Edipo e la peste, la volontà di sopportare

Di James Sale

Edipo è uno dei più grandi eroi della mitologia greca, immortalato in quella che è generalmente riconosciuta come la più grandiosa delle tragedie greche: l’Edipo Re di Sofocle. Ma è un eroe diverso dagli altri eroi dell’antica Grecia: non possiede la forza e la potenza di Ercole o di Teseo, non è un guerriero del calibro di Ulisse, e nemmeno un poeta e cantore come Orfeo, che grazie alla sua arte ha avuto la possibilità di visitare l’Ade, persino più in profondità dello stesso Ercole. In che modo, dunque, è un eroe?

Edipo assume i tratti dell’eroe dopo aver sconfitto un mostro, la Sfinge, ma senza ricorrere alla forza o all’inganno: ci è riuscito con l’intuizione e l’intelligenza. Quando Edipo risponde correttamente all’enigma della Sfinge, questa si dispera e si uccide da sola. In questo episodio c’è il primo indizio del perché Edipo sia un eroe: anche in quella situazione la fuga per lui non era un’opzione. Nel proseguo della storia, Edipo non si ferma neanche difronte ai suoi stessi crimini: continua a cercare, e affronta senza riserve la verità, e infine ne accetta le amare conseguenze.

Edipo risponde al quesito della Sfinge. Ceramica a figure rosse dipinte, 470 a.C. circa, Museo Gregoriano Etrusco dei Musei Vaticani. (Pubblico dominio)

È un eroe della volontà umana di sopportare, andare avanti e perseverare fino alla fine. Da questo punto di vista, sarebbe veramente un eroe nel mondo moderno: c’è mai stato un tempo in cui tali qualità siano state più necessarie di oggi?

Le malattie del mondo moderno

Il tasso di suicidi non è mai stato così alto, e la tendenza a non affrontare la realtà si manifesta nei cosiddetti fenomeni di escapismo: la dipendenza dall’alcol, dalle droghe, dal gioco d’azzardo, o dai sistemi di intrattenimento domestico da cui siamo ormai circondati. Anche senza considerare i suicidi o l’escapismo, non si possono ignorare gli alti livelli di depressione e di angoscia che affliggono moltissime persone nella società odierna.

Quale è dunque la storia di Edipo e perché è così importante al giorno d’oggi? Gli psicologi junghiani ritengono che quello che si nega interiormente alla fine si manifesti all’esterno. In altre parole, che quello che accade dentro di sé, internamente, si manifesterà alla fine nel mondo reale. Diventa dunque un destino dal quale non si può sfuggire.

Nel caso di Edipo, la strada che plasma il suo destino appare terribile. Inizia dal padre di Edipo, Laio, e dai suoi misfatti. Laio aveva infatti rapito e violentato il figlio di un re, un crimine noto nel mondo antico come ‘il crimine di Laio’ (riconducibile all’hybris). Per punirlo, la dea Era invia la mostruosa Sfinge contro i Tebani, mentre Apollo avverte Laio che, se avesse avuto un figlio, come punizione per il suo misfatto, sarebbe stato ucciso dal suo stesso figlio.

Di fronte a tale oracolo, Laio comanda che suo figlio venga ucciso alla nascita. Viene ordinato a un servo di abbandonare il bambino sul monte Citerone, con i piedi trafitti da un chiodo. Da qui il nome Edipo, che significa ‘piedi gonfi’. Tuttavia, il servo non riesce a compiere un atto così malvagio e consegna il bambino a un pastore che se ne prenderà cura; così il destino si mette in moto.

Il neonato Edipo accudito dal pastore Phorbas, opera di Antoine-Denis Chaudet (1810). Louvre, dal Museo del Lussemburgo di Parigi. (Pubblico dominio)

In seguito, l’Oracolo di Delfi rivela all’ormai adulto Edipo che è destinato a uccidere suo padre e a sposarsi con sua madre; a quel punto Edipo, non conoscendo i suoi veri natali, presume che la profezia si riferisca ai suoi genitori adottivi che vivono nella città di Corinto. Così, per evitare che la profezia si avveri, abbandona Corinto. Ma durante il suo viaggio incontra senza saperlo il suo vero padre a un crocevia; nessuno dei due può riconoscere l’altro, scoppia un alterco, ed Edipo finisce per uccidere il suo vero padre, Laio.

