I bambini hanno il diritto di sapere chi li ha generati

Di Antonietta Gianola

Il 33% degli uomini che ricorrono al test Dna per accertarsi della paternità scopre di non essere il padre dei figli. Sono generalmente persone che si trovano al centro di una separazione, nel corso della quale emerge il sospetto o un palesato tradimento. Può anche succedere che un uomo venga colto dai dubbi da un fatto accidentale, come ad esempio ascoltando una conversazione telefonica della moglie, mentre confida la scabrosa verità a chi si trova all’altro capo del telefono, pensando di non essere ascoltata.

Scoprire di non essere il padre di quello che si pensava essere il proprio figlio è un fatto sconvolgente che cambia radicalmente la vita delle persone coinvolte, in modo particolare quella del minore che, dovrebbe essere il primo, fra i soggetti coinvolti, ad essere tutelato.

Un uomo che scopre di essere stato ingannato può disconoscere la paternità: lo prevede il codice civile. Il marito può agire entro un anno, decorrente dal giorno della nascita, dal giorno che ha avuto conoscenza della propria impotenza o dal giorno della scoperta dell’adulterio. Tuttavia, l’azione di disconoscimento di paternità, non può più essere proposta decorsi i cinque anni dal giorno della nascita del figlio. Questo perché il legislatore ha cercato di controbilanciare due interessi fondamentali: quello del presunto padre a far emergere la verità e quello del figlio a mantenere il proprio status. Anche il figlio, scoprendo o sospettando di non essere stato generato da quel padre, può richiedere il test allo scopo di conoscere la ‘verità biologica’ e veder garantito il diritto alla propria identità e al riconoscimento di un rapporto di filiazione fondato sulla verità.

Nel 2016 la sentenza n.24292 della Corte di Cassazione ha stabilito che «il diritto del figlio ad uno status filiale corrispondente alla verità biologica costituisce una delle componenti più rilevanti del diritto all’identità personale che accompagna senza soluzione di continuità la vita individuale e relazionale non soltanto nella minore età ma in tutto il suo svolgersi e attiene al nucleo inviolabile della persona (art 2 Costituzione e 8 della Cedu)».

Se, nel corso degli anni, questo chiarimento non arriva, il bambino che percepisce l’estraneità con quel genitore, può vivere una scissione fra il bisogno di sentirsi figlio e la repulsione istintiva ad affidarsi a quell’adulto poco familiare.

L’inganno sulla propria origine è un fatto che provoca grande sofferenza e gravissimi problemi psicologici, tali da compromettere la qualità della vita delle persone coinvolte e della famiglia, all’interno della quale si generano psicosi e infelicità, stati d’animo sottoposti continuamente a controllo e dissimulazione.

Antonino di Blasi da alcuni anni raccoglie le testimonianze sul tormento vissuto da quei bambini a cui è stato impedito di crescere con i genitori naturali. Con loro condivide la stessa sofferenza: anche lui è stato ingannato sulla sua origine ed è cresciuto senza l’affetto di suo padre. Concepito dopo un incontro occasionale della madre con il vicino di casa, Antonino, crescendo, invece di carezze e sostegno, ha dovuto imparare a difendersi dalla feroce ostilità che il patrigno nutriva nei suoi confronti, al quale fu raccontata la verità solo in punto di morte. «Con l’uomo che stava con mia madre, non mi sono mai trovato a mio agio. Abbiamo sofferto entrambi atrocemente: lui per aver scoperto di non essere mio padre e di essere stato ingannato dalla sua donna, mia madre. Non mi voleva, non ho ricevuto da lui una buona parola, mi puniva duramente, ha provato diverse volte a lasciarmi fuori di casa. Ho vissuto come un intruso. Sentivo invece vicinanza con quel vicino di casa, il mio vero padre, ma intorno a me i familiari perpetuavano l’imbroglio». Mentire sull’identità di una persona è uno stupro della mente, una violenza che compromette lo sviluppo psichico e può portare alla dissociazione e alla malattia psichica dell’alienazione mentale, una prostrazione che può rendere le persone incapaci a continuare a condurre una vita normale.

Come gestore di pagine web e portali che trattano questi temi a difesa dei minori tra cui la versione italiana di thembeforeus, Antonino è diventato uno dei 10 leader a livello mondiale (con un tesoretto di circa 20.000 like). In quelle pagine sono anche documentate le testimonianze delle persone che portano la testimonianza sulla scoperta della propria origine. Mai abbastanza raccontato, ad esempio, è il dolore vissuto dai figli nati da donne che hanno utilizzato tecniche di procreazione medicalmente assistita o Gpa o utero in affitto. Per loro scoprire come si è stati messi al mondo non è affatto indolore. E parlare di questo fenomeno non è facile. Mostrare le conseguenze del metodo che soddisfa il desiderio di un adulto di avere un figlio, è per giornali e tv, un tabù e per questo la rabbia e il dolore degli orfani dell’eterologa è un argomento poco trattato dagli organi di informazione che malvolentieri parlano delle persone costrette a non conoscere una parte della loro origine.

Il figlio che non conosce la sua origine rimane per sempre in lotta con se stesso e con il mondo. Non riesce ad accettarsi e si porta dietro una terribile angoscia, un vuoto e una sofferenza spesso senza sapere da dove nasca. Perché un bambino ha il diritto alla verità biologica, al proprio padre e alla propria madre, a nascere in modo spontaneo e conforme alla natura a godere di entrambi i genitori che lo hanno generato.

 
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