Cambiamento climatico e sondaggi inutili

Politici e attivisti citano regolarmente i sondaggi dell’opinione pubblica per sostenere l’azione dei governi sul cambiamento climatico. Eppure, tali sondaggi raramente forniscono un contributo significativo al dibattito pubblico: s’interessano infatti di problemi irrilevanti, ignorando quelli che contano realmente.

Fortunatamente, la maggior parte delle aziende che compiono i sondaggi è maturata al punto da non chiedere più agli intervistati se pensano che il cambiamento climatico sia reale, o se credono che esista un dibattito scientifico sulle cause di questo fenomeno. Queste domande sono inutili, considerata ormai la comprensione della gente sull’inevitabilità del cambiamento climatico in un pianeta dinamico e la massiccia incertezza del clima futuro.
Eppure, gli esperti dei sondaggi hanno ancora una lunga strada da percorrere prima che siano presi sul serio i loro studi sul cambiamento climatico.

Per esempio il sondaggio ambientale annuale di Gallup, i cui risultati sono stati rilasciati a marzo, è un esempio calzante. Non importa se gli americani hanno sentito che «gli scienziati hanno recentemente riportato che il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato sulla Terra», come Gallup aveva ingannevolmente informato gli intervistati nel preambolo di uno dei suoi sondaggi. Sebbene alcuni scienziati abbiano dichiarato che le temperature del 2015 sono state eccezionali, molti altri non lo fanno poiché comprendono che non è certo che le temperature di oggi siano più alte rispetto ai decenni precedenti, a causa delle incertezze delle rilevazioni effettuate in passato.

Ma, a ogni modo, la questione è irrilevante. Difatti, non fa alcuna differenza se la temperatura di un anno ha superato quella precedente di decimi o centesimi di grado: simili cambiamenti non sono evidenti nel mondo reale e si notano solo dopo calcoli complicati.

Allo stesso modo, un’altra domanda che Gallup ha posto agli americani: ‘Credo che questi rapporti (ossia le rilevazioni ipotetiche del 2015) siano accurati o non accurati’ non ha alcuna incidenza sulla formulazione delle politiche pubbliche. La precisione di calcolo su cambiamenti banali è senza dubbio irrilevante.
Gallup ha poi chiesto agli intervistati le cause della presunta ‘temperatura record del 2015’. Anche in questo caso la questione non è rilevante, se non per gli scienziati che lavorano nel campo ambientale. Pertanto, le ragioni di queste piccole variazioni non sono importanti per le discussioni politiche.

Piuttosto, la domanda che conta è se le emissioni di anidride carbonica derivanti da attività umane causeranno un pericoloso riscaldamento globale e altri problemi climatici nel prossimo futuro. Solo i cambiamenti climatici futuri dovrebbero essere fonte di preoccupazione per i responsabili delle politiche. Il passato è storia e non possiamo cambiarlo.
Poi, sul fatto che una questione sia degna di dibattito pubblico o meno, c’è da dire che qualsiasi aumento di temperatura rispetto alle previsioni dovrebbe essere visto come pericoloso, considerato il denaro che viene attualmente speso in tutto il mondo in finanziamenti per il clima (un miliardo di dollari al giorno).

Anche in quel caso dovremmo sapere, con ragionevole grado di affidabilità, che il riscaldamento, se si verifica, è il risultato delle nostre emissioni di anidride carbonica. Il problema in questione non è un generico cambiamento climatico causato dall’uomo, come suggerisce una risposta fornita da Gallup nel suo sondaggio. Piuttosto il dibattito, oggetto di reale discussione al Clean Power Plan dell’amministrazione Obama, riguarda uno specifico tipo di cambiamento climatico causato dall’uomo: quello che si suppone sia causato dalle nostre emissioni di CO2.

Naturalmente, la risposta della maggior parte della gente alla domanda precedente nell’ipotetico sondaggio dovrebbe essere ‘non lo so’. In effetti come potrebbero saperlo, visto che persino importanti scienziati di livello mondiale non conoscono la risposta? «Il clima è uno dei problemi aperti più impegnativi della scienza moderna – ha osservato Chris Essex, matematico applicato dell’Università dell’Ontario occidentale ed esperto di modelli matematici applicati alle variazioni climatiche – Ci sono diversi scienziati capaci che ritengono che il problema del clima non potrà mai essere risolto».

Un’altra domanda sensata da porre agli americani potrebbe essere quante imposte e altri costi aggiuntivi sono disposti a pagare per ridurre le emissioni di CO2 negli Stati Uniti, allo scopo di incoraggiare altri Paesi a fare altrettanto e in modo da evitare possibili pericolosi cambiamenti climatici che potrebbero un giorno verificarsi. Questa è la vera domanda.

Dopotutto Gina McCarthy, amministratore dell’Agenzia per l’Ambiente, ha ammesso che piani come il Clean Power Plan non avranno alcun impatto misurabile sul clima globale; la McCarthy ha invece informato ripetutamente le sedute del Congresso che lo scopo del Clean Power Plan è creare un esempio per il mondo.

Ma i Paesi in via di sviluppo (che costituiscono la fonte della maggior parte delle emissioni odierne) hanno indicato di non avere alcuna intenzione di limitare il loro sviluppo per salvaguardare il clima. E tutti i trattati sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, contengono una clausola per questi Paesi che li esenta dall’obbligo di ridurre le emissioni, qualora interferiscano con le loro «priorità assolute» di sviluppo e di riduzione della povertà.

La maggior parte delle persone non saranno affatto disposte a pagare qualcosa per sostenere l’improbabile speranza che Paesi seguano l’America, per provare a scongiurare un ipotetico problema futuro. Ma gli esperti in sondaggi non hanno mai posto domande su questo importante tema. È giunto il tempo di farlo.

Tom Harris è direttore esecutivo della Coalizione internazionale sulla Scienza del Clima con sede a Ottawa, in Canada. La Coalizione internazionale sulla Scienza del Clima non è di destra (i suoi partecipanti provengono da tutte le componenti politiche), non è finanziata dalle Sette Sorelle e non ci sono gruppi di pressione o imbonitori appartenenti a qualsiasi genere d’industria.
Tom Harris non ha mai lavorato come lobbista o rappresentante per qualsiasi azienda o settore.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente riflettono il punto di vista di Epoch Times. 

      Per saperne di più:


Articolo in inglese: ‘Climate Change Surveys Still Useless

 
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