Da lì, Edipo prosegue verso Tebe e lungo la strada risolve l’enigma della Sfinge. Con questo atto di intelligenza superiore distrugge la Sfinge e viene reso re di Tebe; come conseguenza sposa la regina vedova Giocasta che, a sua insaputa, è proprio la sua vera madre. La profezia è dunque realizzata.

‘L’assassinio di Laio da parte di Edipo’, 1867, di Joseph Blanc. (VladoubidoOo/CC BY-SA 3.0)

Ci sono molti elementi interessanti in questa storia, ma ce n’è uno che risuona particolarmente con la mentalità moderna.

Non è giusto!

Sembra che Edipo sia un essere innocente destinato alla distruzione, senza motivo. Dopo tutto, sono state le azioni di suo padre – o peccati, per usare un termine biblico – a provocare tutto. Dopo essere sopravvissuto alla nascita e all’abbandono, uccide Laio in preda all’ira, ma anche per autodifesa, poiché era stato spinto fuori strada da Laio, che lo aveva anche colpito. Inoltre, Edipo aveva provato disperatamente a evitare la profezia scappando dalla sua città. E in ultimo non poteva sapere che Giocasta fosse la sua vera madre.

Ma poi ci si ricorda del commento di James Hollis: «Quanto era diversa la concezione religiosa di Jung, enigmatica ma stimolante, secondo la quale soprattutto nei traumi può essere vista l’opera degli dei. Egli scrisse: “Dio è il nome con cui io designo tutte le cose che attraversano il mio ostinato percorso violentemente e improvvisamente, tutte le cose che sconvolgono le mie concezioni soggettive, i progetti e le intenzioni, cambiando il corso della mia vita, nel meglio o nel peggio”». Nel caso di Edipo, in effetti, c’è qualcosa di violento e improvviso, che attraversa la sua strada.

Edipo avrebbe potuto vivere per sempre una vita felice in compagnia della regina Giocasta: stava regnando con saggezza sulla città di Tebe da 20 anni, la regina aveva dato alla luce 4 figli, ed entrambi ignoravano che la loro relazione fosse incestuosa. Ma all’improvviso il dio Apollo forza la situazione. Una terribile piaga si abbatte sulla città di Tebe e, consultando l’oracolo di Delfi, Edipo apprende che l’epidemia finirà solo quando l’assassino del re Laio sarà ucciso o esiliato. A quel punto Edipo (ironicamente, dal momento che in realtà è lui stesso il responsabile) scaglia una maledizione sull’assassino e avvia le ricerche per scovarlo e porre così fine alla piaga.

Oggi le persone considerano senza cuore e sbagliato ipotizzare che il Covid-19 sia una piaga inviata da Dio, o dagli dei, per punire l’umanità dei peccati che potrebbe aver commesso inconsapevolmente. In realtà, gli antichi greci non erano i soli a ritenere che le epidemie fossero una manifestazione dell’ira degli dei. Tra gli esempi più noti ci sono quelli contenuti nella Bibbia, dove egizi, israeliti, filistei, assiri e altri popoli ancora, sperimentano delle piaghe come risultato di alcune loro cattive azioni. Spesso queste sono ascrivibili all’intera nazione o tribù, ma a volte, come nel caso di Edipo, derivano dalle malefatte di una sola persona. Per esempio, nel secondo libro di Samuele (24,10) viene rivelato il peccato del re Davide, un peccato che causa la morte di 70 mila persone in una pestilenza.

‘Edipo e Antigone’, nota anche come ‘La peste di Tebe’; opera di Charles François Jalabert conservata presso il Museo delle belle arti di Marsiglia. (Wikimedia/Dominio pubblico)

Per quanto riguarda i peccati, il punto è che non sono qualcosa di ovvio: sono qualcosa che sta sotto la superficie e che deve essere scoperto attraverso la sofferenza. Nessuno li vuole, e da un certo punto di vista, nessuno li merita. Come si potrebbe, oggi, dire che qualcuno merita di morire di Covid-19?

