Gli appelli in Australia per fermare il prelievo illegale di organi in Cina

SYDNEY— I politici australiani devono prendere una posizione molto più chiara nei confronti del prelievo forzato di organi in Cina. In caso contrario il rischio è di divenire complici di uno dei peggiori crimini mai perpetrati contro l’umanità.

Stephen Sim, conduttore radiofonico di Northside Radio di Sydney, ha da lungo tempo sollecitato l’intervento delle autorità per fermare questa pratica – il prelievo forzato di organi da prigionieri ancora in vita in Cina. Ha inoltre aggiunto che non c’è un politico australiano che non sia a conoscenza di questo orrendo abuso dei diritti umani.

«Sto dicendo che l’essere a conoscenza di un qualcosa che sta accadendo e non prendere dei provvedimenti a riguardo, rende loro altrettanto colpevoli», ha detto in un’intervista telefonica.

I commenti del signor Sim giungono dopo aver visto il documentario canadese Human harvest: China’s organ trafficking [Prelievi dagli uomini: il traffico degli organi in Cina, ndt], nel corso del programma d’informazione Dateline sulla televisione statale Sbs, il 7 aprile 2015.

Lo straziante documentario è stato realizzato dopo che alcune indagini condotte da avvocati per i diritti umani, medici e ricercatori hanno rivelato una vasta industria del prelievo illegale di organi in Cina. In questa pratica, nella quale ospedali militari e statali sono attori principali, vengono rimosse le parti del corpo di decine di migliaia di prigionieri politici mentre sono ancora in vita.

PAURA E AVIDITÀ

L’Australia è stata a lungo criticata per il suo atteggiamento tiepido nei confronti delle questioni sui diritti umani in Cina; ciò è dovuto al timore del Paese di compromettere i suoi rapporti commerciali, altamente redditizi.

Il primo ministro australiano Tony Abbott ha ammesso questo concetto in una conversazione, trapelata lo scorso anno, con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Secondo quanto riportato la scorsa settimana della società mediatica Fairfax Media, Abbott avrebbe confidato alla Merkel che i rapporti politici dell’Australia con la Cina erano un misto di due emozioni, «paura e avidità».

L’avidità deriva dalla portata degli affari commerciali che l’Australia ha stretto con la Cina, mentre la paura probabilmente deriva dal crescente potere economico dello Stato comunista e dalla sua crescente minaccia sulla sicurezza nella regione.

Il signor Sim, ex presidente della stazione radio Fm 99,3 di Sydney dove tuttora lavora come conduttore, ha detto di aver osservato altri Paesi sviluppare armi quali cannoni, missili o bombe atomiche con l’intento di esercitare il proprio potere; tuttavia ritiene che la Cina stia brandendo un’arma ancora più potente.

«Il governo cinese ha messo a punto un’arma più sinistra di tutte le altre armi messe assieme, ovvero l’arma del commercio», ha detto il signor Sim, che dice di rabbrividire ogni volta che viene annunciato un accordo commerciale o un grosso affare nell’industria mineraria della Cina.

«È una sorta di minaccia velata. Semplicemente si fanno le cose alle loro condizioni, che includono la violazione dei diritti umani. Li solleva da ogni responsabilità».

Bob Vinniecombe, ex candidato del partito One Nation, ritiene che i politici australiani abbiano molto di cui rispondere riguardo alla loro mancata presa di posizione contro «il saccheggio degli organi in Cina».

Vinniecombe elenca alcuni politici che denunciano continuamente gli abusi dei diritti umani in Cina, tra cui il membro del consiglio legislativo di Stato David Shoebridge e il parlamentare Jamie Parker, e nella città di Canberra i senatori Nick Xenophon e John Madigan, e i parlamentari Michael Danby e Andrew Wilkie.

«Accuso tutti gli altri deputati del Nuovo Galles del Sud, quelli federali e la maggior parte dei media australiani con l’eccezione della Sbs, di essere negazionisti dell’olocausto cinese – per il loro silenzio nei confronti della pratica del prelievo di organi messa in atto dal Partito Comunista cinese», ha detto dopo la messa in onda del documentario durante una manifestazione tenutasi a Sydney il 16 aprile 2015.

