ultimi anni ’50, Mao stava cercando di rimpiazzare ‘La marcia dei volontari’, l’inno nazionale della Repubblica Popolare Cinese, con una sua canzone. A Mao piaceva L’Oriente è rosso:

«Dalla Cina arriva Mao Zedong.

Si batte per la felicità della gente,

Hurrah, è il grande salvatore del popolo!

Il presidente Mao ama la gente,

È la nostra guida per costruire una nuova Cina.

Hurrah, portaci avanti!»

Durante la Rivoluzione Culturale, Mao avrebbe appagato il suo desiderio: L’Oriente è rosso prese il posto dell’inno nazionale. L’autore del precedente inno nazionale, invece, morì nelle prigioni di Mao. 

Per anni, la Campagna di Istruzione Socialista si accertò che ognuno cantasse canzoni lealiste. Nel 1966 fu composto un motivetto per studenti che ben presto avrebbe dilagato: «Il padre mi è caro, la madre mi è cara, ma non quanto il presidente Mao».

Nella Germania nazionalsocialista saluti abituali come ‘Buongiorno’ o ‘Ciao’ dovevano essere sostituiti da un reciproco ‘Heil Hitler’. Lo stesso avvenne in Cina con il ‘Lunga vita al presidente Mao’ (letteralmente ‘Diecimila anni di Mao presidente’).

Prodotti di consumo col nome di ‘ Fata’ o ‘Pagoda d’Oro’ furono vietati; fu consentita la vendita di parte dell’inventario esistente purché riportasse un’apposita avvertenza, ma la gente aveva paura di acquistare tali prodotti. Per stare tranquilli i negozi sostituirono l’insegna con nomi tutti uguali come ‘Guardie Rosse’ o ‘Bandiera Rossa’. Alla fine, citazioni di Mao furono stampate praticamente su ogni oggetto. 

Il Paese era enormemente cambiato in soli pochi mesi.

Le folle inferocite possono fare molto se tutti hanno paura di reagire. 

Una nuova religione

Con la benedizione di Mao, l’Epl instaurò in Cina una nuova religione. Gli ufficiali dell’Epl classificavano chiunque non partecipasse ai riti di Mao come ‘attivista controrivoluzionario’. A partire dalla fine del 1967, gran parte del tempo non lavorativo era occupato da riunioni serali obbligatorie in cui la gente doveva discutere del proprio comportamento alla luce del pensiero di Mao Zedong. In seguito, nel 1968-69 arrivò la campagna delle ‘Tre Fedeltà’ e delle ‘Quattro Devozioni Incondizionate’

Le ‘Tre Fedeltà’ erano fedeltà al presidente Mao, fedeltà al pensiero di Mao Zedong, fedeltà all’idea rivoluzionaria di Mao. Le ‘Quattro Devozioni Incondizionate’ erano: amore incondizionato, fede incondizionata, adorazione incondizionata, fedeltà incondizionata. Queste erano integrate dai Quattro Grandi: Mao gran maestro, gran leader, gran comandante, gran timoniere. 

Statue di Mao e templi furono eretti ovunque. Busti o ritratti di Mao erano articoli religiosi obbligatori a casa. Sebbene ci fosse da ricavare un buon guadagno, i pittori spesso declinavano la richiesta di realizzare un ritratto di Mao perché l’artista sarebbe stato vagliato e condannato al minimo, involontario segnale di scarsa venerazione.  

Al risveglio mattutino ognuno in casa doveva ’chiedere istruzioni’ rivolgersi al tabernacolo di Mao. La giornata terminava con la ‘relazione serale’. Mao sostituì il dio del focolare nella cultura popolare cinese. In altri casi Mao era ritratto come il dio sole.

La vita era costruita attorno a Mao e ai suoi pensieri. Prima di ogni pasto la gente doveva rendere grazie: ‘Lunga vita al presidente Mao e al Partito Comunista Cinese’. Quando un contadino entrava in negozio l’addetto avrebbe dovuto dire «tieni salda la presa sul raccolto di grano e cotone» e il contadino avrebbe risposto «lotto per raccolti ancor più grandi». Se il cliente era uno studente, l’impiegato avrebbe detto: «leggi i libri di Mao» e lo studente avrebbe risposto «ascolta le parole del presidente Mao».

