Guerra commerciale Usa-Cina, Zte a rischio bancarotta

Conseguenze potenzialmente devastanti per il colosso cinese produttore di smartphone Zte, dopo che gli Stati Uniti hanno vietato alle proprie imprese di fornirgli componenti e software.
Il tutto perché nel 2017, in un tribunale federale degli Usa, Zte si è dichiarata colpevole di aver aggirato gli embargo americani contro l’Iran: l’azienda aveva acquistato dei componenti elettronici dagli Usa e li aveva spediti illegalmente, insieme a proprio materiale, nella repubblica islamica. La decisione di vietare alle imprese americane di fornire materiale a Zte è stata poi presa il 16 aprile, a seguito del fatto che l’azienda cinese non ha adempiuto agli obblighi dell’accordo raggiunto in tribunale.

Dopo la condanna, infatti, l’azienda cinese ha pagato 890 milioni di dollari in multe, e potrebbe doverne pagare ancora altri trecento. Inoltre, come parte dell’accordo, la Zte avrebbe dovuto licenziare quattro specifici impiegati e punirne altri 35, riducendo loro i bonus o ammonendoli. Tuttavia, a marzo la compagnia ha ammesso di non aver provveduto a quest’ultima parte dell’accordo.

«Questo [divieto ndr] sarà devastante per la compagnia – spiega a Reuters un avvocato che rappresenta i fornitori americani di Zte – Sicuramente renderà la loro produzione molto difficile e potrebbe avere un impatto negativo importante sull’azienda, nel breve e nel lungo termine».

Inoltre una fonte ha rivelato a Reuters che, stando a un’interpretazione della decisione del Dipartimento del Commercio, è anche possibile che a Zte non venga permesso di utilizzare il sistema operativo Android di Google, considerato che il gigante tecnologico ha sede negli Stati Uniti e anche i sistemi operativi sono dei software. La decisione, infatti, impedisce a Zte di utilizzare non solo i dispositivi, ma anche i programmi/applicazioni di produzione americana.

Inoltre, alla decisione del ministero del Commercio Usa se ne aggiunge un’altra da parte della Commissione Federale per le Comunicazioni (Fcc), che ha proposto nuove regole che impediranno a certi programmi governativi di acquistare beni da compagnie che si ritiene possano costituire una minaccia per le reti di telecomunicazione americane. Questo provvedimento potrebbe risultare dannoso sia per Zte che per la ‘rivale’ cinese Huawei.
Le nuove regole proposte impedirebbero anche che gli 8 miliardi e 500 milioni del Fondo per il Servizio Universale, che include sussidi per erogare servizi telefonici nelle aree povere, vengano spesi per acquistare beni da aziende o Paesi che costituiscano per Gli Stati Uniti «una minaccia, relativa alla sicurezza nazionale, per l’integrità delle reti di comunicazione o delle loro catene di fornitura».

Il presidente della Fcc, Ajit Pai, nell’introdurre questa proposta ha spiegato che «delle backdoor che permettano di accedere alle nostre reti, nascoste in router, interruttori e altri strumenti, possono permettere a potenze nemiche di inserire virus e altri malware, di rubare i dati privati degli americani, di spiare sulle aziende statunitensi e altro ancora».

ZTE DIPENDE DALLE AZIENDE AMERICANE

Uno studio del 2016 da parte di un gruppo di esperti legati al regime cinese (il Ccid) è utile ancora oggi per comprendere quanto Zte dipenda dai componenti elettronici americani, e quanto risentirebbe del divieto di poterli utilizzare.

Dallo studio, infatti, emerge che Zte nel 2016 acquistava il 53 per cento dei suoi chip da aziende americane, per un valore di 3 miliardi e 100 milioni di dollari. Lo studio concludeva affermando che qualsiasi sanzione americana avrebbe avuto un «impatto distruttivo» sulla compagnia. E, perdendo addirittura tutti i fornitori americani, l’azienda, entro tre mesi, sarebbe stata «a un passo dalla bancarotta». Inoltre, il fallimento di Zte avrebbe avuto ripercussioni sul settore tecnologico cinese in generale.

VA MALE ANCHE A HUAWEI

Anche il produttore di telefoni cinese Huawei, principale concorrente di Zte, è nei guai. A gennaio, un accordo che sarebbe stato firmato con la compagnia americana AT&T per vendere gli smartphone Huawei negli Usa, è andato in fumo perché i parlamentari statunitensi hanno fatto denunciato alle autorità di vigilanza federali problemi di sicurezza.
A marzo, inoltre, il rivenditore di elettronica Best Buy ha annunciato che smetterà di vendere i dispositivi Huawei.

Come è noto, le aziende cinesi nascondono in sé lo zampino del partito comunista e molto spesso operano in modo disonesto per appropriarsi di tecnologie e competenze di aziende estere.
Quanto a Huawei, i sospetti aumentano se si tiene conto che il suo amministratore delegato, Ren Zhengfei, è stato direttore dell’Accademia per l’Ingegneria Informatica dell’esercito cinese, col quale Ren ha collaborato anche la sua azienda di smartphone. Inoltre l’ex presidente della Huawei, Sun Yafang, prima esservi assunto nel 1992, aveva lavorato nel ministero della Sicurezza Statale (un servizio di spionaggio del regime comunista cinese),  in cui il suo compito era occuparsi dei rapporti con gli apparati militari di altri Paesi.

Il governo degli Stati Uniti – dopo vent’anni di guerra commerciale a senso unico – sta iniziando a rispondere al Pcc. E le conseguenze già terrorizzano il regime comunista cinese.

 

Articolo in inglese: Chinese Smartphone Maker ZTE in Dire Straits After US Ban on Exporting Tech Parts

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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