Gli orrori e la segretezza del carcere femminile di Pechino

Il carcere femminile di Pechino è avvolto nella segretezza. La sua posizione non è visibile nei sistemi di navigazione, e come altre prigioni, è stato posto in isolamento a causa della pandemia di Covid-19 all’inizio di quest’anno. Le prigioniere e le guardie sono state costrette al silenzio per evitare la fuga di informazioni, mentre fonti interne hanno descritto la prigione come un «inferno in terra».

Nascosto ai sistemi di navigazione

Nel distretto di Daxing, a sud di Pechino, lungo il fiume conosciuto come Tiantang, ci sono degli edifici circondati da recinzioni di sicurezza e fili spinati: il carcere femminile di Pechino. Non è facile trovarne la posizione su un navigatore, ma lì dentro ci sono migliaia di detenute adulte e circa 400 persone tra guardie di sicurezza e lavoratori vari.

All’inizio di quest’anno, il carcere è stato chiuso per arginare la diffusione del virus del Pcc, poiché il 21 febbraio 505 detenute provenienti da prigioni di tre diverse province della Cina sono risultate positive.

Nascosto un’incidente mortale

Una fonte interna ha riferito a Epoch Times che intorno a mezzogiorno del 19 marzo 2003, la praticante del Falun Gong Dong Cuifang è stata trascinata in un’unità isolata nel carcere femminile di Pechino priva delle telecamere di sorveglianza.

Il Falun Gong, noto anche come Falun Dafa, è una pratica spirituale e di meditazione che è stata vietata nel luglio 1999 per ordine dell’allora leader del Partito comunista cinese Jiang Zemin.

La Dong, che all’epoca aveva 29 anni, era un medico dell’Ospedale Shunyi per Donne, Bambini e Anziani di Pechino. È stata arrestata illegalmente dalla polizia per aver praticato il Falun Gong e condannata a sette anni di carcere; dopo otto giorni, è deceduta.

Anche se l’autopsia ha indicato che la Dong è morta di trombosi polmonare e che le ferite sul suo corpo sarebbero «autoinflitte», le prove invece mostrano che è stata gravemente picchiata dalle guardie carcerarie prima di essere mandata in ospedale. La madre ha notato che le sue gambe e le sue braccia erano gonfie e coperte di lividi, e la sua spalla destra era lussata.

La prigione aveva minacciato i genitori, dicendo loro di non fare appello e di non informare nessun praticante del Falun Gong. I genitori della Dong hanno ricevuto meno di 80 mila yuan (sui 9 mila 700 euro) come risarcimento, ed è stato ordinato loro di non rivelare alcuna informazione sulla morte della figlia.

Nonostante questo (e tante altre storie), il carcere femminile di Pechino, da quando è stato costruito nel 1999, sostiene però di non aver mai avuto «morti anomale» tra le detenute.

Nel 2004, le informazioni sulla morte della Dong sono trapelate perché una detenuta ha menzionato l’incidente durante una visita di famiglia. Di conseguenza, le autorità carcerarie hanno imposto regole severe all’intera sezione carceraria (denominata «sezione tre»), dove era incarcerata. Per esempio, alle detenute era proibito parlare tra di loro nella loro cella.

La zona di amministrazione militare del carcere femminile di Pechino, nel marzo 2020 (The Epoch Times)

Condizioni carcerarie tenute segrete

È severamente vietato divulgare qualsiasi informazione sul carcere femminile di Pechino ed è responsabilità della direzione del carcere garantire che le informazioni non trapelino. Le detenute sono sempre sotto sorveglianza e si controllano l’un l’altra: tre detenute sono incaricate di monitorarne una. Ogni detenuta deve tenere un diario per l’introspezione e riferire i propri pensieri alle guardie carcerarie.

Anche le guardie carcerarie sono sotto stretto controllo e devono attenersi a una serie di regole e regolamenti: il loro comportamento e i loro pensieri sono attentamente monitorati.

Le guardie sono dotate di telefoni cellulari, ma devono lasciarli nello spogliatoio e non portarseli nell’area del carcere.
Le informazioni esterne sono censurate. Eventuali volantini, lettere e altri documenti ottenuti dalle guardie devono essere consegnati alla prigione. L’unica fonte di notizie è la Cctv (China Central Television), un’emittente mediatica statale.

Tutti i telefoni del carcere sono monitorati, compreso Internet. L’app WeChat è vietata. Alle guardie carcerarie è inoltre proibito pubblicare o commentare su WeChat o Weibo.

