«Far conoscere ai cinesi le bugie del Pcc», la missione di una donna coraggiosa

Di Catherine Yang

Non sono soltanto alcuni occidentali a rendersi conto solo ora della portata dell’influenza del Partito Comunista Cinese (Pcc) e dei suoi inganni: numerosi cinesi che vivono nella Cina continentale si trovano nella stessa situazione.

Per quasi 20 anni, Jianglan Xiao ha scelto come missione quella di condividere la verità con il popolo cinese. Lavorando dalla California, cerca di mettere in guardia la gente in Cina dalle menzogne del Pcc. E adesso, col diffondersi del virus del Pcc (comunemente noto come coronavirus), sembra che i cinesi stiano iniziando ad ascoltare davvero con attenzione le sue parole.

Il Partito Comunista Cinese è capace di compiere senza nessuna esitazione atti vili e malvagi, anche in pieno giorno sotto gli occhi di tutti, racconta Xiao, che è cresciuta in Cina: «Lo so, perché conosco il Pcc». Il padre di Xiao infatti era preside di una scuola e, come  tutti gli altri intellettuali, durante la Rivoluzione culturale degli anni ’60 e ’70 è stato mandato nei campi di lavoro per essere rieducato, ma non prima, certo, di essere stato denunciato pubblicamente e umiliato in quanto intellettuale e borghese decadente.

Questa era la norma per tutti gli studiosi e gli intellettuali. Da bambina, Xiao non capiva cosa stesse succedendo; pensava solo che se tutti dicevano che suo padre era cattivo, lui doveva esserlo davvero. Per anni si è vergognata di lui e non ha voluto nemmeno chiamarlo padre.

Questo è il livello di lavaggio del cervello che il Pcc è in grado di raggiungere. Non avendolo mai sperimentato in prima persona, pochi in Occidente possono capire questo condizionamento mentale.

La svolta

Ma, nel 1998, il mondo di Xiao è cambiato. Un gentile dentista che aveva incontrato, e che le aveva fatto una buona impressione, le ha regalato un libro, che è una vera e propria guida per diventare una persona migliore, come ha subito compreso Xiao dopo averlo terminato: era lo Zhuan Falun, testo principale della pratica spirituale del Falun Gong (noto in Occidente come Falun Dafa), che insegna i principi «universali» di Verità, Compassione e Tolleranza. Xiao si è resa subito conto che queste tre parole erano completamente in contrasto con la ‘cultura del Partito’ a cui era abituata; tuttavia, sentiva profondamente che erano i valori che voleva seguire, perciò ha iniziato a praticare ogni giorno i cinque esercizi di meditazione del Falun Gong, seguendone i principi.

Un anno dopo si è sposata e si è trasferita negli Stati Uniti, ma pochi mesi dopo il suo trasferimento le sono arrivate delle notizie sconvolgenti: la sorella le ha detto che in Cina il Falun Gong era stato ufficialmente vietato dal Partito Comunista Cinese, e che coloro che si rifiutavano di rinunciare alla pratica venivano messi in prigione e mandati nei «campi di rieducazione»; in altre parole, in centri dove si subisce il lavaggio del cervello.

Secondo le stime del 1999, il numero dei praticanti del Falun Gong in Cina era arrivato a 70-100 milioni di persone; la cifra superava i membri iscritti al Partito Comunista Cinese.

Xiao ne è rimasta sconvolta, ben sapendo di cosa fosse capace di fare il Pcc, e perché capiva che il Partito non avrebbe permesso che qualcosa di così antitetico alla sua cultura di violenza e di lotta prosperasse: «La Falun Dafa ci insegna ad essere brave persone. Ma il Pcc non vuole che noi siamo brave persone».

Per Xiao, le azioni compiute dal Pcc nel perseguitare il Falun Gong hanno confermato e sancito il fatto che il Partito è schierato a favore del male: come potrebbe altrimenti opporsi a una disciplina che insegna verità, compassione e tolleranza? Ma non solo, il regime ha iniziato una feroce campagna di propaganda mediatica basata su menzogne, che ha ingannato la maggior parte dei cittadini cinesi, facendo loro credere che la persecuzione della pacifica pratica fosse doverosa e giustificata.

Telefonate in Cina

Nel 2001, dalla sua casa in California, Xiao e un anziano vicino di casa hanno iniziato a telefonare alle persone in Cina, per cercare di condividere con loro la verità.

Racconta: «Questo succedeva prima che avessimo i cellulari. Alcune persone ci rimproveravano e ci maledicevano, e a volte abbassavo la cornetta solo dopo che avevano esaurito ogni energia nell’insultarmi. Alcuni però ascoltavano, e altri credevano veramente a quello che dicevo».

Tutti i media in Cina sono gestiti dallo Stato e pubblicano la stessa propaganda del Partito. Non avendo nessun altro a cui rivolgersi per informazioni, tutti quelli con cui Xiao ha parlato avevano creduto alle menzogne del Partito, «ma», ha detto, «dovevamo far loro sapere [la verità, ndr]».

In quei primi anni, Xiao ha fatto tantissime telefonate durante il tempo libero; e, negli ultimi dieci anni, ha dedicato una intera mattina a settimana per le telefonate in Cina. Da quando si è diffuso il virus del Pcc, ha cercato di fare ancora di più ogni volta che ha potuto.

