Giudici della verità privata contro Donald J. Trump

La corte emette il verdetto senza processo. Trump ha davvero istigato violenze?

Twitter sospende in via definita l’account di Donald Trump per «il rischio che inciti ulteriormente la violenza». Frase riportata da molti quotidiani nazionali e internazionali.

Ma le frasi ritrasmesse sono importanti, soprattutto se incluse tra virgolette ad indicare una citazione ufficiale.

Perché le parole pesano, e le parole hanno una o più definizioni a seconda dei contesti nei quali vengono usate, almeno prima che qualcuno decida di cambiarne la definizione come faceva il regime descritto da Orwell in 1984.

Inciti «ulteriormente alla violenza» non è una semplice illazione, ma un’accusa politica ferma.

Anzi, più che una semplice accusa è una sentenza emessa su di un personaggio che, almeno sulla carta, dovrebbe avere un peso leggermente superiore a chi detiene una società di comunicazione che si nasconde dietro alla parvenza di dare la parola al popolo tramite un social network. E che su questo lucra guadagnando miliardi.

Perché cercando sul Garzanti l’avverbio ‘ulteriormente’ troviamo al primo lemma la seguente definizione:

1. che segue a un altro, che si aggiunge ai precedenti: ricerche, indagini ulteriori; gli ulteriori sviluppi della situazione.

Quindi c’è stato qualcosa di precedente: Trump avrebbe incitato alla violenza in precedenza, e i giudici di Twitter, dall’alto della propria posizione non istituzionale hanno certificato la cosa e hanno emesso la sentenza: «Trump sospeso indefinitamente da Twitter».

Bandito da un network che concede la parola a chi fa loro comodo.

Ma dove sono le prove dell’incitazione alla violenza, cari signori autoproclamati giudici della verità? Quali sono le accuse che includono le esatte dichiarazioni di incitamento alla violenza proferite da Donald J. Trump?

Dove sono le prove? Quelle strane cose che servono in una società civile per determinare se qualcuno è colpevole o innocente? Quali sono le pesanti parole di violenza proferite da questo mostro violento che metterebbe in pericolo la società civile?

Ascoltando tutti i suoi discorsi e leggendo i suoi tweet, non se ne trovano.

Almeno niente di più o di meno delle incitazioni (non violente) espresse da qualsiasi politico ad una manifestazione popolare. Si trovano, invece, ripetuti messaggi in cui il presidente ha chiesto pace e si è espresso contro le violenze al Campidoglio.

Ma quella emessa contro di lui è una sentenza senza processo: un media privato che censura una delle persone maggiormente votate nella storia del più grande Stato libero della società occidentale. Una censura in perfetto stile cinese, presa forse dal Libretto Rosso di Mao.

Perché se incitare alla libertà e a non sottostare a ingerenze private che stravolgono la volontà popolare significa incitare alla violenza, dovremmo mettere sotto accusa direttamente Martin Luther King a fianco di George Washington. E con loro condannare qualunque leader che in un comizio politico abbia mai chiamato il popolo a ribellarsi non violentemente contro il controllo occulto di pochi interessati, per lottare verso la libertà di tutti.

Non serve nemmeno parlare di Joe e Kamala. Qualsiasi speaker che abbia mai arringato il popolo a fare qualcosa per la propria libertà. E che dire poi di chiunque abbia mai sostenuto Black Lives Matter e gli atti violenti dei quali l’organizzazione, che viene definita da alcuni membri al suo vertice ‘marxista’, si è resa complice e protagonista?

Forse anche lo stesso Ceo di Twitter Jack Dorsey che spalleggiava Blm secondo l’articolo apparso su ecelebrityfact.com già a novembre del 2016, esibendosi in una foto con il pugno chiuso insieme all’attivista Deray Mckesson. Lasciando con questo veramente poco spazio all’interpretazione della propria posizione politica.

Viviamo tempi bui. Se nemmeno il presidente degli Stati Uniti d’America ha la possibilità di parlare liberamente incitando il proprio elettorato a cambiare le cose, come ci si può aspettare che degli umili cittadini possano pensare di contare qualcosa?

Il messaggio è semplice.

Viene dall’alto.

Zitti e buoni. Così piacciamo ai novelli dittatori privati.

‘Abbiamo già zittito Trump, quindi voi miseri mortali non osate provare a cambiare le cose’.

 

L’autore dell’articolo, Gigi Morello, è nato a a Torino e ha vissuto diversi anni negli Usa. Musicista, didatta e regista televisivo musicale, ha scritto per diverse testate specializzate nel settore musicale. Ha fondato e diretto progetti umanitari no profit e riceve dalla Croce Rossa Italiana encomi per tre diverse iniziative. Ha pubblicato nel 2020 due libri dal titolo ‘Alleanza Anti Casta’ e ‘Illuminismo Illuminato per Tempi Oscuri’, editi da Amazon. Il 4 luglio 2020 ha Fondato ‘Sogno Americano’ il primo Movimento Americanista Italiano.

Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista dell’autore e non riflettono necessariamente quello di Epoch Times.

 
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