Falliti i golpe, Jiang Zemin ora vuole la destituzione di Xi Jinping

Una recente lettera aperta firmata da 171 sedicenti «leali membri del Partito Comunista Cinese» chiede l’immediata destituzione di Xi Jinping da tutte le cariche che ricopre nel partito, nell’esercito nel governo.

La lettera – che contiene anche cinque capi di accusa conto Xi, che coprono aspetti organizzativi, legali, diplomatici, militari e personali – chiede «l’immediata convocazione di una riunione di emergenza del Comitato Centrale del Partito, per discutere i cinque gravi reati summenzionati e privare Xi di tutte le sue cariche di partito, militari e governative».

Questa nuova lettera ha la stessa natura della precedente, pubblicata in occasione delle ‘Due Sessioni’ del Partito e intitolata ‘I membri leali del Partito chiedono che Xi si dimetta’. La prima, fra l’altro, chiedeva a Xi le dimissioni in tono minaccioso: «Siamo preoccupati del fatto che l’inasprirsi dello scontro politico interno al Partito, possa mettere a rischio la tua sicurezza personale e quella della tua famiglia».

Quando è stata fatta trapelare la lettera che chiede la sua destituzione, Xi Jinping era in visita nella Repubblica Ceca e negli Stati Uniti, segno che il clan di Jiang Zemin in seno al Pcc sta iniziando a picchiare colpi bassi.

IL COLPO DI STATO FALLITO NEL 2015

Già nel 2015 Xi aveva dovuto cancellare (per vaghi ‘motivi di sicurezza’) una visita in Pakistan, programmata dopo la fine delle Due Sessioni del Partito, in occasione della parata militare del 23 marzo, Giorno della Festa Nazionale pachistana.

In effetti, l’ex leader del Pcc Jiang Zemin e l’ex vice presidente Zeng Qinghong avevano pianificato un colpo di Stato per deporre Xi nello stesso modo in cui era stato detronizzato l’ex leader del Pcc Hu Yaobang. La cospirazione era sostenuta dalla fazione di Jiang e in particolare dagli ex membri del Comitato Permanente Li Lanqiing, Li Changchun e Jia Qinglin.
Inoltre, per aggregare alla sua fazione anche Hu Jintao, il predecessore di Xi Jinping, Jiang aveva tentato di servirsi di una certa indagine di Ling Jihua (ex capo del Dipartimento del Fronte unito dei Lavoratori del Comitato Centrale).
Ma Hu non era caduto nel tranello e aveva respinto seccamente la proposta di Jiang.

Il golpe era alla fine trapelato e poi fallito, e Xi aveva posposto di un mese la sua visita in Pakistan.

Per deporre Xi, il clan di Jiang aveva messo in piedi una campagna mediatica falsa, secondo cui l’opinione pubblica rivendicava, nel nome di un non ben precisato procedimento democratico, il fatto che il 19esimo Segretario Generale del Pcc avrebbe dovuto essere eletto con oltre 80 milioni di voti unici espressi dai membri del Partito.

Nella storia delle campagne politiche del Pcc, che si trattasse di deporre Hu Yaobang o Zhao Ziyang, non si era mai usata l’arma mediatica: tutto avveniva sempre in segreto e, solo nell’attimo in cui il risultato era ormai scontato, si faceva ratificare il tutto da una campagna mediatica.

Invece, in questo caso la campagna mediatica è stata usata prima. E questo dimostra come la fazione di Jiang e Zeng abbia perso terreno all’interno del partito e dell’esercito, e quindi il potere di fermare Xi: l’unica arma che gli rimane è screditare Xi sui media.

Quest’anno, diversamente dallo scorso, Xi non ha variato il suo programma di viaggi all’estero. E questo è uno dei segnali di rafforzamento del potere di Xi.

COMPLETA ASSENZA DI UN PROCESSO ELETTORALE DEMOCRATICO

La questione dell’elezione del 19esimo Segretario Generale del Pcc a seguito del voto di oltre 80 milioni di iscritti al partito è priva di ogni fondamento. Non solo in Cina non ci sono media indipendenti né candidati indipendenti, né tantomeno un processo elettivo che preveda cose come una raccolta fondi, dei dibattiti o un arbitrato: è in discussione il modo stesso in cui delle elezioni interne al partito dovrebbero essere tenute.

Se infatti l’incarico di Segretario Generale fosse elettivo, il Pcc si dividerebbe subito in diverse fazioni; anche il governo, poi, dovrebbe essere eletto, con la conseguenza che tutti i crimini del Pcc verrebbero alla luce e il Partito si disintegrerebbe.

Se quei 171 comunisti cinesi fossero realmente leali nei confronti del loro Paese, non avrebbero ignorato la corruzione del clan di Jiang Zemin, l’idolatria di Jiang, i suoi accordi di svendita di diverse parti del territorio nazionale e la sua persecuzione della pratica spirituale del Falun Gong.
Alla prova dei fatti, questi 171 sono solo emissari di Jiang, e probabilmente lui stesso è fra loro.

IL PIÙ GRAVE CRIMINE DI JIANG ZEMIN

Quanto a Xi, la sua replica è stata senz’altro molto diretta: l’imprenditore Chen Guangbiao, come riporta il sito Mingjing, è stato da poco arrestato per problemi finanziari.
Nel corso degli ultimi mesi, i personaggi fatti arrestare da Xi e da Wang Qishan (il Segretario della Commissione centrale di ispezione per la disciplina) nell’ambito della campagna anticorruzione, non erano di primo piano né conosciuti. Ma erano collegati alla persecuzione del Falun Gong iniziata dalla fazione di Jiang.

Persino dopo che Xi era salito al potere, Chen insisteva nel portare madre e figlia che erano rimaste ferite nella messa in scena dell’autoimmolazione di piazza Tienanmen a New York, per fare propaganda e continuare a fomentare la campagna di odio contro il Falun Gong.
La messa in scena era stata una propaganda ampiamente pubblicizzata, con l’obiettivo di fabbricare false notizie sul Falun Gong e nel tentativo di giustificarne la persecuzione.

L’arresto di Chen, quindi, non è solo un suo problema personale: significa anche che Xi Jinping sta avvicinandosi al momento in cui rivelerà quello che è il più atroce fra i crimini commessi da Jiang Zemin: la persecuzione del Falun Gong.

Infatti, la risposta di Xi non si è limitata all’arresto di Chen: i due figli di Jiang, la sua segretaria Jia Yanan e il suo consigliere militare, Zeng Qinghong, sono tutti stati messi sotto sorveglianza.

E il fatto che queste notizie siano state annunciate in maniera ufficiale, comporta che anche Jiang Zemin finirà presto dietro alle sbarre.


Zhang Tianlang scrive di Storia e politica cinese. È collaboratore di numerose Testate, fra cui l’emittente con redazione a New York New Tang Dynasty Television e il servizio in lingua cinese di Voice of America
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Articolo in inglese: Jiang Faction Finally Shows its Teeth Demanding Xi be Deposed

 
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