Argomenti ritenuti sensibili dal Partito comunista cinese (Pcc), come la pandemia del virus del Pcc e il Falun Gong, sono tabù. Il personale del carcere è sorvegliato molto attentamente e sta attento a non aggirare il Grande Firewall, il sofisticato meccanismo di censura online del regime.

Ogni guardia carceraria ha due compleanni

Ci sono 400 guardie carcerarie nel carcere femminile di Pechino e il 74 per cento sono membri del partito comunista. Xing Mei, l’attuale direttore della prigione, ritiene che ogni membro del Partito abbia due compleanni: uno è la data di nascita e l’altro è il «compleanno politico» (il giorno in cui l’individuo è diventato membro del partito). Il giorno del loro compleanno politico, devono rinnovare e rafforzare i loro voti al Partito. In altre parole, promettono la loro fedeltà al Pcc.

Secondo la fonte informata, il segretario del ramo del partito della «sezione tre» della prigione è Zhang Haina, che sostiene di essere «a favore del Partito senza rimpianti». La maggior parte delle guardie della sezione tre sono membri del Partito. Attualmente, la sezione tre contiene tutte le praticanti del Falun Gong e le cristiane arrestate per motivi religiosi.

Fonti interne hanno rivelato che le detenute della «sezione tre» sono state sottoposte a lavaggio del cervello, abusi fisici e lavori forzati. Le forme di punizione sono disumane. Per esempio, Zhao Liuji, una praticante del Falun Gong di 66 anni, è stata picchiata mentre era priva di sensi, e le sue cosce sono rimaste gravemente contuse. Zhang Yinying, una praticante del Falun Gong di 70 anni, è stata tenuta in una cella con altre criminali che la maltrattavano di nascosto riempiendole i pantaloncini di appunti scritti con parole che calunniavano il Falun Gong.

Alle praticanti del Falun Gong non è permesso parlare con le altre, altrimenti vengono costrette a scrivere un saggio di «auto-correzione» di non meno di tre pagine per due settimane. Se il saggio è di meno di tre pagine, a tutte le detenute di quella sezione non sarà permesso dormire.

Alle praticanti del Falun Gong non è permesso nemmeno il contatto visivo tra loro, altrimenti vengono attaccate verbalmente dalle detenute e costrette a copiare «Il Pensiero di Xi Jinping»: l’ideologia comunista del leader cinese.

Negli ultimi due anni, il carcere femminile di Pechino si è concentrato sul lavaggio del cervello delle detenute con l’ideologia politica comunista. Le detenute e le guardie sono costrette ad accettare ed esprimere le loro opinioni sui «vantaggi di un sistema socialista con caratteristiche cinesi». Le detenute sono rieducate e portate a a prestare giuramento di fedeltà al Partito Comunista. I programmi televisivi mostrano solo notiziari a circuito chiuso, l’educazione politica comunista e le esibizioni di canto che onorano il Partito. Prima di ogni pasto, le detenute devono cantare canzoni che lodano il Pcc.

Durante la pandemia del virus del Pcc, le detenute hanno smesso di fare lavori forzati, ma sono state costrette ad ascoltare le autorità carcerarie che predicavano la propaganda del regime sulla gestione della pandemia. Pechino ha intensificato le campagne di disinformazione contro gli Stati Uniti per rafforzare la sua immagine, nel tentativo di distogliere l’attenzione internazionale dalla gestione della pandemia. Secondo la fonte interna, alcune detenute hanno detto: «È meglio lavorare che subire il lavaggio del cervello ogni giorno!»

Le guardie non hanno libertà

La fonte interna ha spiegato che anche le guardie si lamentano tra di loro perché si sentono prigioniere a causa dei lunghi orari di lavoro, della mancanza di libertà e della paura di essere punite per aver violato le regole, ad esempio parlando di questioni delicate, come la pandemia.

Durante la pandemia, molte guardie carcerarie hanno lavorato ininterrottamente per due mesi senza prendere una pausa e non hanno potuto contattare la loro famiglia attraverso WeChat, ma solo parlarci per mezzo del telefono della prigione. Le guardie che erano fuori servizio non potevano lasciare le loro case e quando tornavano al lavoro, dovevano rimanere in auto-quarantena nel dormitorio della prigione per 14 giorni prima di entrare nell’area del carcere.

Ora che la seconda ondata della pandemia è a Daxing, la città è diventata una zona ad alto rischio a Pechino. Secondo fonti interne, la maggior parte delle guardie carcerarie vive a Daxing. Quando le guardie tornano a casa, sono tenute a riferire ogni giorno alla prigione dove si trovano, il che preclude la loro libertà.

 

Articolo in inglese: Beijing Prison Takes Extreme Measures to Prevent Information Leaks

 
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