Huawei dà avvio al ‘piano B’ dopo la decisione degli Usa di boicottarla

Nonostante il governo statunitense abbia vietato a tutte le aziende del Paese di fornire tecnologia e strumenti al gigante delle telecomunicazioni Huawei, il fondatore dell’azienda, Ren Zhengfei, sembra fiducioso sul successo della compagnia.

In una conferenza stampa del 18 maggio di fronte alla stampa giapponese, Ren ha infatti affermato che il divieto americano sulle esportazioni avrà solo un effetto marginale su Huawei: «In realtà, abbiamo previsto questo giorno da molti anni – ha affermato il fondatore – e abbiamo un piano di riserva».

Tuttavia, il giorno dopo la conferenza stampa, Reuters ha riferito che Google ha sospeso alcuni suoi accordi con il gigante cinese, minando, di fatto, l’intero giro d’affari di Huawei relativo agli smarthphone, che sono tutti equipaggiati con Android, di proprietà del colosso di Mountain View.

È anche vero che negli ultimi anni Huawei ha cercato di sviluppare internamente chip e sistemi operativi – di qui deriva l’ottimismo ostentato da Ren – ma resta da vedere se il tentativo di emanciparsi dai fornitori esteri funzionerà realmente nella pratica.

Il piano di riserva di Huawei

Ren sostiene che Huawei «starà bene» anche senza i chip di Qualcomm e di altri fornitori americani. «Ci stavamo già preparando a questo», ha affermato, citato dal giornale giapponese Nikkei. Mentre Teresa He Tingbo, la presidente di HiSilicon, il ramo di Huawei dedito alla produzione interna di chip, ha confermato che l’azienda è passata in modalità emergenza: «Oggi – ha scritto in una lettera del 17 maggio agli impiegati di HiSilicon – è il giorno in cui la Storia ha deciso che tutte le ‘ruote di scorta’ che avevamo preparato diverranno ‘ruote in uso’ di colpo».

Dipendenza dall’estero

Secondo una fonte di Reuters, Google, a seguito del ban sulle esportazioni da parte del governo statunitense, ha sospeso «il trasferimento di hardware, software e servizi tecnici, fatta eccezione per quelli pubblicamente disponibili tramite licenza open source».

A causa di questa sospensione, Huawei perderà presto la possibilità di aggiornare il sistema operativo Android sui propri telefoni, mentre i suoi nuovi smartphone non potranno più installare varie applicazioni popolari di Google, come Google Play Store, Gmail e Google Maps.

Secondo la fonte di Reuters, Google starebbe ancora valutando alcuni dettagli sulla sospensione, mentre si attende ancora il commento di Huawei su quest’ultimo sviluppo.

Il problema è che Huawei dipende fortemente dai fornitori americani. A novembre 2018, il giornale statale cinese Yicai Global ha riferito che la società ha 92 fornitori principali, e il 36 per cento di questi sono aziende statunitensi. Inoltre, il 40 per cento dei fornitori cinesi di Huawei utilizza comunque della tecnologia statunitense per la propria produzione.

«Sarei sorpresa, se HiSilicon potesse costruirli [i chip, ndr] senza l’impiego di fornitori americani» ha riferito a Reuters, il 17 maggio l’analista americana di strategia in ambito smartphone per Global Wireless Practice Linda Sui. Huawei e le sue aziende affiliate, infatti, utilizzano dei software per la progettazione dei microchip che derivano da due aziende che hanno sede in California: la Cadence Design Systems e la Synopsys, entrambe leader nel mercato globale.

«È difficile rimpiazzarle», ha confermato a Reuters Mike Demler, un analista di tecnologia dei semiconduttori e della compagnia di consulenza Linley Group: «Cadence e Synopsys coprono pressoché tutte le esigenze che uno possa avere».

 

Articolo in inglese: Huawei Starts ‘Backup Mode’ to Deal With US Export Ban

 
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