G20, concordata la riforma del Wto

I leader delle principali economie mondiali hanno deciso di riformare l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), cedendo in qualche modo al presidente americano, che aveva ripetutamente definito l’organizzazione un «disastro».

Il G20 di Buenos Aires si è infatti concluso il primo dicembre con un comunicato stampa congiunto che, tra le altre cose, ha riconosciuto la necessità di riformare l’organismo: «Il sistema attualmente non è in grado di raggiungere gli obbiettivi per cui è stato istituito, ma ci sono margini di miglioramento. Per questo siamo favorevoli alle riforme necessarie perché il Wto possa funzionare meglio. Valuteremo i progressi durante il nostro prossimo summit».

In diverse occasioni Trump aveva criticato l’organizzazione per i suoi regolamenti datati, divenuti poco adatti alla risoluzione delle dispute commerciali globali di oggi.
Inoltre, di recente, il governo statunitense ha intenzionalmente bloccato la nomina dei nuovi giudici dell’organo di appello dell’organizzazione, paralizzandone il sistema di conciliazione delle dispute. D’altronde non è la prima volta che gli Stati Uniti intraprendono una mossa simile: lo aveva fatto anche Obama, in risposta a una serie di decisioni non gradite agli Usa.

A differenza di Obama, però, Trump si è spinto fino a minacciare l’uscita degli Stati Uniti dall’organizzazione.

Protezionismo

I leader del G20 hanno inoltre accettato per la prima volta, su richiesta degli Usa, di rimuovere dal comunicato riferimenti al combattere il protezionismo commerciale, oramai diventati parte integrante di tutti i comunicati del Gruppo dei 20. In passato, infatti, i Paesi del G20 avevano dichiarato che «la responsabilità di rifiutare il protezionismo in tutte le sue forme» fosse uno dei propri «valori chiave». Quello che è cambiato oggi è che Trump sta impiegando i dazi come mezzo per combattere la Cina, e per rispondere a una serie di pratiche commerciali scorrette da parte del Dragone Rosso.

E infatti il gigante asiatico, che non intendeva incassare una sconfitta completa, è riuscito a far escludere dal comunicato l’espressione ‘pratiche commerciali scorrette’, alla quale si era opposto anche durante il summit della Cooperazione economica asiatico-pacifica, sospettando – con fondamento – che fosse rivolta al proprio Paese.

Ed è stata proprio quell’espressione a portare allo stallo l’incontro dell’Apec in Papua Nuova Guinea, che per la prima volta nella Storia non ha prodotto un comunicato congiunto.

Monitoraggio del debito

Il comunicato del G20 ha fatto riferimento inoltre alle crescenti preoccupazioni in merito alle pratiche di finanziamento, inclusi i finanziamenti delle infrastrutture:
«Chiediamo al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale di lavorare con i debitori e i creditori per perfezionare la registrazione, il monitoraggio e la trasparenza dei resoconti sulle obbligazioni dei debiti pubblici e privati».

È noto che il governo Trump critichi da tempo l’ambizioso piano di sviluppo internazionale di Pechino, conosciuto come la ‘Nuova Via della Seta’, e nello specifico che quest’ultimo possa trasformarsi in una ‘trappola del debito’ per molti Paesi emergenti dell’Asia centrale e meridionale.

Per collegare Asia, Africa ed Europa, la Nuova Via della Seta prevede la realizzazione di progetti colossali che verrebbero finanziati principalmente dal governo cinese e da istituzioni controllate dallo stesso. I critici temono che il regime cinese stia usando la cosiddetta ‘diplomazia del debito’ per guadagnare influenza politica ed economica su altri Paesi e ‘comprare’ il loro silenzio sulle violazioni umanitarie che avvengono all’interno dei suoi confini.

Il segretario al tesoro degli Stati Uniti Steven Mnuchin in passato aveva parlato dell’incombente crisi del debito nella regione Asia-Pacifico, e puntato il dito verso la Cina, definendola un «creditore sovrano emergente non trasparente».

I leader del G20 hanno accettato di collaborare per risolvere «le vulnerabilità del debito nei Paesi a basso reddito. […] Lavoreremo per aumentare la trasparenza e la sostenibilità dei debiti, e perfezionare le pratiche finanziarie sostenibili».

Incontri bilaterali

Durante il G20 Trump ha tenuto diversi meeting bilaterali con i principali partner degli Usa e ha preso parte al primo meeting trilaterale tra Stati Uniti, Giappone e India. I leader hanno discusso di come rafforzare la collaborazione e realizzare un’area Indo-Pacifica libera e aperta. L’incontro è stato visto come una sorta di cooperazione contro la Cina, dal momento che tutti e tre i Paesi sono preoccupati per il crescente potere di Pechino.

Trump ha incontrato anche la cancelliera tedesca Angela Merkel per discutere di «questioni commerciali, multilaterali, del commercio equo, e dell’Organizzazione mondiale del commercio».
Durante il recente G7 tenutosi in Canada a giugno, Trump era stato criticato dai leader europei (Merkel compresa) per via della sua politica commerciale. La cancelliera tedesca aveva sfidato infatti il presidente americano postando su internet una foto di lei che lo fissava durante un meeting, scatenando così un piccolo contenzioso diplomatico.

Tuttavia, sia Trump che la Merkel hanno usato toni completamente diversi al G20, tanto che durante la conferenza stampa congiunta Trump ha definito la cancelliera «amica», affermando che tra di loro c’è «un’ottima intesa». Per Trump il G20 è servito a fare «grandi progressi con molte nazioni».

Infine, Trump ha tenuto un incontro bilaterale con il leader cinese Xi Jinping, durante il quale le due parti hanno concordato una tregua commerciale. Xi ha garantito che avrebbe varato riforme strutturali entro i prossimi tre mesi, per affrontare alcuni problemi che Washington indica da molto tempo: quelli relativi alle pratiche commerciali scorrette del regime comunista cinese, come il trasferimento forzato di tecnologia, il furto di proprietà intellettuale, e l’accessibilità limitata del mercato interno cinese.

 

Articolo in inglese: Trump’s G-20 Win: World Trade Organization Reform

 
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