PRESI DI MIRA I PRIGIONIERI DI COSCIENZA

Sebbene i prigionieri nel braccio della morte siano stati a lungo utilizzati per i trapianti in Cina, questo non poteva giustificare quell’improvviso eccesso di organi che con circa 11 mila interventi all’anno hanno portato la Cina a essere il secondo Paese al mondo per numero di trapianti.

Il documentario fa un parallelo tra l’aumento di interventi e la persecuzione dei praticanti del Falun Gong, che dal 1999 sono stati arrestati e detenuti a migliaia senza alcuna imputazione. I praticanti, riconosciuti per il loro stile di vita sano e per i benefici fisici apportati dalla loro disciplina di qigong, sono stati considerati una buone fonte per i trapianti d’organi.

Nel documentario viene esposta la conversazione, registrata in segreto, di un chirurgo cinese mentre risponde alle domande sui possibili trapianti. Quando gli è stato chiesto se fossero disponibili organi dei praticanti del Falun Gong, il medico ha risposto di avere la possibilità di attingere agli organi provenienti da questa fonte.

Alcuni praticanti del Falun Gong, arrestati e torturati nei campi di lavoro forzato in Cina e che attualmente risiedono a Sydney, sono diventati dei testimoni viventi di questa pratica. Raccontano di essere stati sottoposti, durante la detenzione, ad accurate visite mediche ed esami del sangue senza alcuna ragione apparente. Parlando alla manifestazione di Sydney, hanno raccontato che è stato solo più tardi, quando ormai erano riusciti a lasciare la Cina, che si sono resi conto che quei test erano quelli richiesti per i trapianti d’organi.

Il giovane Liu Jintao, ex studente dell’University of Petroleum di Pechino, è stato detenuto per due anni dopo essere stato arrestato nel 2006, poiché pratica il Falun Gong. Ha raccontato di essere stato brutalmente torturato e picchiato, ma ricorda ancora chiaramente un funzionario di polizia che urlava ai delinquenti detenuti nella struttura che lo picchiavano di stare attenti a non danneggiare i suoi organi.

«Il funzionario non diceva: ‘Non fate del male a questo ragazzo’ ma piuttosto: ‘Non lesionate i suoi organi’», ha raccontato il signor Liu a Epoch Times nel corso della manifestazione.

ANCORA TANTO DA FARE

Epoch Times è stato il primo media a fornire una testimonianza sulla pratica del prelievo illegale d’organi in Cina. Nel 2006 una donna ha contattato Epoch Times dicendo che il lavoro del marito era di rimuovere le cornee dai praticanti del Falun Gong mentre erano ancora in vita.

Nel documentario Human harvest, la donna, che chiameremo Annie, racconta al regista canadese del film Leon Lee che suo marito ha rimosso le cornee a duemila prigionieri mentre erano ancora in vita.

«Quando i corpi dei praticanti venivano bruciati segretamente nell’inceneritore che si trovava nel locale della caldaia, alcuni di loro erano ancora in vita», racconta.

Graham Perrett, deputato laburista del Queensland, ha detto che il documentario mandato in onda dalla Sbs denota che la consapevolezza pubblica su questa pratica è in aumento, ma ha riconosciuto che c’è ancora molto da fare.

«Stiamo cercando di persuadere il ministro degli Esteri Julie Bishop affinché presenti una rimostranza a Pechino, con l’intento di mettere fine a questa pratica», ha detto a Ntd Television.

Il signor Perrett ha osservato che per gli Australiani procurarsi organi illegalmente, sia in Australia che all’estero, è un crimine, tuttavia ritiene che quelle ong come Amnesty International, Human Rights Watch, le Nazioni Unite e anche le autorità cinesi possano fare di più fermare il terribile traffico di organi in Cina.

«Un buon Governo ascolta sempre il popolo. Dovrebbe essere fatto un opportuno sondaggio tra le persone», ha concluso il signor Perret.

Articolo in inglese: ‘Calls to Stop Illegal Organ Harvesting in China

 
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