«Nel periodo che va dal marzo 1968 all’aprile 1969, le citazioni del leader arrivarono a rimpiazzare anche i momenti di conversazione più triviali» riporta Daniel Leese ne ‘Il Culto di Mao’. In un altro resoconto del periodo, ‘Bitter Revolution’, Rana Mitter scrive: «La Rivoluzione Culturale è probabilmente il periodo nel ventesimo secolo in cui si realizza la maggior divaricazione tra linguaggio e significato […] Se non intendi dire quello che dici, perché ciò che dici non significa nulla al di là del presente immediato, allora è impossibile infondere nel linguaggio qualunque sistema di valori […] Ciò porta alla sostanziale nullità morale della Rivoluzione Culturale, nel suo periodo più maniacale».

Come scrisse George Orwell ne I principi della Neolingua, un’appendice a 1984, «L’intenzione era di rendere le conversazioni per quanto possibili sganciate dalla consapevolezza, soprattutto quelle su temi ideologicamente non neutrali».

La vita maoista coinvolgeva il corpo così come la mente. Al posto degli sport ‘revisionisti’ vi era una nuova serie di esercizi di ‘ginnastica citazionista’, esercizi di gruppo in cui i partecipanti gridavano citazioni di Mao in sincronia con i movimenti. Per esempio nel terzo gruppo di esercizi il caposquadra avrebbe gridato «il potere politico nasce nella canna del fucile». E i ginnasti avrebbero fatto nove movimenti di assalto e affondo con baionette immaginarie.

Ancora più frequenti erano le ‘danze lealiste’ nelle quali gruppi o individui allargavano le braccia per simboleggiare il loro ‘amore sconfinato’ per Mao, a volte venerandolo come il sole. La gente iniziò a riferire di miracoli come la guarigione dei malati, attribuendoli a Mao.

Furono eretti templi comunisti che si ispiravano agli esempi preesistenti di antichi templi. Non era possibile usare la parola mai (comprare) quando riferita all’acquisto di manufatti di Mao; al suo posto si doveva usare il verbo di cortesia ging, utilizzato per l’acquisto di articoli religiosi. 

La religione di Mao iniziò ad affievolirsi nel 1969 allorché il comitato di Pechino a capo della Rivoluzione Culturale capì che le persone che detestavano in segreto Mao partecipavano ai pubblici rituali per evitare sospetti. In effetti i credenti religiosi più sinceri erano attivisti di base e quindi troppo fuori dal controllo diretto di Pechino.

Ciò nonostante il culto continuò per anni. Ad esempio, nel giugno 1970, un contadino della provincia dello Shaanxi fu giustiziato per non avere un ritratto di Mao nella sua capanna e per aver detto che Mao non sarebbe letteralmente vissuto per 10 mila anni. Oggi il regime di Xi Jinping sta rivitalizzando il culto di Mao, sebbene senza le prerogative più estreme degli ultimi anni ’60.

La Rivoluzione Culturale del 2020

La rivoluzione culturale attualmente in corso in gran parte dell’Occidente non ha ancora raggiunto le assurdità della religione di Mao tra il 1967 e il 1969. Eppure il cosiddetto ‘Risveglio’ (‘Wokeness’) ha le caratteristiche di una religione tesa all’eliminazione degli eretici, come osservato da Joseph Bottum, Jamil Jivani e Michael Vlahos. Nessuna meraviglia quindi che gli adepti di questa nuova religione brucino, vandalizzino e profanino chiese e sinagoghe

Come in Cina del 1966, in America nel 2020 alle violente proteste di estrema sinistra sono state consentiti disordini, assalti,  devastazioni e saccheggi come descritto da David Bernstein in “The Right to Armed Self-Defense in the Light of Law Enforcement Abdication”. L’attuale violenza di estrema sinistra è per lo più al di sopra della legge, ivi comprese le norme anti-pandemiche contro gli assembramenti di massa.

