Facebook crea una ‘Corte Suprema’ interna, che può annullare la propria censura

Facebook ha creato un ‘comitato di supervisione’, una specie di ‘Corte Suprema’ che ha il potere di annullare delle decisioni prese da Facebook stessa.

E questo Comitato di Supervisione si è pronunciato contro Facebook quattro volte su cinque nella sua prima serie di sentenze sulla moderazione dei contenuti rese pubbliche.

L’Oversight Board o Comitato di supervisione, composto di recente, gode di un finanziamento indipendente e l’azienda non può licenziarne i membri. Facebook ha giurato di obbedire alle decisioni del Comitato, a meno che non siano contrarie alla legge.

Secondo Ars Technica, Facebook ha attualmente 2,7 miliardi di utenti in tutto il mondo e 15 mila moderatori di contenuti.

I conservatori americani sostengono che Facebook discrimini e censuri frequentemente i post su argomenti specifici come la frode elettorale e la legittimità delle elezioni presidenziali del 2020, il virus del Pcc, Black Lives Matter e il movimento transgender. E nel luglio 2019, Facebook ha vietato all’edizione inglese di Epoch Times di fare pubblicità, senza fornire chiare spiegazioni sulle motivazioni.

Nel 2018 Facebook aveva anche rimosso un post con la Dichiarazione d’Indipendenza, con la motivazione che il documento (che per l’America è fondante) costituisse un discorso di odio; ma ha dovuto annullare la decisione dopo forti proteste pubbliche.

Prima ancora aveva rimosso l’iconica fotografia ‘Napalm Girl’ del 1972, che mostrava bambini in fuga da un villaggio bombardato durante la guerra del Vietnam, citando la sua politica contro la nudità infantile; anche in questo caso l’azienda ha dovuto fare un passo indietro di fronte alle proteste: «Dopo aver ascoltato la nostra comunità, abbiamo esaminato nuovamente il modo in cui i nostri standard comunitari sono stati applicati in questo caso» riconoscendo «la storia e l’importanza globale di questa immagine nel documentare un particolare momento nel tempo».

Nel settembre 2019, il Ceo di Facebook Mark Zuckerberg ha svelato il suo piano per creare il Comitato: «Se qualcuno non è d’accordo con una decisione che abbiamo preso, può fare appello a noi prima, e presto sarà in grado di appellarsi ulteriormente al consiglio indipendente. Come organizzazione indipendente, speriamo che dia alle persone la fiducia che le loro opinioni saranno ascoltate e che Facebook non ha il potere ultimo sulla loro espressione».

I membri del consiglio servono per un massimo di tre mandati triennali ciascuno e sono pagati per un importo che la società non ha rivelato. L’azienda è autorizzata a chiedere una «revisione automatica e accelerata» in circostanze eccezionali, «quando il contenuto potrebbe portare a conseguenze urgenti nel mondo reale», come, ad esempio, se qualcuno stesse trasmettendo in diretta un omicidio.

Nell’unica sentenza dell’Oversight Board (Comitato di supervisione) che ha a che fare con un utente degli Stati Uniti, Case Decision 2020-005-FB-UA, il Comitato ha ribaltato la decisione di Facebook di togliere un post che l’azienda aveva sostenuto violasse il suo Community Standard su individui e organizzazioni pericolose.

Nell’ottobre 2020, un utente aveva postato una citazione erroneamente attribuita a Joseph Goebbels, il ministro della propaganda del Reich nella Germania nazista. Non era accompagnata da simboli nazisti e nemmeno da una fotografia di Goebbels. La citazione, in inglese, sosteneva che, invece di fare appello agli intellettuali, gli argomenti dovrebbero fare appello alle emozioni e agli istinti, e «che la verità non conta ed è subordinata alla tattica e alla psicologia».

L’utente, che non è stato identificato nella decisione del caso, ha detto che il suo intento era quello di fare un confronto tra il sentimento nella citazione e la presidenza di Donald Trump. La commissione ha ritenuto che la citazione «non sosteneva l’ideologia del partito nazista o gli atti di odio e violenza del regime», aggiungendo che i commenti sul post da parte degli amici dell’utente hanno sostenuto l’affermazione dell’utente che lui o lei ha cercato di paragonare la presidenza Trump al regime nazista.

Facebook ha affermato che i post che condividono una citazione attribuita a un individuo pericoloso sono trattati come espressione di sostegno per loro, a meno che l’utente non fornisca un contesto aggiuntivo per rendere esplicito il suo intento. La società ha detto di aver rimosso il post perché l’utente non ha chiarito di aver condiviso la citazione per condannare il presunto autore, per contrastare l’estremismo o il discorso di odio, o per scopi accademici o di notizie.

L’Oversight Board ha determinato che «queste regole non sono state rese sufficientemente chiare agli utenti».

Il consiglio non si è basato sul Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che protegge la libertà di parola negli Stati Uniti, e ha invece fatto riferimento a documenti adottati da organismi internazionali, come i principi guida delle Nazioni Unite su affari e diritti umani, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, e la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.

Nella decisione del caso 2020-002-FB-UA, il consiglio ha annullato la decisione di Facebook di eliminare un post dell’ottobre 2020 di un utente del Myanmar che ha scritto che «i musulmani hanno qualcosa di sbagliato nella loro mentalità», e che «i musulmani dovrebbero essere più preoccupati per il genocidio degli uiguri in Cina e meno concentrati su questioni scottanti come le vignette francesi che deridono il profeta Maometto».

Il post presentava due fotografie ampiamente condivise di un bambino siriano di etnia curda che è annegato nel tentativo di raggiungere l’Europa nel 2015.
Facebook ha rimosso il post come discorso d’odio anti-musulmano, ma la commissione lo ha permesso, determinando che dovrebbe essere visto come un «commento sull’apparente incoerenza tra le reazioni dei musulmani agli eventi in Francia e in Cina». Il consiglio ha ritenuto che, anche se il post potrebbe essere considerato offensivo, «non ha raggiunto il livello di discorso di odio».

 

Articolo in inglese: Facebook’s ‘Supreme Court’ Overrules It, Orders Banned Posts Restored

 
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