Nel suo libro La saggezza dei Miti, Luc Ferry esprime il concetto fondamentale: che lo si ritenga giusto o meno, bisogna comunque affrontare il proprio destino. Come mostrato dalla storia di Edipo, gli antichi non cercavano di evitare la verità o di scappare dalle proprie responsabilità. Affrontavano la realtà. Nelle filosofie orientali si dice che il Tao (la Via) è giusto e che andarvi contro è il crimine peggiore.

Le epidemie non possono essere ignorate, poiché sono in gioco le vite di tutti, e spesso spingono gli uomini a domandarsi il perché. Perché questa piaga e perché proprio ora? Il resto della tragedia di Edipo è proprio la ricerca della risposta a questo quesito. Da un certo punto di vista, le epidemie spingono in effetti gli uomini a guardare in faccia la sofferenza e la transitorietà della vita, in modo a volte angosciante, il che conduce spesso a interrogarsi sul significato stesso della vita. Da questo punto di vista, Edipo è un modello da seguire nella situazione attuale.

Affrontare, o scansare, le responsabilità

Nel caso del Covid-19, il mondo moderno vuole trovare assolutamente il responsabile del disastro. È il Partito Comunista Cinese? La sua mutazione fa parte della naturale evoluzione dei virus o è avvenuta in laboratorio? È il capo del governo di questo o di quel Paese che non è riuscito a prendere le misure giuste al momento giusto? È colpa degli scienziati che non hanno dato buoni consigli? E la lista potrebbe continuare a lungo. Dal canto loro, gli antichi greci, gli israeliti, o più in generale i popoli dell’antichità, non avrebbero considerato la questione da questa prospettiva.

Dopo che Zeus trionfò sulle forze del caos e dell’oscurità e stabilì ordine e giustizia – l’equivalente di Dio che creò il cosmo – tutte le violazioni di questo ordine generano delle conseguenze. Non è che i figli debbano essere puniti per i peccati del loro padre, il problema è che l’ordine cosmico è stato effettivamente danneggiato da quei peccati, perciò ci saranno dei danni collaterali che potrebbero richiedere diverse generazioni per essere riparati, e perché si possa tornare a una corretta e armoniosa stabilità.

In un certo senso, lo si vede continuamente: i genitori possono creare un’eredità sfortunata per i propri figli; non è colpa dei figli, ma loro dovranno comunque sopportare una vita piena di difficoltà. La famiglia di Edipo – dove la sfortuna si estende per diverse generazioni – ne è un esempio particolarmente appropriato.

Perciò, mentre i moderni cercano di capire chi sia direttamente responsabile per la pandemia di Covid-19, gli antichi greci – ricordando la vicenda di Edipo – cercherebbero qualcosa di più profondo: forse una persona, una famiglia, una tribù o una nazione intera ha manifestato grande arroganza (hybris) in passato, e ora ne stiamo tutti pagando il prezzo? Come nel caso della peste che colpisce Tebe nell’Edipo Re. O forse è l’intera umanità ad aver commesso collettivamente qualche atto di hybris (arroganza) per cui adesso viene punita?

Il pastore che al termine della tragedia di Sofocle conferma che Edipo era realmente il figlio di Laio, prima di pronunciare le fatidiche parole, afferma: «Ahime, ecco per me la cosa più tremenda da dire», al che Edipo replica: «E per me da ascoltare, tuttavia devo ascoltarla». C’è forse qualcosa che le persone moderne dovrebbero ‘ascoltare’, sebbene, come nel caso di Edipo, vorrebbero non doverlo fare?

 

James Sale è dirigente della Motivational Maps Ltd. che opera in 14 Paesi, ed è autore di oltre 40 libri sul management e l’istruzione, edito da alcuni dei maggiori editori internazionali, tra cui Macmillan, Pearson e Routledge. Come poeta, ha vinto il primo premio al concorso The Society of Classical Poets 2017 e ha parlato nel giugno 2019 al primo simposio del gruppo tenutosi al Princeton Club di New York.

 

Articolo in inglese: Oedipus and the Plague: The Will to Endure

Per saperne di più:

 
Articoli correlati