L’impegno di uno studente americano contro il prelievo forzato di organi in Cina

Quando il ventenne John Perry ha iniziato a praticare il Falun Gong a maggio, ha sentito il dovere di raccontare i pericoli che i praticanti devono affrontare in Cina. Ha quindi cercato una petizione da condividere con i propri cari e una in particolare l’ha colpito. 

Perry ha scelto la petizione della Dafoh (Doctors Against Forced Organ Harvesting, un’associazione internazionale no-profit di medici in difesa dell’etica nella medicina) perché chiede all’Alto commissario per i Diritti umani delle Nazioni Unite di far cessare la pratica del prelievo forzato di organi in Cina, una brutalità che ha come vittime prigionieri di coscienza di diversi credo spirituali ed etnie, soprattutto i praticanti del Falun Gong. «Stavo cercando la [petizione, ndr] più ufficiale possibile da far firmare ai miei familiari», ha dichiarato il ventenne. Oltre alla cessazione del prelievo forzato di organi, nella petizione si legge anche che chiede «la fine della persecuzione nei confronti del gruppo spirituale del Falun Gong, vittima principale del prelievo forzato di organi» (per inciso: la Cina non ha un sistema di donazione di organi, ma dal 1999 i trapianti sono aumentati in maniera esponenziale. Il 1999 è proprio l’anno in cui il regime comunista ha iniziato a perseguitare i praticanti del Falun Gong). 

Da qualche anno la Dafoh promuove questa petizione e il 30 novembre 2015 era l’ultimo giorno entro cui è stato possibile presentare le firme: «questo sarà il quarto anno che presentiamo la petizione – ha scritto in un’e-mail il portavoce della Dafoh, il dottor Damon Noto, che esprime soddisfazione e speranza – Nei tre anni passati abbiamo raccolto circa due milioni di firme. Eppure non è giunta ancora nessuna risposta ufficiale dall’ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite. Tuttavia, molti altri funzionari e uffici governativi hanno preso nota di questa enorme risposta del pubblico. L’iniziativa degli studenti a livello universitario è fantastica; dimostra che le persone di qualsiasi sfera sociale sono sconvolte dall’inaccettabile pratica del prelievo forzato di organi e vogliono vedere la fine di questo abuso». 

«LO DEVO FARE IO» 

Perry sta studiando Scienze informatiche alla Georgia Tech University e ha parlato a tutti i suoi cari di questo crimine contro l’Umanità: «Prima i miei familiari, poi tutti i miei amici; tutti hanno firmato la petizione». Ma Perry è andato oltre: ha riservato uno spazio nella ‘zona della libertà di espressione’ della sua università, un’area pavimentata vicino al centro studenti, per tenere un’attività informativa e poi ha inviato un’e-mail ad altri praticanti del Falun Gong di Atlanta, che lo hanno sorpreso: «Ho ricevuto di più della risposta che mi aspettavo. Questo mi ha insegnato molto». 

Quando è tornato a scuola, Perry ha raccontato a molte persone delle violazioni dei diritti umani da parte del regime comunista cinese: «Ho pensato: “non c’è nessun altro che lo fa, quindi lo devo fare io”». E quando voleva un aiuto, lo otteneva sempre: «Guardando indietro, mi sono reso conto di quanto sia potente il lavorare assieme». Per esempio, il 16 e il 17 novembre Perry è stato aiutato da quattordici persone, tra cui anche due donne anziane provenienti dalla Cina; nessuna delle due parlava inglese ma Perry pensava che potessero comunicare ugualmente con alcuni dei numerosi studenti cinesi dell’università. E le due anziane signore infatti ce la facevano, sorridendo e a volte posando la mano sul braccio di Perry, con un atteggiamento materno. Se una persona non parlava cinese, le due signore chiedevano a un vicino che parlava inglese di unirsi alla conversazione. Per esempio uno studente, dai tratti asiatici, aveva detto «mi dispiace, non la capisco»; era infatti nato in America e sebbene avesse origini cinesi, non l’aveva mai imparato. Ma alla fine, nonostante le incomprensioni iniziali, ha compreso il problema e ha firmato la petizione. 

Perry ha poi raccontato di aver ricevuto il sostegno di molti passanti. Per esempio «un tizio ha addirittura gridato il suo sostegno. Era come se sapesse quanto fosse importante». Oppure una donna di nome Alicia, che stava visitando il campus dalla piccola cittadina della Georgia centrale di Statesboro, aveva preso il foglio della petizione per portarlo a casa e farlo firmare ai propri cari: «Sono così felice che stiate facendo questo», aveva detto la donna al ragazzo; un africano che si trovava nei paraggi non ha esitato, e non appena ha sentito parlare della petizione ha firmato. Perry si è anche comportato con premura e altruismo: per aiutare a rispondere alle domande dei passanti, ha stampato alcuni materiali informativi relativi al prelievo d’organi in Cina.

«NON ABBIAMO RAGIONE DI MENTIRE» 

Numerose persone hanno sostenuto la petizione, ma c’è stato anche qualcuno che non ha voluto firmare. Per esempio un cinese ha contestato i fatti relativi al prelievo forzato di organi finanziato dallo Stato cinese: gridava contro Perry e lo malediceva, ma il giovane manteneva un atteggiamento calmo e amichevole. «Sembrava che fosse arrabbiato perché eravamo lì fuori», ha spiegato Perry – ma è difficile dire per cosa fosse arrabbiato». Il giovane ha poi spiegato che l’uomo gli aveva fatto sapere di aver scritto un resoconto che negava i rapporti sul prelievo di organi, e sembrava che si sentisse personalmente attaccato quando aveva visto che alcune persone sensibilizzavano su questo tema. Ma Perry gli ha subito chiarito: «Non abbiamo niente da guadagnarci. Non abbiamo ragione per mentire».
In altre occasioni Perry ha affrontato altre difficoltà: «Ricordo un gruppo di donne cinesi. Gli ho offerto un volantino. Mi hanno deriso», ha detto il ventenne, che comunque va avanti e non si scoraggia – Devo fare tutto quello che posso». Perry continuerà a fare quello che può, come migliaia di altre persone come lui in tutto il mondo.

Il portavoce della Dafoh ha infatti reso noto che queste attività stanno ottenendo risonanza in tutto il mondo: «Recentemente, molti grandi organi di stampa, tra cui il New York Times e Yahoo, si sono occupati del problema del prelievo forzato di organi in Cina. Questo sta aiutando a rompere il silenzio su tale abuso. Sta anche aiutando a richiedere un’indagine indipendente e un accesso completo e trasparente a quello che è successo in Cina negli ultimi dieci anni», ha scritto Damon Noto. 

 

Articolo in inglese: ‘Student Leads Effort to Condemn Organ Harvesting

 
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