Editoriale dall’estero: Giorgia Meloni e la dote del buonsenso

Di Roger Kimball

L’autore dell’articolo, Roger Kimball, è redattore ed editor di The New Criterion ed editore di Encounter Books. Il suo libro più recente è ‘The Critical Temper: Interventions from The New Criterion at 40’.

 

Verso l’inizio di 1984, George Orwell fa annotare al suo infelice protagonista Winston Smith quello che descrive come un «assioma».

«La libertà», scrive, «è la libertà di dire che due più due fa quattro. Se questo è consentito, tutto il resto segue».

Questa osservazione apparentemente semplice ma in realtà profonda, è simile al detto del vescovo Butler secondo cui «ogni cosa è ciò che è, e non un’altra cosa».

Quanti guai si sarebbero potuti evitare se le persone, soprattutto quelle al potere, avessero preso a cuore questa saggezza del buonsenso?

Giorgia Meloni sembra essere un raro esempio di politici che sanno abbracciare tali posizioni di buonsenso.

In un discorso di tre anni fa al Congresso Mondiale delle Famiglie, ha citato G.K. Chesterton: «Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate».

Le sagge parole di Chesterton vengono dalla fine del suo libro Eretici (1905).

«La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà», scrive lo scrittore, «Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo».

La Meloni, fondatrice e leader del partito Fratelli d’Italia, è ‘un’euroscettica’.

Questo fa di lei un’eretica.

Si oppone allo sforzo dei responsabili del Progetto Europa di trasformarla in una «consumista perfetta», in una «schiava del consumo».

Questo la rende un paria.

La Meloni rifiuta di essere trattata come un codice, un numero.

Questo la rende una minaccia.

Si definisce con orgoglio «italiana, cristiana, donna, madre».

Questo fa di lei una fascista.

Questo, in ogni caso, è ciò che i principali organi di informazione vogliono farci credere.

Alla vigilia della sua sorprendente vittoria elettorale (nel 2018 Fratelli d’Italia ha ottenuto solo il 4,5 per cento dei voti), la Cbs si è lasciata andare a un’isterica (tutt’altro che ‘divertente’) dose di tracotanza retorica: «Gli elettori in Italia sembrano pronti a eleggere un primo ministro di estrema destra».

Non è tutto. Secondo la Cbs, la Meloni «guida un movimento neofascista che ricorda il partito politico di Benito Mussolini».

Mussolini, eh?

Oh, sì.

Questa donna vuole rivendicare la propria identità come individuo, per sostenere la realtà del ‘due più due fa quattro’: è italiana, non cittadina del mondo, cristiana, non «schiava dei consumi», madre, non «genitore n. 1», e donna, non un «genere».

Tutto ciò la rende, se si crede alla Cbs (e ai media mainstream in generale), l’esponente di una filosofia politica che ha «radici nel neofascismo».

«Molti temono», ha intonato un certo Chris Livesay, che un pezzo di storia «particolarmente brutto» possa presto ripetersi, dato che la Meloni è «pronta a guidare il governo più di estrema destra dalla Seconda Guerra Mondiale».

«Molti»?

Non era solo la Cbs, ovviamente.

Tra i media stranieri, anche la Cnn si è occupata del caso, dicendoci che la vittoria della Meloni ha inaugurato «il primo ministro italiano maggiormente di estrema destra dai tempi di Mussolini», «sottolineando il rifiuto di lunga data degli italiani nei confronti della politica mainstream», cioè la politica che la Cnn porta avanti.

E poi c’è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che, poco prima della vittoria della Meloni, ha avvertito che l’Ue aveva «strumenti» da usare per punire l’Italia se avesse votato nel modo sbagliato.

Tali «strumenti», ha aggiunto, sono già stati utilizzati contro Ungheria e Polonia.

Stiamo assistendo a una versione europea della tattica messa in atto dall’amministrazione Biden contro Donald Trump e i suoi sostenitori.

Nel suo discorso a Philadelphia all’inizio del mese, il presidente degli Usa Joe Biden ha insistito sul fatto che «Donald Trump e i repubblicani Maga rappresentano un estremismo che minaccia le fondamenta stesse della nostra Repubblica».

Una settimana prima, in un discorso nel Maryland, Biden ha spiegato che il problema «non è solo Trump, è l’intera filosofia che sta alla base del […] semi-fascismo» del programma Maga.

Ma cos’è l’agenda ‘Maga’ (o, ancora più spaventosamente, «ultra-Maga») da cui dovremmo difenderci?

È un’agenda di buonsenso che pone l’accento sulle politiche che incoraggiano la prosperità, la sicurezza e la libertà americane.

È un programma che riconosce che i confini sono confini, che l’energia abbondante e a buon mercato è un prerequisito della prosperità economica, e che lo Stato di diritto deve essere amministrato in modo imparziale se non si vuole che il potere coercitivo dello Stato scada nella tirannia.

Riconosce inoltre che la razza umana è divisa in due sessi, e solo due, che la ‘razza’ non è determinante per il carattere e che la sovranità nazionale e la proprietà privata sono necessarie per preservare la libertà individuale.

Nel suo grande saggio Politics and the English Language, Orwell osservò che il termine ‘fascista’ era degenerato in un epiteto negativamente generico e vuoto dal punto di vista cognitivo, poco più che un insulto generico.

Una cosa non piace, quindi è «fascista».

È certamente strano che si debbano fare gli straordinari per difendere l’affermazione della Meloni sulla sua identità come italiana, cristiana, donna e madre.

Tutto è quello che è, e non un’altra cosa.

Ma del resto, viviamo davvero in un’epoca in cui l’affermazione che due più due fa quattro viene denigrata come un esempio di «supremazia bianca».

Chissà quale illecito verrà inventato per contrastare l’affermazione che le foglie in estate sono verdi.

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni di Epoch Times.

Articolo in inglese: Giorgia Meloni and Common Sense

 
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