Il 20 luglio segna vent’anni dal secondo «olocausto» della Storia

Il 2019 è un anno importante per i diritti umani nel mondo. Infatti, oltre a segnare i 30 anni dal massacro di Piazza Tienanmen (4 giugno 1989), segna i 20 anni dall’inizio della persecuzione del Falun Gong (20 luglio 1999), una disciplina spirituale cinese basata sui principi di verità, compassione e tolleranza e composta di cinque esercizi di meditazione simili al Tai Chi e allo Yoga.

«Quante vittime da quel lontano 1999! – commenta il senatore e medico Maurizio Romani (gruppo misto, ex M5S e attualmente in Italia dei Valori), intervistato da Epoch Times – Diamo un segnale, facciamo sentire a queste persone che non sono abbandonate al loro destino in questa giornata, ma soprattutto facciamo vedere il nostro impegno pratico per porre fine a tutto questo dal giorno dopo, altrimenti saremo complici dei carnefici; di qualunque colore politico si vestano, sono e resteranno carnefici».

Il senatore Romani è stato il promotore di una legge che ha introdotto per la prima volta nel codice penale italiano il delitto del traffico di organi prelevati da persone viventi, che si ricollega al terribile crimine del prelievo forzato di organi che ha luogo nell’ambito della persecuzione del Falun Gong in Cina. Questa legge italiana punisce chi si reca in Cina per ottenere un organo non tracciabile e di cui non si conosce la fonte.
Il fenomeno del prelievo forzato di organi dai dissidenti è un’enorme violazione dei diritti umani ordita dallo Stato cinese, con la complicità degli ospedali militari. Tra le inchieste più complete che hanno documentato il fenomeno c’è quella di David Matas e David Kilgour, rispettivamente un avvocato canadese e un ex ministro degli Esteri canadese, che hanno scoperto già nel 2006 un’enorme incongruenza tra il numero dei trapianti effettivi in Cina e il numero ufficiale dei trapianti dichiarato dal regime cinese. Questo grande gap si spiega solo con la presenza, nei campi di lavoro, di prigionieri di coscienza in attesa della loro assurda ‘sentenza’ di morte e del prelievo dei loro organi freschi: «È paragonabile all’olocausto», ha affermato all’Epoch Times americano David Kilgour.

E la conferma di quanto affermato da David Matas e David Kilgour è arrivata proprio di recente, il 17 giugno, dal China Tribunal di Londra, un tribunale internazionale indipendente che ha riconosciuto che la Cina del Pcc si è macchiata di crimini contro l’umanità, e ha affermato che il prelievo forzato di organi dai prigionieri di coscienza è ancora in corso: 90 mila sarebbero i trapianti illegali all’anno, secondo le stime del tribunale.

«La conclusione del tribunale internazionale indipendente di Londra del 17 giugno 2019, che l’espianto forzato di organi sui prigionieri di coscienza avviene ancora in Cina, nel quasi completo disinteresse dei media occidentali, da una parte mi provoca rabbia, dall’altra una grande amarezza e delusione, dopo tutti gli sforzi fatti negli anni per fare emergere questo crimine contro l’umanità », ha continuato Romani.
«A volte la realtà è cosi crudele che preferiamo girarci dall’altra parte per non vederla, ma sono anni che persone sfuggite a questo triste destino sono venute a raccontarci le loro storie di sopravvissuti. Noi dobbiamo a loro lo stesso rispetto che abbiamo avuto per i sopravvissuti dai campi di sterminio nazisti, dobbiamo avere il coraggio di guardare quegli occhi lucidi e pieni di dolore senza abbassare lo sguardo per la vergogna. Abbiamo una legge che ci permette di interrompere un mercato, ci manca la volontà politica di interrompere la fonte del male e questo non ce lo possiamo permettere. […] Vorrei tanto che l’Italia, che per prima ha dato un forte segnale con l’approvazione all’unanimità di una Legge contro questi crimini, si facesse paladina di una campagna vera, forte, senza sconti per nessuno per interrompere questi crimini. Io sono pronto a fare la mia parte!».

Anche il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro, intervistato da Epoch Times, ha espresso la sua opinione sulla sentenza del tribunale londinese: «Le conclusioni del China Tribunal sono incredibili e inchiodano la Cina alle sue responsabilità rispetto a una pratica aberrante, la più ignobile fra quelle di cui si abbia memoria da parte di una dittatura. Credo che squarciano il velo e chi vuole può vedere e comportarsi di conseguenza. Tramite mia apposita interrogazione le conclusioni sono all’attenzione del nostro Ministero degli Esteri. Spero che rispetto a questa pratica disumana non prevalga la real politik», ha concluso.

Intanto, negli Stati Uniti, in occasione della ricorrenza del 20 luglio, circa duemila praticanti del Falun Gong hanno sfilato per le strade di Washington Dc per chiedere la fine della persecuzione, raccogliendo la solidarietà di diversi parlamentari.

Una foto della parata del Falun Gong a Washington il 18 luglio 2019 (Samira Bouaou/The Epoch Times)

Persecuzione del Falun Gong: una battaglia culturale e spirituale

Come si possono mettere insieme la Cina delle violazioni dei diritti umani, degli organi prelevati e delle barbarie, con la Cina della spiritualità, delle arti marziali, dei templi e delle danze?

Questi due mondi opposti si sono dati battaglia fin dalla Rivoluzione Culturale, un movimento del Partito Comunista Cinese che ha cercato di cancellare ogni traccia della tradizione cinese, dalle statue di Budda alle scritture religiose, al fine di recidere ogni legame tra i cinesi e la loro innata predisposizione spirituale. Questa tendenza liberticida è continuata poi anche dopo le riforme economiche di Deng Xiaoping: basti guardare a quello che è successo in piazza Tienanmen nel 1989.

Il Falun Gong si riallacciava proprio a quella tradizione spirituale millenaria dimenticata, ed è stato diffuso per la prima volta in pubblico in Cina dal Maestro Li Hongzhi nel 1992. Il successo della disciplina spirituale è stato tale che, nel 1999, i praticanti avevano raggiunto il numero di 100 milioni: un dato allora superiore a quello degli iscritti al Partito Comunista Cinese.

Secondo le ricostruzioni, l’allora capo del Partito, Jiang Zemin, una volta appreso questo, sarebbe stato completamente accecato dall’invidia, e avrebbe lanciato proprio per questo motivo la persecuzione su vasta scala contro il Falun Gong, il 20 luglio dell’anno 1999. Jiang Zemin ha ordinato di rovinare la reputazione di questi meditatori, così come di distruggerli fisicamente e di rovinarli economicamente. A suo avviso, il Partito non poteva non riuscire a sconfiggere il Falun Gong.

D’altronde, come ci si poteva aspettare che il Pcc, con i suoi principi di lotta  ̶  dopo la Rivoluzione Culturale e la sua guerra contro la tradizione e contro ogni forma di fede, e dopo il massacro di piazza Tienanmen e la repressione di ogni tipo di libertà  ̶  riconoscesse i principi tradizionali del Falun Gong?

E mentre i Paesi del mondo continuano a stringere affari col ‘dragone rosso’, dal 1999, i praticanti di questa disciplina hanno ininterrottamente chiesto giustizia e fatto appello alle coscienze in tutto il mondo, al fine di esortare la comunità internazionale a intraprendere azioni concrete per porre fine alla brutale persecuzione per mano del Pcc.

 
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