Europa e Messico, due ‘pesi’ e due misure

Non tutti i Paesi sono uguali, e questo è particolarmente evidente quando le rispettive monete perdono valore nei confronti del dollaro.
Il Giappone e l’Eurozona accolgono con piacere i periodi in cui lo yen o l’euro perdono il 50 per cento della differenza di valore rispetto al dollaro. Invece Russia, Turchia e Messico cercano di fare di tutto per impedire che rubli, lire turche e pesos perdano valore rispetto alla moneta statunitense.

Per esempio la Banca del Messico ha praticamente sprecato un miliardo di dollari in riserve di valuta estera per difendere il valore del peso, per poi vederlo evaporare comunque dopo qualche giorno. Dall’inizio di quest’anno, il peso ha perso infatti il 5 per cento del valore rispetto al dollaro, raggiungendo un valore di 21,65 a uno. Un livello simile non era mai stato visto dai tempi della crisi finanziaria messicana dei primi anni 90.

Ma qual è dunque la differenza tra il Giappone – che ha perso il 50 per cento del cambio nei confronti del dollaro rispetto al 2012 (e nonostante questo i mercati finanziari globali sperano avvenga un ulteriore abbassamento) – e il Messico, la cui moneta ha perso il 58 per cento del valore al cambio nello stesso periodo, e per il quale gli esperti parlano di una vera e propria crisi finanziaria?

Naturalmente le differenze sono molte, e le due principali sono connesse tra loro: si tratta del deficit e del debito.

UN PAESE IN SURPLUS

Sebbene il Giappone non sia più la nazione leader nelle esportazioni che era un tempo, presenta ancora un conto profitti in avanzo, e non in deficit: esporta, cioè, più di quanto importa. Quindi anche se a causa di uno yen di minore valore deve pagare di più le importazioni, la valuta bassa rende più competitive le esportazioni. Di fatto il Giappone continua a pagare le sue importazioni aumentando le esportazioni, e ne esce fuori persino con un piccolo attivo.
Questo e altri fattori interni contribuiscono alla bassa inflazione del Giappone, che è ottima per i consumatori perché i loro salari permettono di comprare più beni anche quando la crescita è stagnante e devono pagare di più per le cose importate.

UN PAESE IN DEFICIT

Il Messico, d’altro canto, non gode di un simile lusso. Nonostante le esportazioni di petrolio dal valore di 18 miliardi e mezzo di dollari e l’attivo delle partite correnti nei confronti degli Stati Uniti, il Messico – dati del terzo trimestre del 2016 – ha un deficit di 7 miliardi e 600 milioni di dollari. Il valore inferiore della sua moneta non ha portato a un aumento dei guadagni nelle esportazioni, e il prezzo inferiore del petrolio ha ridotto il denaro contante in entrata.

Dato che le esportazioni del Messico non compensano il costo delle importazioni, una moneta in caduta porta a un costo maggiore dei prodotti importati, per consumatori e imprese. Questo provoca un aumento dell’inflazione, che infatti dal 2,54 per cento di giugno 2016 è salita al 3,36 per cento di dicembre.

L’inflazione più alta conduce al fatto che gli investitori richiedano un premio al rischio maggiore per il denaro dato in prestito, cosa che porta a più alti tassi di interesse, i quali di solito hanno a loro volta un effetto negativo sull’economia, e portano gli investitori internazionali a ritirare i propri soldi: un circolo vizioso simile a quello della Russia a fine 2014, quando il rublo aveva perso il 50 per cento della differenza di valore rispetto al dollaro.

E, a proposito di denaro in prestito, il Messico ha anche un altro problema che il Giappone non ha: un’alta percentuale di debito in valuta estera. Secondo l’ultima analisi del Fondo Monetario Internazionale sul Messico, infatti, dei 421 miliardi e 200 milioni di dollari presi in prestito da stranieri, solo 103 miliardi e 800 milioni sono in valuta locale. Il Paese deve quindi ripagare i suoi debiti in dollari, yen ed euro. E non sarebbe un problema, se il Messico generasse abbastanza entrate, nel conto delle partite correnti, da ripagare la sua quota di debito internazionale. Ma la situazione non è questa, e la perdita di valore del peso rende ancora più difficile ripagare il debito in valuta estera.

Questo è il motivo per cui il Messico è più simile a Russia e Turchia, piuttosto che a Giappone ed Eurozona. Ed è per questo che la proposta di Donald Trump di spremere e ridurre il conto partite correnti del Messico farebbe perdere ulteriore valore alla moneta messicana, rendendo inutile l’intervento della Banca centrale.

Articolo in inglese: Why Japan Benefits From a Crashing Currency and Mexico Does Not

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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