I dazi statunitensi e le restrizioni commerciali sono molto efficaci contro il Pcc

Di Antonio Graceffo

L’autore dell’articolo, Antonio Graceffo, Ph.D., ha trascorso oltre 20 anni in Asia. Si è laureato all’Università dello Sport di Shanghai e ha conseguito un China-Mba presso l’Universitò Jiaotong di Shanghai. Antonio lavora come professore di economia e analista economico cinese, scrivendo per vari media internazionali. Alcuni dei suoi libri sulla Cina includono «Beyond the Belt and Road: China’s Global Economic Expansion» e «A Short Course on the Chinese Economy».

 

I dazi e le sanzioni dell’ex presidente Donald Trump hanno messo l’economia cinese alle corde, e anche la nuova amministrazione li sta applicando.

Nei primi 10 mesi in carica, l’amministrazione Biden ha vietato le importazioni di alcuni materiali dallo Xinjiang e ha sanzionato Pechino per le violazioni dei diritti umani nella regione, ha inoltre sostenuto la Nato nello spostare l’attenzione sulla Cina, ha dichiarato il regime cinese una minaccia alla sicurezza globale, ha ampliato i divieti di Trump agli investimenti in società cinesi, bloccato 59 aziende cinesi con presunti legami con il settore della Difesa cinese, si è mossa contro le società di telecomunicazioni cinesi per problemi di sicurezza nazionale e sembra che altro sia in arrivo.

Il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen ha affermato che i dazi dell’era Trump restano per ora; nel frattempo, la rappresentante per il commercio degli Stati Uniti Katherine Tai potrebbe avviare un’indagine della Sezione 301 sulla Cina, che potrebbe comportare ulteriori dazi.

Originariamente, quando i dazi sono stati imposti dall’amministrazione Trump, avevano lo scopo di allontanare i produttori statunitensi e stranieri dalla Cina, il che avrebbe avuto un impatto negativo sull’economia cinese. Si sperava che questo avrebbe portato Pechino al tavolo dei negoziati in modo che il rappresentante per il commercio americano Tai e altri funzionari potessero negoziare condizioni commerciali più eque con la Cina, o che l’esodo delle aziende statunitensi e straniere avrebbe posto fine al regno della Cina come fabbrica mondiale.

I dazi sono diventati un argomento politicamente polarizzato negli Stati Uniti. Molti importanti politici e media hanno cercato di condannarli, dicendo che non hanno funzionato. L’evidenza, tuttavia è che nonostante l’aumento dei costi al consumo negli Stati Uniti, i dazi stanno avendo l’effetto negativo desiderato sull’economia cinese.

Un documento di lavoro del Washington Post ha rilevato che i nuovi dazi statunitensi nel 2018 e nel 2019 hanno causato la chiusura delle operazioni in Cina di oltre 1.800 filiali finanziate dagli Stati Uniti, con un aumento del 46% rispetto all’anno precedente. E questa cifra include solo le aziende statunitensi. Anche varie aziende straniere stanno spostando la loro produzione dalla Cina agli Stati Uniti; tra queste Samsung Electronics e Lg Electronics della Corea del Sud, così come i produttori di scarpe tedeschi Puma e Adidas, solo per citarne alcuni.

I dazi statunitensi hanno creato un enorme buco nell’economia cinese. Mentre la Cina lotta con un’economia pandemica, problemi logistici, crisi del credito, carenza di energia, inadempienze immobiliari e la repressione del leader cinese Xi Jinping su tutto, i dazi ostacolano il Paese, che si affida alle esportazioni per tirarsi fuori da un pantano economico.

I dazi sono uno dei tanti strumenti nell’arsenale degli Stati Uniti per difendere il commercio e l’economia americana e, in definitiva, il lavoratore americano. Molti presidenti degli Stati Uniti hanno ignorato i rimproveri dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) o di attori internazionali per l’imposizione di dazi commerciali, considerando la difesa degli interessi statunitensi come un affare interno. Le precedenti amministrazioni hanno ritenuto che gli Stati Uniti avessero il diritto di difendersi, e sembra che Yellen e Tai abbiano convinzioni simili.

Quando l’Omc ha stabilito che gli Stati Uniti non avevano il diritto di imporre dazi alla Cina per il trasferimento forzato di tecnologia, il Partito Comunista Cinese (Pcc) si è rallegrato. L’Omc è arrivata a questa decisione, nonostante il fatto che la legge cinese sugli investimenti esteri stabilisca chiaramente che gli enti stranieri sono tenuti a trasferire tecnologia ai loro partner cinesi. L’allora rappresentante per il commercio degli Stati Uniti Robert Lighthizer protestò dicendo che gli Stati Uniti avevano il diritto di difendere i propri interessi commerciali. Nel frattempo, il Pcc ha ripetutamente affermato che gli Stati Uniti dovrebbero portare le proprie lamentele all’Omc, piuttosto che prendere in mano la situazione.

Da quando la Cina è entrata a far parte dell’Omc nel 2001, gli Stati Uniti hanno visto chiudere 60.000 fabbriche, che si sono portate via 4 milioni di posti lavoro. Nel 2001, gli Stati Uniti hanno importato 102 miliardi di dollari di merci dalla Cina. Entro il 2020, questo numero era aumentato a quasi 435 miliardi di dollari.

Oltre alla perdita di posti di lavoro, l’affidarsi a produttori stranieri ha implicazioni per la sicurezza nazionale. La pandemia ha dimostrato l’importanza di ricostruire la base industriale statunitense, piuttosto che fare affidamento su altri. I dazi aumentano il prezzo delle merci cinesi importate, incoraggiando gli americani ad acquistare prodotti interni. Più prodotti americani acquistano gli americani, più fabbriche e posti di lavoro verranno creati, diminuendo la dipendenza degli Stati Uniti dai fornitori esteri.

I dazi hanno protetto gli interessi americani nelle precedenti amministrazioni. L’ex presidente Barack Obama ha intentato il doppio dei casi dell’Omc contro la Cina rispetto alla precedente amministrazione. Insieme a una politica Made in America, ha imposto dazi alla Cina, che hanno aumentato la produzione e le esportazioni statunitensi. I dazi dell’era Trump sull’alluminio hanno salvato l’industria dell’alluminio statunitense, rilanciando la produzione, creando posti di lavoro e attirando investimenti. I dazi possono anche inviare un segnale ai partner commerciali statunitensi. Per esempio, i dazi statunitensi sull’acciaio sudcoreano hanno indotto la Corea del Sud a ridurre volontariamente le esportazioni verso gli Stati Uniti.

Il commercio con la Cina non è gratuito. Anche prima della guerra commerciale, il dazio medio cinese sulle importazioni statunitensi era dell’8%, più del doppio del 3,1% imposto dagli Stati Uniti alle importazioni cinesi.

E il commercio con la Cina non è equo. Le aziende statunitensi sono costrette a competere in un mercato di sussidi statali e dazi elevati sulle importazioni statunitensi, che in media sono circa del 20%. Anche le società statunitensi in Cina sono afflitte da restrizioni all’accesso al mercato e dal trasferimento forzato di tecnologia.

Dazi e altre restrizioni contro la Cina negheranno al Pcc i soldi di cui ha bisogno per modernizzare le sue forze armate, proteggendo al contempo i posti di lavoro negli Stati Uniti e assicurando la difesa nazionale degli Stati Uniti, riducendo la dipendenza degli Stati Uniti dalle catene di approvvigionamento estere.

 

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Articolo in inglese: US Tariffs and Trade Restrictions Biting the Chinese Economy

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