Elezioni 2018, come si vota

Votare è un «dovere civico», afferma la Costituzione italiana all’articolo 48. Ognuno ha le proprie idee su quale partito o candidato possa contribuire in maniera migliore al futuro del Paese, ma è bene essere informati su come funzionano le regole del gioco.

A differenza delle ultime elezioni, in cui l’elettore doveva preoccuparsi solo di scegliere il partito di propria preferenza, con il Rosatellum – la legge elettorale attuale, un po’ più complicata della precedente – è utile fare qualche ragionamento in più.

La novità più rilevante è che, sia per la Camera che per il Senato, il 64 per cento dei parlamentari sarà eletto con il metodo proporzionale e plurinominale (come in passato), mentre il 36 per cento con metodo maggioritario e uninominale.
Quindi, in riferimento alla parte maggioritaria e uninominale, l’elettore sulla scheda elettorale voterà per un candidato locale, che rappresenta una certa coalizione, e questo candidato entrerà in Parlamento solo se otterrà almeno un voto in più rispetto ai candidati uninominali delle altre coalizioni. Se non otterrà più voti degli altri, non verrà eletto.
Il voto, tuttavia, in quest’ultimo caso non verrà del tutto sprecato, perché nel momento in cui si vota il candidato uninominale di una certa coalizione, si vota anche la coalizione stessa o una delle sue liste. Quindi il voto contribuirà all’elezione, proporzionale, degli altri candidati della lista o coalizione. Non si potrà, tuttavia, esercitare il voto disgiunto: in altre parole non si potrà votare il candidato della coalizione ‘A’ e, separatamente, una lista appartenente alla coalizione ‘B’.

La parte proporzionale e plurinominale dell’elezione funzionerà come sempre: ogni coalizione avrà un numero di eletti in Parlamento proporzionale ai voti ricevuti, e i parlamentari eletti saranno decisi in base alla posizione che hanno nelle liste bloccate.

Il dettaglio più importante al quale gli elettori devono fare attenzione, è la possibilità di scegliere tra due modalità di voto. Nella scheda elettorale, infatti, sarà presente un rettangolo con il nome e cognome del candidato uninominale di ogni coalizione, e sotto questo rettangolo ce ne saranno altri: uno per ogni lista della coalizione rappresentata dal candidato uninominale.

Per esempio, se il candidato uninominale fosse Giorgia Meloni, il suo nome sarebbe presente nel rettangolo in alto, mentre nei rettangoli sotto di lei vi sarebbero i simboli di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia-Udc, ovvero tutti i partiti che fanno parte della coalizione legata al candidato uninominale. Lo stesso per la coalizione del Pd.
Se il candidato uninominale scelto fosse invece quello del Movimento 5 Stelle o di altre liste o partiti che si presentano da soli (senza una coalizione), sotto il rettangolo del nome e cognome, vi sarebbe solo un rettangolino che rappresenta la lista di appartenenza.

L’elettore può compiere due possibili scelte: mettere una croce su una delle liste (oppure sia sulla lista che sul candidato uninominale), e questo avrà come effetto l’aver votato sia il candidato uninominale legato a quella coalizione, che la specifica lista; oppure scegliere di porre una croce solo sul nome del candidato: questo avrà l’effetto di attribuire il voto maggioritario e uninominale al candidato, mentre il voto proporzionale sarà ripartito nella medesima proporzione determinata dagli elettori che hanno messo la croce su una specifica lista.
In altre parole, se la coalizione A comprende tre partiti (A1, A2, A3) e gli elettori di un certo collegio hanno attribuito il 30% dei voti ad A1, il 5% ad A2 e il 65% ad A3, il voto di chi mette la croce solo sul nome del candidato e su nessuna lista verrà ripartito secondo le percentuali di cui sopra, derivanti dalle scelte di chi invece ha deciso di scegliere manualmente la lista.

Di conseguenza, si può decidere se scegliere o non scegliere una lista specifica all’interno della coalizione. Scegliendola, si potrà, ovviamente, esercitare il proprio diritto di voto in maniera più precisa e specifica, ma non scegliendo la lista e votando solo il candidato potrà essere sicuro che il proprio voto non venga ‘sprecato’ in nessun caso. Questo problema riguarda, in realtà, solo i piccoli partiti: se infatti all’interno di una coalizione vi è un partito che non riuscirà a conquistare il 3% dei voti, questo partito non potrà avere alcuna rappresentanza in Parlamento dal punto di vista del voto proporzionale (la avrà soltanto se verranno eletti i suoi candidati uninominali). Tuttavia, pur non raggiungendo il 3%, se supera almeno l’1%, i voti della lista verranno distribuiti alla coalizione. Se il partito non ottiene nemmeno quell’1%, invece, allora i suoi voti verranno distribuiti non nella coalizione, ma tra tutti i partiti in gara. Di conseguenza l’elettore dovrebbe tenere in conto questa questione: da un lato, votando la propria lista ‘di nicchia’ potrà contribuire al suo successo, dall’altro, non votandola, potrà scegliere di ‘mettere al sicuro’ il proprio voto, che sarà ripartito almeno tra le liste più votate all’interno della propria coalizione, qualora la lista non riesca ad ottenere l’1 per cento. Questo potrebbe essere il caso, forse, di alcuni partiti alleati con il Pd, che nei sondaggi non brillano. Oppure, semplicemente, il votante può limitarsi allo scegliere il candidato e non la lista, perché indeciso.

Questo non significa necessariamente che un partito con scarse chance di superare la soglia di sbarramento non vada votato: è libertà dell’elettore scegliere se cercare di rafforzare la propria lista o affidarsi alla scelta comune. Ma in ogni caso, sapere è potere.

 
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