Hong Kong, polizia irrompe nella sede di un giornale e compie 7 arresti

Di Frank Fang

La libertà di stampa di Hong Kong ha subito un altro colpo il 29 dicembre, dopo che più di 200 poliziotti della sicurezza nazionale hanno fatto irruzione nell’ufficio di un media online locale e hanno arrestato sette persone, sollevando gravi preoccupazioni nei diversi gruppi per i diritti umani.

Stand News, un’organizzazione no-profit fondata nel 2014, è diventata il secondo media di Hong Kong ad essere perquisito nel 2021 dopo che 500 agenti di polizia hanno fatto irruzione nella sede del quotidiano locale Apple Daily e hanno arrestato cinque dei suoi direttori a giugno. Entrambi i media sono noti per aver pubblicato articoli a sostegno dei manifestanti di Hong Kong.

Il raid contro l’ufficio di Stand News nel distretto di Kwun Tong si è concluso intorno a mezzogiorno ora locale, con la polizia che ha sequestrato circa 30 scatole di prove, oltre a diversi computer.

Dopo il raid, Stand News ha annunciato sulla sua pagina Facebook che cesserà di operare immediatamente, interrompendo anche l’aggiornamento di tutti i suoi account sui social media. L’organizzazione ha aggiunto che tutti i suoi dipendenti sono stati licenziati e che il suo caporedattore ad interim, Patrick Lam, si è dimesso.

Lam è anche una delle sette persone arrestate, secondo i media di Hong Kong.

Steve Li Kwai-wah, sovrintendente senior del dipartimento di sicurezza nazionale della polizia di Hong Kong, ha dichiarato durante una conferenza stampa successiva al raid, che i sette arresti includevano tre uomini e quattro donne (ma non ha citato i loro nomi), che sono stati arrestati per «cospirazione per la pubblicazione di materiale sedizioso», in violazione dell’Ordinanza sui Crimini, che risale all’era coloniale della città.

Ha detto che i media hanno pubblicato molti articoli «sediziosi» tra luglio 2020 e novembre (la draconiana legge sulla sicurezza nazionale di Pechino è entrata in vigore il 1° luglio 2020).

Secondo il sovrintendente, questi articoli avevano l’intenzione di «provocare odio» o «disprezzo» verso il governo di Hong Kong e la magistratura della città. Il capo della polizia ha anche accusato i media di consentire a figure internazionali di «incitare all’odio» contro il governo di Hong Kong e il regime cinese attraverso la sua piattaforma.

Il sovrintendente ha anche affermato che la polizia ha congelato i beni di Stand News, per un valore di 61 milioni di dollari di Hong Kong (circa 7,8 milioni di dollari).

Tra gli arrestati c’era la cantante pop e attivista di Hong Kong Denise Ho, un nome familiare a Hong Kong. La cantante era infatti un membro del consiglio di Stand News. Denise Ho ha partecipato attivamente sia al Movimento degli ombrelli del 2014, che al movimento di protesta a favore della democrazia del 2019 e del 2020 contro il Partito comunista cinese (Pcc).

L’arresto della Ho ha suscitato la preoccupazione della Human Rights Foundation (Hrf) di New York, che ha affermato che è stato «oltraggioso» che sia stata messa in custodia e che questo è un altro segno del fatto che il governo di Hong Kong sia «un burattino» del Pcc. Il Pcc e il governo di Hong Kong «hanno totale disprezzo per la libertà di stampa e sono spudorati nel tentare sfacciatamente di rimuovere tutti i sostenitori della libertà di Hong Kong dalla vista pubblica attraverso arresti di alto profilo», ha sottolineato Thor Halvorssen, amministratore delegato di Hrf.

A parte la Ho, altri tre ex membri del consiglio di Stand News sono stati arrestati: Margaret Ng, Chow Tat-chi e Christine Fong. Ng era anche un ex parlamentare pro-democrazia a Hong Kong. Le altre due persone arrestate erano l’ex caporedattore di Stand News, Chung Pui-kuen, e la moglie di Chung, Chan Pui-man.

Diversi gruppi per i diritti umani hanno condannato il raid della mattina del 29 dicembre, dopo che il governo di Hong Kong ha annunciato per la prima volta di aver arrestato sei persone in un’operazione contro Stand News.

Il Club dei corrispondenti stranieri di Hong Kong (Fcchk) ha detto in un comunicato che il raid e arresti «sono un ulteriore colpo alla libertà di stampa in Hong Kong e continueranno a raffreddare l’ambiente dei media in città dopo un anno difficile per le notizie della città e i punti vendita».

In un sondaggio pubblicato a novembre, l’Fcchk ha rilevato che il 61 percento degli intervistati ha dichiarato di essere leggermente preoccupato e il 10 percento molto preoccupato per la «possibilità di arresto o persecuzione a seguito di reportage o scrittura di articoli di opinione».

Un anonimo intervistato al sondaggio ha affermato che l’ambiente giornalistico di Hong Kong «è diventato peggiore di quello del continente, perché nessuno sa quali siano le linee rosse».

Steven Butler, coordinatore del programma asiatico presso il Committee to Protect Journalists con sede a New York, ha affermato che gli arresti equivalgono a «un aperto assalto alla già lacerata libertà di stampa di Hong Kong».

Brian Leung, direttore esecutivo dell’Hong Kong Democracy Council con sede a Washington, ha espresso preoccupazione e dubbi sul fatto che gli arrestati potranno avere un processo equo: «Etichetando l’esercizio della libertà di stampa come ‘sedizione’, Pechino sta chiarendo che il regime non tollera chi dice la verità a Hong Kong».

 

Articolo in inglese: Hong Kong Media Outlet Ceases Operations After Police Raid and 7 Arrests, Including Singer Denise Ho

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