Come in Cina, le proteste non sono indirizzate solo agli eretici. Chiunque può essere attaccato senza nessuna ragione: l’ideale per terrorizzare e sottomettere la popolazione. Così, proteste che pretendono di occuparsi di giustizia razziale devastano ‘apoliticamente’ piccole attività possedute dai neri; attività che cercano di ammansire i dimostranti, esponendo messaggi di sostegno politico, non ricevono nessuna pietà

È facile perdere il sostentamento di una vita senza motivo, come il camionista ispanico licenziato per aver schioccato le dita, cosa che una contestazione su Twitter ha letto come simbolo di supremazia bianca. O per aver indirettamente avanzato dubbi sulle proteste; l’impiegato di una società di statistiche è stato licenziato per aver re-twittato uno studio che mostrava come le proteste pacifiche sono più efficaci dei disordini nel raggiungere obiettivi politici (ambedue questi episodi sono documentati nel saggio di Yascha Mounk Stop Firing the Innocent per The Atlantic). Quelli che osano criticare la Fondazione Mondiale Black Lives Matter – o che non la elogiano a sufficienza — possono rapidamente trovarsi senza lavoro e impossibilitati a trovarlo.

Corsi scolastici e biblioteche sono stati ‘decolonizzati’ attraverso l’eliminazione di classici come Roll of Thunder, Hear My Cry, di Mildred Taylor, la storia di una donna di colore e della sua famiglia in Mississippi. 

La rivoluzione culturale di oggi, come quella di Mao, viene dall’alto verso il basso, guidata dagli studenti liceali e universitari più privilegiati. Essi sono riusciti a trasformarsi in un’orda ipocrita contro le classi inferiori ‘non risvegliate’. 

Come nel 1966, gli iconoclasti di oggi deturpano e distruggono tutte le statue con lo stesso zelo: abolizionisti, animali, pompieri dell’11 settembre, indiani, soldati unionisti della Guerra Civile, Ulisse Grant e Abramo Lincoln ricevono tutti lo stesso trattamento da Confederati. Sebbene i devastatori non abbiano mai sentito parlare dell’esortazione di Lin Biao a ‘Distruggere i quattro vecchi’, essi indirettamente comprendono che costruire il sognato nuovo ordine ‘anti-capitalistico’, richiede l’eliminazione dalla memoria di tutto ciò che è avvenuto prima: vecchie idee, vecchie culture, vecchi costumi e vecchie usanze.

Una differenza importante tra la Cina del 1966 e l’Occidente di oggi è che le proteste violente e i loro più sedentari alleati non controllano ancora tutti i mezzi di comunicazione, sebbene lo spazio per il dissenso si sia considerevolmente ridotto rispetto solo a qualche anno fa. Diversamente dalla Cina non abbiamo una formale campagna di istruzione socialista per ogni classe scolastica, ma abbiamo qualcosa di simile in un numero crescente di istituzioni scolastiche, dalle materne fino alle università. 

E almeno negli Stati Uniti, in molti hanno gli strumenti pratici per resistere alle manifestazioni violente; l’articolo del professor Bernstein ne raccoglie numerosi esempi. Ma l’esercizio legittimo dell’autodifesa può comunque portare ad incriminazioni penali da parte di procuratori allineati con l’estrema sinistra. 

La Rivoluzione Culturale Cinese si avviò verso la conclusione nel 1976 alla morte di Mao, quando gli autocrati più pragmatici misero in atto un complotto per destituire gli autocrati più idealisti. I popoli del mondo anglosassone dovranno attendere altrettanto o più a lungo il momento della riscossa? Oppure le centinaia di milioni di persone che non sostengono la sinistra radicale massimalista si emanciperanno dalla loro sudditanza psicologica? Saranno in grado di porre fine al regno del terrore dei Maoisti di oggi?

 

Questo saggio è adattato da: “The Party Commands the Gun: Mao Zedong’s Arms Policies and Mass Killing,” di David B. Kopel pagine 423–521 del capitolo 14 online di “Firearms Law and the Second Amendment: Regulation, Rights, and Policy” di Nicholas J. Johnson, David B. Kopel, George A. Mocsary e E. Gregory Wallace. Riferimenti integrali alla vicenda Cinese possono essere ivi ritrovati.

Le posizioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente le vedute di Epoch Times.

Traduzione di Gaetano D’Aloia

 

Articolo in inglese: The Cult of Mao 1966 v. 2020

 
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