Il conflitto Usa-Cina visto da uno stratega militare

Il colonnello in pensione John Mills, ex direttore della politica di sicurezza informatica, della strategia e degli affari internazionali presso il Dipartimento della Difesa statunitense, offre una prospettiva strategica sull'attuale situazione geopolitica mondiale

Di John Mills

Per inquadrare correttamente il caos attuale nel grande schema delle cose, si può dire che il conflitto tra gli Stati Uniti e il Partito Comunista Cinese (Pcc) sia attualmente in una fase di modellamento.

E questa fase comprende un bel po’ di guerra asimmetrica, con il Pcc che sta mettendo pressione al mondo libero per cercare di sfruttarne le vulnerabilità.

Che si tratti dell’occultamento dell’epidemia di coronavirus, poi trasformatasi in pandemia globale, di spingere per il collasso dell’economia e della società statunitense, di sfruttare spudoratamente la Nuova Via della Seta (Belt and Road) per guadagnare influenza geopolitica, o di accrescere la propria forza militare, il Pcc sta freneticamente aumentando il ritmo e iniziando a improvvisare, poiché non ha un piano strategico che vada molto al di là della sopravvivenza del regime.

Nelle attuali circostanze, il Pcc e tutti gli altri governi hanno dei ‘buchi’, ovvero delle cose, zone o questioni che devono influenzare, pur non avendo risorse sufficienti per farlo completamente. Si tratta di vulnerabilità che richiedono attenzione, nonostante le limitate capacità e risorse. La strategia è sempre la stessa: esporre i ‘buchi’ dell’avversario e proteggere i propri.

Hong Kong non è completamente persa

Questa tragica situazione sotto gli occhi di tutti è orribile, sgradevole e storica. Da una prospettiva militare in effetti, è sempre stato difficile difendere la penisola di Hong Kong dalla Cina continentale.

Da quando nel 2014 è iniziata la rivoluzione degli ombrelli, il Pcc si è infiltrato nella polizia e nel Consiglio legislativo di Hong Kong e può rapidamente trasferire ogni genere di risorse dallo Shenzhen Stadium (una struttura usata dall’Esercito popolare di liberazione per le operazioni a Hong Kong) e probabilmente anche inviarvi i prigionieri. La struttura si trova a soli 20 minuti dalle due principali frontiere con Hong Kong.

Queste rotte permettono spostamenti molto rapidi tra Hong Kong e la Cina continentale, mentre il Pcc cerca di stabilire la sua cortina di ferro.

Questa rapida linea di comunicazione ha incoraggiato il Pcc ad esercitare un trattamento brutale nei confronti dei cittadini di Hong Kong e sembra aver dato al Dragone un vantaggio tattico, ma chi avrà davvero il sopravvento in questa situazione? In realtà il mondo libero può farcela in diversi modi, se sceglie di comportarsi come tale.

Con una grande operazione, gli Stati Uniti si stanno muovendo rapidamente per spingere le aziende della Repubblica Popolare Cinese (Rpc) a seguire le linee guida della Securities and Exchange Commission (Sec) in materia di trasparenza e supervisione.

Il presidente Donald Trump annullerà probabilmente il famigerato accordo firmato nel 2013, al tempo di Obama, grazie al quale le aziende della Repubblica Popolare Cinese hanno inspiegabilmente ottenuto un enorme vantaggio, non essendo obbligate a seguire le norme sulla revisione contabile e sulla trasparenza imposte dalla Sec. Pertanto, le aziende della Rpc stanno già cercando di uscire dalle borse statunitensi per trasferirsi a Londra, Tokyo e Hong Kong.

Ma c’è un piccolo problema. Londra e Tokyo hanno già segnalato l’intenzione di non farle entrare. Se gli Stati Uniti ritireranno lo status speciale di Hong Kong – come dichiarato da Trump nel suo discorso del 29 maggio – ciò significa probabilmente che anche se entrassero nella borsa di Hong Kong la cosa non funzionerebbe.

Questo mette di fatto il Pcc in un angolo, un piccolo angolo nel mercato mondiale dei capitali; come il Giappone che in tempo di guerra aveva bisogno di petrolio e di altre materie prime, la linfa vitale e l’ossigeno del Pcc è l’accesso al capitale. E gli rimangono effettivamente sei mesi di ossigeno.

