È vero che gli uomini sono più violenti delle donne?

Negli ultimi anni, il pubblico è diventato sempre più sensibile al tema della violenza contro le donne, al centro di dibattiti, notizie, approfondimenti e leggi dello Stato. Secondo dati Istat, il 5,4 per cento delle donne (circa una donna su 18) tra i 16 e i 70 anni ha subito uno stupro o un tentativo di stupro, spesso da parte di un ex partner. Il 20,2 per cento delle donne di questa fascia d’età ha subito nel corso della propria vita violenze fisiche di varia intensità e il 21 per cento molestie sessuali.

Parallelamente al fenomeno, che preoccupa l’intera comunità, c’è chi lamenta che pari attenzione non venga rivolta alla violenza contro gli uomini, a riguardo della quale può essere utile dare un’occhiata ai dati. L’opinione comune è che gli uomini tendano a essere più violenti delle donne e che la violenza contro gli uomini certamente esista, ma sia un fenomeno di minore rilevanza e probabilità.

Se si guardano le statistiche del ministero dell’Interno, i cui dati sono relativi agli autori (penalmente riconosciuti) di violenza, il quadro è molto chiaro: si tratta principalmente uomini. Il 92,9 per cento degli autori di omicidio, per esempio, sono uomini. Gli uomini uccidono altri uomini nella maggior parte dei casi: il 75,4 per cento. Anche le donne uccidono principalmente uomini: nel 67,4 per cento. Naturalmente, dai dati appena citati si deduce anche che le donne uccidano altre donne più spesso di quanto gli uomini uccidano donne (nell’8 per cento dei casi in più). La maggior parte degli omicidi, però, avvengono nel contesto della criminalità, cosa che gonfia notevolmente il dato degli omicidi di uomini da parte di uomini.

Gli istituti ufficiali non raccolgono dati sulla violenza domestica di donne nei confronti di uomini, ma solo del contrario. Quindi non è possibile al momento determinare con metodi rigorosi quale sia la differenza percentuale tra i due tipi di violenza.

Il ministero dell’Interno ha anche cercato di studiare cosa avessero in comune tra loro gli uomini che hanno esercitato violenza penalmente riconosciuta contro le donne. La prima caratteristica più frequente è risultata il fatto che queste persone avessero già esercitato violenza in passato. La seconda caratteristica più comune, presente nel 42,4 per cento degli uomini che esercitano violenza contro le donne, è stato l’aver subito violenza dalla propria madre, mentre il 34,8 per cento aveva subito violenza dal proprio padre.

LE STATISTICHE SUGLI UOMINI VITTIME DI VIOLENZA

Gli uomini sono molto più spesso vittime di omicidio rispetto alle donne. Ma questo tipo di omicidi non sono l’equivalente dei femminicidi: gli uomini vengono uccisi soprattutto in contesti legati alla criminalità e non alle relazioni umane.

Quindi è necessario studiare direttamente la violenza sugli uomini, da parte delle donne, nel contesto della coppia. A riguardo va precisato che, sebbene il femminicidio sia normalmente definito come l’atto di uccisione di una donna in quanto donna (discriminata e considerata inferiore), nella realtà dei fatti i media e le statistiche ufficiali usano il termine ‘femminicidio’ ogni volta che una donna rimanga uccisa dal compagno o ex compagno, prima ancora che un parere psichiatrico abbia determinato se l’uomo volesse uccidere la donna in quanto tale.
Di conseguenza, nel presentare i dati sulla violenza contro gli uomini, si tiene conto della violenza della donna contro l’uomo nello stesso modo in cui si studia la violenza dell’uomo contro la donna, ovvero considerando solo il contesto sociale ‘normale’, senza tener conto delle situazioni connesse alla criminalità né delle motivazioni psicologiche, su cui non risultano dati precisi.

Tornando alla violenza denunciata, grave e condannata dalla magistratura, gli uomini sono i principali autori. Per quanto riguarda la violenza fisica generica (che comprende quella non denunciata o quella minore), i dati a disposizione (che in Italia sono comunque esigui), mostrano le donne come principali autrici. Infatti, da uno studio pubblicato sulla Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, Vol VI n. 3 di settembre-dicembre 2012, che imita le modalità e le procedure dei sondaggi Istat sulla violenza contro le donne, è risultato che nemmeno un uomo (su 1.058 interpellati) abbia affermato di non aver mai subito violenze fisiche da una donna (ultima colonna).

Le stesse domande sono state poste a donne (nella situazione inversa) dalle rilevazioni Istat. La differenza è enorme:


(numeri percentuali)

Una differenza importante da specificare è che lo studio di Istat si limitava agli episodi di violenza nei 5 anni tra il 2005 e il 2014, mentre l’altro studio non sembra aver posto limiti di tempo. Questo spiega l’enorme sproporzione, ma non pregiudica il significato dello studio sulla violenza contro gli uomini.

