Elezioni midterm, perché sono una vittoria per Trump

Di Marco Tistarelli

Il presidente Donald Trump ha accolto i risultati delle elezioni midterm come un «grandissimo successo» per il suo governo, dato che l’attesa onda blu non c’è stata: i repubblicani hanno allargato la propria maggioranza al Senato e vinto la corsa dei governatori, mentre la Camera è passata nelle mani dei democratici ma con un margine minore rispetto a quello previsto dai sondaggi.

Avendo vinto in tutti gli Stati tranne uno, i repubblicani hanno guadagnato tre seggi al Senato e difeso il vantaggio nei governatori con un margine di due seggi. Trump ha definito il risultato del suo partito «una vittoria quasi totale», e ha dichiarato ai giornalisti di non ritenere un problema il fatto che i democratici siano in leggera maggioranza alla Camera, poiché altrimenti i repubblicani sarebbero stati accusati se non fossero riusciti a trasformare una piccola maggioranza in un successo legislativo.

L’allargata maggioranza al Senato consentirà ai repubblicani di confermare le nomine di Trump nelle posizioni chiave. Infatti, oltre ad aver confermato due giudici conservatori della Corte Suprema, il Senato, durante il mandato di Trump, ha confermato un numero senza precedenti di giudici dei Tribunali minori, rimodellando potenzialmente il sistema giuridico americano per i prossimi decenni.

La vittoria rinforzerà senz’altro il mandato del presidente Usa, che ha ‘nazionalizzato’ le elezioni di medio termine invitando i suoi sostenitori a votare per i repubblicani perché in ballo c’era la sua agenda ‘America First’. Il messaggio è risuonato tra l’elettorato, che ha eletto 9 degli 11 candidati promossi da Trump, secondo i suoi conti.

Il 7 novembre Trump ha dichiarato alla Casa Bianca: «Ce l’abbiamo fatta nonostante i democratici abbiano ricevuto un sostegno economico di gran lunga superiore rispetto a noi, nonostante i particolari interessi in gioco, e l’ostilità, a dir poco, della stampa».

Il presidente statunitense ha continuato dicendo ai giornalisti di aver vinto nonostante i precedenti storici sfavorevoli. Infatti, generalmente i partiti dei presidenti al primo mandato tendono a perdere seggi in ambe le camere durante le prime elezioni di metà mandato. L’espansione di tre seggi dei repubblicani è invece in controtendenza rispetto ai 18 seggi persi dai democratici al Senato nelle elezioni midterm del 2010. Mentre la perdita dei 26 seggi alla Camera sembra piccola difronte ai 63 seggi persi dal presidente Barack Obama nel 2010 e ai 52 seggi persi dal presidente Bill Clinton nel 1994.

Avendo preso il governo della Camera dei Rappresentanti, i democratici avranno l’opportunità di trasformare la loro retorica in fatti. Il repubblicano Adam Schiff, che probabilmente dirigerà il Comitato per l’Intelligence della Camera, ha affermato in passato di voler portare avanti l’inchiesta sulla presunta collusione tra Trump e la Russia. Ansiosi di soddisfare le loro esigenze, è verosimile che anche i democratici di altri comitati avvieranno delle inchieste. Molti hanno parlato apertamente di impeachment per il capo dello Stato.

Ma i precedenti suggeriscono che una strategia aggressiva nei confronti del presidente potrebbe facilmente ritorcersi contro i democratici in vista delle elezioni del 2020. Il senatore Lindsey Graham, che ha guidato il tentativo di impeachment nei confronti del presidente Bill Clinton, ha avvertito i colleghi democratici dei pericoli insiti in questo sentiero. I repubblicani infatti hanno perso seggi alla Camera dopo essesi concentrati sull’impeachment nel 1998. Inoltre Trump ha avvertito che ad ogni indagine dei democratici alla Camera seguiranno le rispettive indagini dei repubblicani in Senato:
«Se i democratici hanno intenzione di sperperare i soldi dei contribuenti mettendoci sotto inchiesta alla Camera, allora saremo costretti a considerare la possibilità di mettere loro sotto inchiesta per tutte le fughe di documenti segretati, e altro, al Senato. Si gioca in due!».

È probabile che ogni indagine sul presidente avrà lo stesso esito dell’inchiesta condotta dal procuratore speciale Robert Mueller: dopo quasi 18 mesi di indagini Mueller non ha prodotto alcuna prova circa la collusione tra Trump e la Russia, il tema centrale della sua indagine. «Non hanno trovato nulla. Zero» ha dichiarato Trump.

L’effetto di eventuali inchieste alla Camera sarebbe probabilmente quello di inondare la Casa Bianca di scartoffie legali, farebbe infuriare i sostenitori di Trump per il 2020, e non produrrebbe risultati sufficienti per soddisfare l’elettorato democratico. Nel frattempo il Senato è pronto a confermare metodicamente le nomine di Trump all’interno del sistema giuridico, e a esaminare con attenzione ogni legge proposta dai democratici alla Camera.

La rinnovata maggioranza repubblicana nel governo, unita alla loro vittoria nella ‘corsa ai governatori’ di alcuni Stati chiave, potrebbero inoltre favorire Trump in vista del 2020, poiché i governatori hanno il diritto di veto sulla ridefinizione dei distretti elettorali. Il repubblicano Ron DeSantis ho battuto il concorrente democratico Andrew Gillum per meno di un punto percentuale nell’acceso scontro per il governatorato della Florida. Mike DeWine ha vinto la sfida per l’Ohio, e il repubblicano Brian Kemp ha superato il candidato democratico Stacey Abrams di 1,6 punti, divenendo cosi governatore della Georgia.

Trump ha offerto un ‘ramoscello di ulivo’ ai democratici della Camera in alternativa al confronto investigativo. Il presidente ha sostenuto la nomina di Nancy Pelosi a portavoce della Camera, e ha dichiarato che entrambi i partiti hanno la responsabilità di varare leggi sulle infrastrutture, sul sistema sanitario, sui prezzi delle prescrizioni mediche, e sul sistema dei veterani.
«Adesso i membri di entrambi i partiti devono unirsi, mettere da parte la propria ‘appartenenza’, e far sì che il miracolo economico americano prosegua» ha dichiarato Trump.

Un ulteriore fatto che rafforzerà il mandato di Trump è la fuoriuscita dal Senato dei due repubblicani anti-Trump Jedd Flake e Bob Corker; questi ultimi saranno rimpiazzati dai repubblicani Marsha Blackburn e Martha McSally che, almeno in parte, devono la loro vittoria a Trump (prima delle elezioni aveva tenuto dei raduni nei loro rispettivi Stati). La Blackburn ha battuto il candidato democratico Phil Bredesen di oltre 10 punti percentuali. Mentre McSally ha superato la democratica Kyrsten Sinema di un solo punto percentuale.

 

 

 
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