Dopo il bitcoin, è l’argento la nuova ‘fiamma’ dei cinesi

Si dice che gli speculatori cinesi comprino qualsiasi cosa con il segno ‘+’ nel mercato. Gli immobili, le azioni, il rame, il bitcoin e ora l’argento.

I futures per l’argento, a Shanghai, hanno raggiunto il limite massimo, con prezzi di 95 centesimi al grammo: il 4 luglio ha, infatti, visto un +6,9 per cento nel prezzo. Dietro questi acquisti ci sono principalmente i cinesi: lo scorso venerdì, infatti, i volumi dei tassi futures di Shanghai sono esplosi fino a un valore di 95 miliardi di yuan (12 miliardi e 836 milioni di euro).
Da allora il prezzo è sceso di poco sotto i 90 centesimi, ma la performance complessiva del secondo trimestre è comunque da primo della classe: +17 per cento.

Questo, almeno, se nella ‘classe’ si considerano solo gli asset tradizionali. Prendendo come riferimento lo stesso periodo, il Bitcoin, che è il mezzo per il deflusso di capitali che i cinesi preferiscono, è al +66 per cento rispetto allo yuan cinese. Dopo il picco del 16 giugno, si è stabilizzato e questa è per i cinesi una buona occasione per investire di nuovo nell’argento. L’argento, come il bitcoin, non fa parte del sistema bancario cinese e fornisce un’assicurazione in caso di ristrutturazione del debito.

Storicamente la Cina ha alternato sistemi basati sull’argento a sistemi basati sulla valuta cartacea. Gengis Khan fu il primo imperatore a costringere i cittadini a usare quest’ultima, mentre il governo del Partito Nazionalista di Chiang Kai-sheng, nel 1935, è stato l’ultimo a essere tornato alle banconote, dopo una fase basata invece sull’argento.

L’attuale regime comunista è stato permissivo nel concedere ai cinesi la libertà di acquistare oro e argento, forse con la consapevolezza di poterlo confiscare in qualsiasi momento.
Willem Middelkoop, esperto in oro, in una precedente intervista aveva già spiegato: «Sanno che in situazioni di crisi, il governo centrale può confiscare l’oro e dare in cambio banconote. Questo in particolar modo in un Paese, come la Cina, che è controllato a livello centrale».

Secondo Ole Hansen, capo delle strategie sulle materie prime alla Saxo Bank, fino ad allora i cinesi non daranno peso alle filosofie associate ai diversi sistemi di valuta, ma piuttosto continuerano a preferire la speculazione per trarne profitti.

«In Cina, l’emergere di luoghi adatti al commercio di materie prime , tuttavia – ha scritto Hansen in un post sul suo blog – ha fatto cambiare l’equilibrio del mercato. Ad aprile l’aumento della domanda dei futures dei tondini in acciaio e del minerale di ferro da parte dei day trader cinesi ha portato a una forte impennata dei volumi giornalieri».

All’inizio dell’anno i trader cinesi avevano investito in acciaio e ferro, assistendo poi a una caduta dei prezzi per un terzo del loro valore. Succederà lo stesso anche per l’argento? Secondo Hansen non succederà.
«“No” è probabilmente la risposta più sintetica. In Cina, l’argento è una materia molto più commercializzata rispetto alle altre futures attualmente disponibili».

Articolo in inglese: After Bitcoin, Chinese Go Crazy About Silver

 
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