Dal momento che in Italia gli studi sulla violenza subita dagli uomini sono pochi e non sono eseguiti dall’Istat, quindi possono essere messi in dubbio (ricevono meno fondi e sono eseguiti in maniera rigorosa dal punto di vista del campione da intervistare e della formazione degli intervistatori, per stessa ammissione degli autori dello studio sopra citato, sulla violenza contro gli uomini), è utile osservare la situazione all’estero.

«Se si guarda alle statistiche sugli scontri fisici all’interno di una coppia sposata – afferma lo psicologo canadese Jordan Peterson in una delle sue lezioni caricate su Youtube – le donne attaccano i mariti più spesso di quanto i mariti attacchino le mogli. Perché? Beh, supponiamo che non ci sia una ragione particolare e che in una relazione entrambi i coniugi abbiano la stessa probabilità di arrabbiarsi: le donne sanno che se colpiscono il loro marito, non accadrà nulla. Se sei una donna bassina e tuo marito è alto quanto me, a meno che tu non mi colpisca con un oggetto o un qualcosa di tagliente, la probabilità che tu mi causi un qualche serio danno è piuttosto bassa. Certo, potresti procurarmi dolore. Ma se io faccio il contrario, e colpisco te e ti colpisco davvero, allora potrei ucciderti. […] Quindi gli uomini fanno danni più gravi alle donne, ma le donne sono più aggressive nelle relazioni». La cosa, spiega Peterson, è imputabile alla maggiore forza fisica (media) della metà superiore del corpo maschile, dovuta a ragioni biologiche.

L’opinione di uno psicologo (che comunque si basa su dati accettati) e quella di un singolo studio non sono sufficienti, quindi può essere utile guardare a un grande database di studi sulla violenza domestica, domesticviolenceresearch.org, che ha confrontato i risultati di 111 studi tenuti in tutto il mondo (la maggior parte in America) e che ha riportato che alla luce di questi, «i tassi di violenza domestica fisica perpetrata sia da uomini che da donne, in generale sono più simili che diversi, e leggermente maggiori per le donne che per gli uomini». Le percentuali medie indicano che il 28,3 per cento delle donne coinvolte dallo studio avevano perpetrato nei confronti del partner atti di violenza domestica; per gli uomini, la percentuale era del 21,6 per cento.

«La violenza perpetrata nelle relazioni intime – afferma lo studio nelle premesse – continua a essere vista come un problema di male-dominance, ovvero come atti perpetrati da un uomo nei confronti del suo partner di sesso femminile allo scopo di ottenere potere e controllo nella relazione. Tuttavia, le ricerche dimostrano una considerevole eterogeneità nelle caratteristiche e nelle motivazioni dei perpetratori di violenza domestica, e le precedenti revisioni di studi nella letteratura hanno concluso che uomini e donne aggrediscono fisicamente i loro partner con simile frequenza».

CONCLUSIONI

I dati a livello mondiale (che tuttavia vengono principalmente dagli Usa) affermano abbastanza chiaramente che gli uomini non tendono a esercitare la violenza in modo maggiore rispetto alle donne, ma semmai minore. Tuttavia, gli uomini tendono a macchiarsi dei crimini più gravi di violenza, cosa che in qualche modo giustifica la maggiore attenzione mediatica.

Per quanto riguarda la situazione italiana, sono necessari ulteriori studi, anche se quelli attuali non fanno immaginare risultati opposti a quelli internazionali.

In chiusura, la sociologa Camille Paglia, sostiene che il motivo per cui ci siano più criminali tra gli uomini che tra le donne sia riconducibile anche alle curve delle misurazioni del quoziente di intelligenza e delle facoltà mentali rispetto al genere, che mostrano come l’intelligenza maschile sia maggiormente concentrata verso gli estremi (ci sono più uomini tra le persone poco intelligenti e tra le persone estremamente intelligenti) mentre quella femminile sia maggiormente concentrata verso la parte centrale (quella delle persone di media intelligenza). Lo stesso varrebbe per la sanità mentale. La studiosa, che si auto-definisce femminista, si batte per la valorizzazione delle differenze tra uomo e donna e per il riconoscimento (anche) del valore degli uomini, e sostiene che gli uomini tendano più delle donne a essere ossessionati da un singolo perseguimento o pensiero, che sia l’arte, la scienza, una carriera o, purtroppo, la follia: «Non esiste un Mozart femmina», afferma in diversi suoi discorsi, per lo stesso motivo per cui «non esiste un Jack lo Squartatore femmina!».

 
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