Gli ennesimi ‘colpevoli’ dell’omicidio Regeni che non si possono interrogare

Abbiamo trovato gli assassini di Regeni. Però sono morti. Avevano ancora tutti i suoi documenti in casa. Erano dei ladri‘. La versione fornita dall’Egitto fa alzare diverse sopracciglia tra l’opposizione stessa del Paese e le autorità italiane. Il governo egiziano ha affermato che le forze dell’ordine hanno ucciso in uno scontro a fuoco gli appartenenti a una banda specializzata in rapimenti di stranieri a scopo di furto. Si travestivano da poliziotti e con la scusa di un controllo portavano via le persone.

Oltre al passaporto e ad altri documenti di Regeni (tra cui una carta di credito), è stato rinvenuto un portafoglio da donna con la scritta ‘Love‘ e una «sostanza scura che sembra hashish», riportano i media egiziani. Tutti questi oggetti erano contenuti in una borsa rossa con una bandierina italiana.

La banda avrebbe rapinato diversi egiziani, un nigeriano chiamato Rasheed G., un portoghese chiamato Carlos M., e un certo David K. italiano. Gli effetti personali di Regeni sarebbero stati rinvenuti a casa della sorella del capo della banda. E proprio la sorella avrebbe anche raccontato alla polizia dei crimini di suo fratello.

In Egitto una parte del popolo apprezza il lavoro della polizia: «Dobbiamo ringraziare la polizia – dice Bassem Amin su Twitter, citato da Egypt Independent (EI) – proprio come la critichiamo quando commettono degli abusi; specialmente se si considera che Regeni non è stata l’unica vittima della banda, specializzata in furti a danno di stranieri».

Ma molte cose non tornano: «Interessante come la banda, specializzata in rapine agli stranieri sotto coercizione, abbia torturato a morte Regeni dopo averlo rapito e poi abbia deciso di conservare a casa come souvenir il suo passaporto e la carta di identità dell’università – commenta ironico l’attivista Wael Ghonim su Facebook, secondo EI – pur sapendo che i media locali e internazionali parlano giorno e notte dell’incidente, e che gli apparati di sicurezza sono alla ricerca dei killer».

Inoltre non torna perché mai, se si fosse trattato di una rapina, il ragazzo sarebbe stato torturato. Forse addirittura per più giorni di fila. Solo per estorcergli il pin della carta di credito? Non può essere escluso, ma rimangono forti dubbi.

Per finire, i testimoni veri e propri, che avrebbero potuto raccontare il loro presunto crimine, sono stati uccisi. I genitori del ragazzo si sfogano: «Siamo feriti ed amareggiati dall’ennesimo tentativo di depistaggio da parte delle autorità egiziane». Secondo il Corriere si dicono però «certi della fermezza con cui saprà reagire il nostro Governo a questa oltraggiosa messinscena».

Continua intanto il lavoro della magistratura italiana, curato dal magistrato Giuseppe Pignatone: «La Procura di Roma – dichiara a Repubblica – ritiene che gli elementi finora comunicati dalla Procura egiziana al team di investigatori italiani presenti al Cairo non siano idonei a fare chiarezza sulla morte di Giulio Regeni e a identificare i responsabili dell’omicidio».

È «quindi necessario che le indagini proseguano, come del resto si evince dal comunicato appena diramato dal ministero dell’Interno egiziano». La parte italiana quindi «rimane in attesa che la Procura generale del Cairo trasmetta le informazioni e gli atti, da tempo richiesti e sollecitati, e altri che verranno richiesti al più presto in relazione a quanto prospettato ai nostri investigatori».

Qualcuno in Egitto si dispiace anche per i presunti criminali. Mohamed al-Naggar, scrive su Twitter, citato da EI: «Tutti dimenticano che ci sono cinque persone che sono state uccise come se non valessero niente e non meritassero un processo».

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