La cortina di ferro del Pcc potrebbe essere temporanea e senza valore se Hong Kong perdesse il suo status privilegiato di borsa internazionale. Gli Stati Uniti hanno bisogno che gli hongkonghesi resistano da soli, mentre infliggono al contempo il massimo danno finanziario al Pcc. Forse si potrebbe pensare a una grande Dunkerque umanitaria per permettere agli hongkonghesi di stabilire temporaneamente HK 2.1, 2.2, 2.3, eccetera, in altre località fino a quando HK 3.0 non potrà essere ristabilita dove si trova ora.

Una mossa militare contro Taiwan?

Con sei mesi di ossigeno rimasto, cosa fa un buon totalitario? Invadere. Ma invadere dove? Invadere chi? L’apparato militare del Pcc è pronto per una seria guerra anfibia?

Il messaggio del Pcc è stato ambiguo. Dopo aver dichiarato che non è il momento per invadere Taiwan, ne spara un altro più aggressivo, di retorica. Che cosa significa? Dovrebbe essere chiaro: stanno litigando al loro interno e sono indecisi.

La loro marina sta crescendo, ma non ha ancora la capacità di radunare una forza anfibia significativa. Con circa nove grandi navi anfibie, 60 piccole navi anfibie e due brigate della Marina dell’Esercito popolare di liberazione, per un totale di circa 12 mila uomini, questo non è ancora sufficiente per conseguire un successo decisivo in uno sbarco opposto su una qualsiasi delle isole maggiori.

Il missile supersonico Hsuing Feng III di Taiwan li farà desistere da un tale tentativo. E non c’è la capacità operativa per orchestrare e condurre un’operazione così complessa, la cui complessità aumenta quando si è sotto tiro e un certo numero di navi anfibie affondano o bruciano.

Ma forse esiste un’opportunità migliore. Forse non un’isola, ma un continente. Un’invasione di Taiwan potrebbe alla fine avere successo, ma sarebbe estremamente dispendiosa per entrambe le parti, quindi quale sarebbe il senso? Un’isola distrutta con una popolazione arrabbiata e soggiogata?

Il vasto continente australiano, scarsamente abitato, dal punto di vista di un pianificatore, riflette un ritorno dell’investimento (Roi) molto maggiore. L’episodio sconcertante di tre navi della marina cinese arrivate in un evento pianificato, ma non annunciato pubblicamente, nel porto di Sydney, è stato un inquietante messaggio strategico dei possibili scenari futuri.

Naturalmente, il governo australiano ha dovuto dire che ne era a conoscenza: che altro si può dire pubblicamente quando una flotta straniera si presenta nel vostro porto a vostra insaputa?

L’Australia, così come il Canada, sembrano emotivamente e psicologicamente combattute sulla loro identità, e in questo scenario il denaro del Pcc ha chiaramente attratto un segmento della leadership del governo e delle élite. Andarsene dalle isole fortificate istituite illegalmente dal Pcc nell’arcipelago indonesiano e creare una «Base Operativa Umanitaria Avanzata», o una «Zona di libero scambio della Belt and Road», nelle desolate zone settentrionali dell’Australia, sembra un’opzione molto più allettante, con un ritorno dell’investimento decisamente migliore.

Cosa faranno gli australiani a riguardo? Essendo un continente senza armi, con un’élite incerta e un esercito che lotta contro il taglio dei fondi, questo primo passo «pacifico» del Pcc sarebbe un ottimo punto di partenza verso l’acquisizione dell’intero continente, mentre gli australiani contemplano il proprio ombelico. Un buon dittatore è sempre alla ricerca di buone opportunità in stile Lebensraum.

Che si tratti di Taiwan o dell’Australia, qualsiasi utilizzo della forza militare richiederà essenzialmente l’intera capacità dell’Esercito Popolare di liberazione, con poche riserve. Il Pcc dovrà decidere: soffocare senza accesso al capitale o invadere ed utilizzare l’intero inventario di proiettili d’argento in anticipo.

Non è una buona situazione in cui trovarsi, bisogna saper scegliere saggiamente.