Come lei, anche altri praticanti del Falun Gong che vivono all’estero cercano di chiamare le stazioni di polizia e i centri coinvolti nella persecuzione del Falun Gong. Spesso parlano proprio con le persone direttamente coinvolte nella repressione, che dicono di avere l’ordine di andare nelle case dei praticanti, di confiscare i loro libri e i loro effetti personali e di effettuare arresti.

Questi agenti sono quasi sempre terrorizzati all’idea che qualcuno all’estero conosca personalmente i loro crimini, racconta Xiao, ma lei, come tutti gli altri che fanno le telefonate, fanno appello alla loro umanità, e a volte questo approccio funziona. Alcuni si rendono conto che il Pcc sbaglia, ma hanno paura di sfidare il Partito. Altri restano in linea solo pochi secondi prima di riagganciare, ma, alla chiamata successiva, rimangono in linea più a lungo, ascoltando ogni volta qualche minuto in più.

Il movimento di «Tuidang (dimissioni dal Pcc)»

Nel 2004, in mezzo a questa brutale persecuzione del Falun Gong, Epoch Times ha pubblicato I Nove commentari sul Partito Comunista Cinese. La serie editoriale spiega la storia del Pcc e mette a nudo i suoi crimini contro l’umanità. La verità ha scioccato i cinesi che vivono in Cina e all’estero, e ha scatenato un movimento globale per abbandonare il Pcc, noto anche come «tuidang (lasciare il partito)».

Attualmente, I nove commentari sono disponibili in 33 lingue e hanno incoraggiato oltre 350 milioni di persone ad abbandonare il Partito Comunista Cinese e le organizzazioni ad esso affiliate. Dalla loro pubblicazione e dall’inizio del movimento Tuidang, Xiao e altri partecipanti alle telefonate hanno iniziato a chiedere agli ascoltatori di dimettersi, anche solo informalmente, dal Pcc.

Alcune donne registrano la propria dimissione dal Pcc al tavolo del Global Service Center nel quartiere di Flushing a New York, dove è possibile firmare per per dimettersi ufficialmente dal Pcc grazie movimento di ‘Tuidang’. 25 giugno 2014. (Samira Bouaou / Epoch Times)

L’insabbiamento del virus del PCC

E ora, con l’ascesa del virus del Pcc (coronavirus), le cose hanno preso un’altra piega.

Xiao ha raccontato: «Lo scorso dicembre [2019, ndr], sapevamo già del virus, sapevamo che era iniziato a Wuhan, ma [le persone, ndr] non volevano ascoltare». In quel momento, il Pcc stava ancora nascondendo tutte le informazioni sul virus, come se non si stesse diffondendo in tutta Cina.

A gennaio, la diga si è rotta e la gente era affamata di verità: «A gennaio, ascoltavano con molta attenzione», ma è durato poco. Solo una settimana o due dopo, un messaggio automatico dello Stato ha iniziato a precedere le telefonate, ricordando ai cittadini di non «diffondere voci». Il messaggio ricordava a tutti che la sorveglianza di Stato era attiva e che stavano controllando i telefoni, e questo spaventava le persone che lo usavano. Xiao ha notato che da allora, un numero  sempre maggiore di persone riagganciava subito il ricevitore.

La solidarietà a New York

A New York, invece, Xiaofang Guo cerca di condividere informazioni con la grande popolazione di cittadini cinesi che incontra sulla Main Street, nel quartiere di Flushing nel Queens. Lei stessa è stata perseguitata dal Pcc e detenuta in un campo di lavoro per più di un anno tra il 2011 e il 2013, per aver praticato il Falun Gong.

Guo racconta che la maggior parte delle persone non vuole ascoltare, ma nonostante ciò lei ci prova regolarmente sin dal 2015. Descrive quello che sembra un lavoro ingrato: a volte la gente le dà della bugiarda, dice che il Pcc è buono perché li paga; altre volte le dicono che la persecuzione è finita da tempo o addirittura che è perfettamente normale che questo tipo di persecuzione abbia luogo in Cina.

Ha incontrato persone che le hanno urlato contro, che l’hanno maledetta e che le hanno tolto i materiali informativi dalle mani con violenza gettandoli a terra. Ma lei spiega: «Hanno ascoltato tutte menzogne per 20 anni» perché, anche se vivono fuori dalla Cina, molte di queste persone ascoltano costantemente le notizie dei media statali cinesi.

La mano nera del Pcc è abbastanza lunga da far sì che, anche quelli che riconoscono le sue menzogne, siano troppo spaventati per parlarne, o temono addirittura di essere visti mentre ascoltano la verità dei fatti. Alcuni, per non parlare, dicono che «devono ancora tornare in Cina. Sono davvero spaventati!».

Tuttavia, ci sono altri che l’ascoltano e le fanno domande specifiche, ad esempio vogliono sapere se può confutare i punti di vista del Pcc. Dopo aver ascoltato i fatti e le sue ragioni, riescono anche a dirle che sono grati per la sua missione e che ora sostengono il Falun Gong.

«Voglio salvare i cinesi dalle bugie. Penso davvero che questa sia la mia missione».

 

Articolo in inglese     Telling Chinese People the Truth About the CCP

 
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