I mostruosi ibridi che ci controllano

I conservatori sono indecisi sul come considerare i giganti del web, diventati dominanti in molte aree della nostra vita. 

Facebook, Twitter e Google dovrebbero essere viste come aziende private e quindi lasciate alla disciplina del libero mercato? O dovrebbero essere considerati monopoli di fatto e quindi assoggetti al controllo governativo?

Jane Jacobs, una delle intellettuali più in vista degli ultimi 50 anni ha coniato l’espressione ‘ibridi mostruosi’, nel suo best seller Systems of Survival per descrivere le Big Tech.

La Jacobs, che dopo aver lasciato gli Stati Uniti durante la Guerra del Vietnam si è stabilita a Toronto, individua due grandi fondamenta morali della società: la prima basata sulle ‘guardie’, l’altra sui ‘commerci’. Ognuna con distinte caratteristiche o come le definisce ‘sindromi morali’ ed ambedue legittime. I guardiani – che includono i politici, così come le forze di polizia statali e private, i tribunali, le Ong, gli ecclesiastici e la maggior parte degli impiegati pubblici – tendono a rifuggire il commercio, a dispensare altruismo, a illudere per raggiungere i propri scopi e ad esercitare la forza.

Questi tratti funzionano bene nel proteggere la società e differiscono integralmente dai tratti salienti della moralità commerciale, che includono: rifuggire la forza, giungere ad accordi volontari e competere o dissentire per raggiungere i propri scopi.

Finché queste ‘sindromi morali’ vengono sostanzialmente seguite – fin quando i ‘guardiani’ si attengono alla loro attività di protezione sociale e le imprese commerciali si limitano alla realizzazione di profitti — le società funzionano bene. Ma quando i ‘guardiani’ si spostano in ambiti commerciali – o viceversa – si creano degli ibridi con le proprietà di entrambe le ‘sindromi’. 

E i risultati possono essere mostruosi.

Come esempi di ‘Ibridi Mostruosi’ la Jacobs cita la mafia e le gang di strada che conducono affari mentre dominano sul territorio che controllano, gli agenti di polizia che abusano della loro autorità chiedendo tangenti e le aziende che ottengono monopoli commerciali grazie alla collusione con dirigenti del governo. Jacobs non parla di Big Tech: lei pubblica Systems of Survival nel 1992, prima che alle Big Tech fosse garantita quell’immunità dall’azione penale che le ha catapultate nell’attuale posizione dominante. Ma le Big Tech incarnano tutto ciò che la Jacobs vedeva come disastroso per le società.

Anziché rimanere nel proprio ambito commerciale, le Big Tech diventano infatti attore politico, assumono funzioni pubbliche o agiscono da tutori in altro modo. 

Nel video di una riunione che ha avuto luogo in Google – trapelato poco dopo la vittoria presidenziale di Donald Trump nel 2016 – i dirigenti dell’azienda, a partire dai fondatori Larry Page e Sergey Brin in giù fino agli altri, sembravano uniti e determinati a contrastare il movimento populista di Trump e i suoi elettori, che consideravano «estremisti».

Brin si chiedeva come Google potesse garantire una «migliore qualità’ del governo» e del «processo decisionale». L’Ad Sundar Pichai prometteva che Google avrebbe sviluppato apprendimento automatico e intelligenza artificiale per neutralizzare ciò che vedevano come la «disinformazione» diffusa dagli «elettori poco informati».

Google ha mantenuto la sua promessa come documentato innumerevoli volte da allora, tra cui da un’importante indagine del Wall Street Journal che mostra come Google inserisca in blacklist i siti conservatori, ne nasconda le informazioni e utilizzi il motore di ricerca per promuovere i propri scopi.

Allo stesso modo Facebook agisce come corrente del partito democratico censurando le informazioni che danneggiano i dem e decidendo – per sua stessa ammissione –  prima delle elezioni del 2020 di «condurre la più grande campagna di registrazione al voto nella storia degli Stati Uniti, con l’obbiettivo di aiutare più di 4 milioni di persone a registrarsi al voto». Non sorprende che questa campagna abbia agito a favore della sinistra.

L’impegno nella censura di Twitter si è poi esteso fino ad inserire in blacklist il New York Post, il più antico quotidiano d’America, pur di nascondere al pubblico le possibili prove di corruzione a carico della famiglia Biden. E quando per sfuggire alla censura delle Big Tech, i conservatori sono migrati su Parler, il trio Apple, Google e Amazon ha operato all’unisono per tentare di farlo chiudere. 

Le Big Tech agiscono a favore della propaganda di sinistra, imponendo la loro agenda fatta di ‘politicamente corretto’, annientamento culturale e politiche identitarie, compromettendo la privacy degli individui e il diritto alla libertà di espressione. 

Il ruolo delle Big Tech nelle società è dunque divenuto più simile a quello di guardiani piuttosto che a quello di imprese commerciali. Sono diventate in effetti arbitri nello svolgimento delle elezioni e decidono quali informazioni gli elettori dovrebbero vedere, e quando possono vederle.

Considerare i grandi giganti della tecnologia semplicemente come attori del libero mercato perché una volta erano delle imprese, tradisce una confusione che nasce da una cecità intenzionale.

I conservatori non sono mai stati altrettanto confusi. Quando – una generazione fa – Systems of Survival è stato pubblicato, la sua disamina è stata accolta con entusiasmo dai notabili del conservatorismo del libero mercato.

Una recensione della rivista Forbes da parte di uno studioso del Cato Institute ha concluso che «l’essenza di una buona politica pubblica sta nel mantenere le due ‘sindromi’ il più separate possibile l’una dall’altra». Un articolo della rivista Reason concorda sul fatto che «cercare di mescolare le due ‘sindromi’ o estenderle a settori inappropriati, produce un crollo morale, sociale e istituzionale».

I conservatori di oggi devono togliersi dal cervello le ragnatele e guardare ai grandi giganti della tecnologia per quello che sono: Ibridi Mostruosi che devono essere piegati se vogliamo riprenderci quelle libertà che una volta davamo per scontate. 

 

Lawrence Solomon è autore, giornalista e direttore esecutivo del Consumer Policy Institute di Toronto, fondato da Jane Jacobs. LawrenceSolomon@nextcity.com @LSolomonTweets

Le posizioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente le vedute di Epoch Times.

Traduzione di Gaetano D’Aloia

 

Articolo in inglese: The ‘Monstrous Hybrids’ That Control Us

 
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