Il caos negli Stati Uniti

Intanto, in pochi giorni gli Stati Uniti sembrano essere precipitati in un grande caos a livello nazionale e in uno stato di guerra civile a livello popolare. Ebbene sì, gli Stati Uniti sono in confusione, e in effetti si tratta di una guerra civile inventata e di basso livello, finanziata anche da stranieri, ma nonostante ciò gli Usa sono comunque in una posizione migliore rispetto a tutti gli altri Paesi.

È brutto, ma non così grave come negli anni sessanta. Finora sono gli Stati blu a fare da capofila nel fratricidio. Ma la democrazia è disordinata, ecco ciò che spaventa il Pcc. I loro agenti provocatori sul campo pensano di farla franca, e finora ci sono riusciti. Alimentare le rivolte finanziando gli Antifa e spingendo alcuni estremisti bianchi a bruciare i quartieri e le imprese di persone di colore può sembrare una ‘buona’ strategia, ma molti americani di colore vedono la verità dietro questa follia.

Trump ha già affrontato la questione con decisione, dichiarando la sua intenzione di designare formalmente Antifa come organizzazione terroristica. Speriamo che l’Insurrection Act venga adottato a breve.

Poi sarà fatta giustizia per George Floyd e la sua famiglia, e in effetti il processo è già in corso.

L’insurrezione finanziata da agenti legati al Pcc, ai russi e a Soros, potrebbe essere un po’ drammatica, violenta e teatrale all’inizio, ma con l’applicazione del Rico e l’intervento dell’Fbi per rintracciare il percorso del denaro, l’Antifa e tutti gli altri tentacoli saranno messi sotto forte pressione.

C’è una psicologia dietro le maschere: Antifa, come il Kkk, si nasconde dietro le maschere, e c’è un interessante parallelo tra Antifa e il Kkk nel periodo della ricostruzione dopo la guerra civile americana. Ancora una volta, le vittime sono persone di colore in quanto le loro aziende e i loro quartieri vengono bruciati.

Ma gli Stati Uniti sono solidi e avranno il sopravvento su questo fenomeno. Inoltre, si può mettere pressione sul Pcc anche perforando il Grande Firewall e condividendo informazioni senza censura con la popolazione cinese.

In fin dei conti, gli Stati Uniti hanno un grosso vantaggio anche su questo fronte.

Le Bahamas e Panama

Il Pcc potrà anche spargere denaro per le strade degli Stati Uniti, per far passare inosservate le sue difficoltà nel placare con la violenza i pacifici oppositori di Hong Kong, ma il denaro del Pcc non è infinito, e non può arrivare ovunque.

Due luoghi richiedono un’azione relativamente facile e rapida contro il Pcc. Il primo sono le Bahamas, che stanno ancora lottando per riprendersi dalla terribile tempesta tropicale dell’estate scorsa che ha anche devastato le infrastrutture recentemente costruite da Huawei nell’ambito della Nuova Via della Seta (Belt and Road). Gli Stati Uniti hanno bisogno di mettere su una piccola task force che coordini una reazione più ampia alla Belt and Road, anche in altre località.

L’altro luogo è Panama, la Singapore delle Americhe. I panamensi hanno preso il canale costruito dagli americani e lo hanno notevolmente migliorato, e stanno facendo affari con la Repubblica Popolare Cinese solo perché gli americani sono apparentemente scomparsi.

Sia le Bahamas che Panama hanno uomini d’affari americani. Le cose sono un po’ movimentate, ma entrambi i luoghi richiedono forti ambasciatori nominati a livello presidenziale che lavorino per smantellare rapidamente gli accordi trappola della Belt e Road proponendo loro alternative più interessanti.

Queste sono solo due mosse facili nel gioco della gestione dei ‘vuoti’, ma ce ne sono molte altre. Il mondo libero ha la maggior parte delle carte in mano, nonostante un po’ di caos. Queste carte, quindi, vanno usate.

 

Il colonnello in pensione John Mills è un professionista della sicurezza nazionale statunitense che ha prestato servizio durante cinque periodi bellici. È stato anche direttore della politica di sicurezza informatica, della strategia e degli affari internazionali del Dipartimento della Difesa americano.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

 

Articolo in inglese: US Needs to Defend Its ‘Vacuums,’ Exploit Beijing’s

Potrebbe interessarti il documentario realizzato da Ntd Television che mostra come negli ultimi decenni siano stati proprio i finanziamenti guidati da Wall Street, a rendere la Cina una potenza economica mondiale:

 
Articoli correlati