I bambini giornalisti della guerra in Siria

Hanno l’età in cui si dovrebbe giocare e andare a scuola. Ma questi bambini siriani pubblicano quotidianamente video sui social, per far conoscere al mondo la loro vita quotidiana, tormentata dai bombardamenti incessanti sulla Ghuta orientale, nella regione intorno a Damasco.
Le immagini che arrivano su Twitter hanno provocato reazioni di solidarietà ma anche critiche, e ci si domanda se siano usate dai familiari a fini propagandistici.

Secondo Observateurs de France 24, alcuni di questi giovanissimi reporter hanno meno di otto anni, parlano inglese e di solito sono aiutati da un adulto (genitore o fratello) nel mettere online i video e gestire account di migliaia di utenti.

Sono circa 400 mila i civili bloccati in questa regione, un tempo oasi nel deserto siriano. Ogni giorno da sei anni vengono attaccati e, stando ad Amnesty International, sono 600 i civili uccisi dall’inizio del 2018 e 22 gli ospedali attaccati. È il governo siriano che bombarda il proprio popolo, con l’aiuto della Russia. L’Unicef sostiene che per i bambini che ci vivono, la Ghuta sia oggi un vero inferno in terra.

MUHAMMAD SEGUE LA STRADA DEL FRATELLO

Muhammad Najem è uno dei giornalisti-bambini. Ha 15 anni e vuol fare questo lavoro, come suo fratello maggiore. E racconta a France 24: «Mi ha ispirato mio fratello Qussay l’idea di fare i video. Da sei anni lavora come giornalista nella Ghuta, e io volevo fare come lui. All’inizio ha cercato di scoraggiarmi, ma io ho insistito e ora mi aiuta a parlare in inglese. Spesso mi riprende e invia i filmati alle televisioni: vanno bene perché parlo in inglese».

Muhammad ha circa 19 mila contatti su Twitter, e i suoi video selfie sono trasmessi da mezzi di informazione del calibro della Cnn e del Guardian.

NOOR E ALAA: DUE BAMBINE SOTTO I BOMBARDAMENTI

Hanno appena otto e dieci anni le due sorelline Noor e Alaa, e in genere è la maggiore delle due (Noor) che fa le interviste e manda richieste di aiuto.
Fino a quattro mesi fa, la loro era una vita normale e andavano a scuola. Oggi, le immagini che documentano la vita di queste bambine sotto le bombe sono sconvolgenti: in un video, visualizzato 150 mila volte, si vede la piccola Alaa, subito dopo un bombardamento che ha colpito la sua casa, con una ferita vicino all’occhio.

In un altro video, girato in un sotterraneo, le ragazzine intervistano altri bambini del quartiere, e si interrogano sul perché di tanti bombardamenti; raccontano le difficoltà della vita a cui sono costretti e fanno domande a un commerciante che non ha più niente da vendere.

La madre di Noor e Alaa, Shams Alkhateeb, è maestra, ha insegnato  l’inglese alle figlie e si occupa dei contatti su Twitter. A Europe 1 racconta: «Tutti i bambini della Ghuta orientale affrontano la morte ogni giorno, ogni momento. Ho deciso di creare un profilo social per mostrare al mondo quello che succede qui».

Altri bambini ancora testimoniano le atrocità della guerra. La loro voce è certo più commovente di quella degli adulti, e ha un potere maggiore nel suscitare l’attenzione sul pubblico.
È difficile sapere fino a che punto i genitori dei più piccoli di questi giovani ‘giornalisti’, siano contenti di simili cronache, e del fatto che a riportarle siano i loro figli. Ma senza dubbio questi bambini preferirebbero tornare a scuola e giocare con gli amici. Come facevano prima.

 

Articolo in francese: Ces enfants « journalistes » couvrent la guerre dans la Ghouta – ils font face à la mort chaque jour

Traduzione di Francesca Saba

 

 
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