Disinformazione, Covid-19 e il potere della stampa

Di Ronald J. Rychlak

Molto inchiostro è stato speso nel tentativo di attribuire le responsabilità della diffusione globale del Covid-19.

La maggior parte delle persone ora riconosce che il virus del Pcc (Partito Comunista Cinese), meglio noto come nuovo coronavirus, ha avuto origine a Wuhan, in Cina, ma non è ancora chiaro se provenga da un laboratorio biologico o da un mercato del pesce.

Gran parte della confusione iniziale sull’origine del virus può essere ricondotta alle dichiarazioni del governo cinese, volte a minimizzare la portata dell’epidemia e a negare la propria responsabilità. Citando il Los Angeles Times, il portavoce della Commissione europea Peter Stano ha definito le prime ingannevoli notizie come «un’epidemia di cattiva informazione e disinformazione».

Gran parte delle false notizie sull’epidemia di coronavirus provengono da Cina, Russia e Iran; Paesi dove i governi controllano i media e non garantiscono la libertà di informazione, dove la stampa è sostanzialmente diventata un organo di propaganda dei governi e non esistono notizie attendibili.

Ma attualmente, tutto il mondo sta subendo direttamente le conseguenze di una mancata informazione libera e indipendente.

Il regime comunista cinese è responsabile della disinformazione più significativa e distruttiva: dalla prima segnalazione a Wuhan del virus del Pcc, mentre degli utenti Twitter sponsorizzati dallo Stato cinese promuovevano teorie di cospirazione, le autorità del regime censuravano i messaggi di critica sui social media che utilizzavano definizioni come ‘polmonite sconosciuta di Wuhan’ o ‘nuova influenza di Wuhan’.
Chiunque abbia scritto storie o resoconti non approvati è stato punito per ‘aver diffuso dicerie’ e fomentato ‘disordini sociali’.

Molti lettori conosceranno ‘l’informatore’ cinese Li Wenliang, l’oftalmologo i cui primi avvertimenti sul coronavirus sono stati soppressi dal regime comunista. Il medico 34enne è stato punito dalle autorità locali per ‘aver diffuso dicerie’ quando all’inizio di gennaio aveva cercato di avvisare i suoi colleghi circa la pericolosità del virus. A febbraio è morto per complicazioni legate alla sua esposizione al virus.
A quel punto, però, l’epidemia si era già diffusa.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump era tra quelli che parlavano di ‘virus di Wuhan’ o ‘virus cinese’, così verso la fine gennaio ha varato pesanti restrizioni sui voli provenienti dalla Cina. Il candidato presidenziale del Partito Democratico Joe Biden in quel momento invece dichiarava: «Questo non è il momento per l’isteria e la xenofobia – xenofobia isterica – di Donald Trump, è ora invece di aprire la strada alla scienza».

I funzionari cinesi hanno fatto subito eco a Biden, sostenendo le sue critiche. E i media controllati dallo Stato hanno persino suggerito che il virus fosse stato portato a Wuhan da atleti militari statunitensi oppure che fosse nato in Italia.

A metà marzo, il Pcc ha deciso che il controllo sui media nazionali non era sufficiente. Ha espulso quindi i giornalisti stranieri dalla Cina e da Hong Kong, privando ulteriormente il popolo cinese e il resto del mondo dell’accesso ad informazioni veritiere sul virus e i suoi effetti in Cina. Da quel momento in poi, i giudizi si sono basati solamente su informazioni autorizzate, del tutto opinabili, e su occasionali frammenti di notizie che superavano la censura.

Anche la Russia è stata accusata di condurre una campagna di disinformazione che, secondo il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), dell’Unione europea, ha utilizzato «articoli contraddittori, confusi e dannosi» che hanno reso difficile per i governi occidentali coordinare le loro risposte alla crisi, e questo ha generato panico e dubbio.

Secondo Reuters, il Seae ha scritto: «L’obiettivo generale della disinformazione del Cremlino era di aggravare la crisi della salute pubblica nei Paesi occidentali […] in linea con la più ampia strategia del Cremlino di tentare di sovvertire le società europee».

Un comunicato russo riportato da Sputnik ha affermato che il virus era stato inventato da biologi e farmacisti in Lettonia. Altri vicini al Cremlino hanno avanzato l’idea che fosse stato sviluppato dall’esercito britannico.

I legislatori russi hanno autorizzato il Cremlino a richiedere uno stato di emergenza a livello nazionale e hanno prescritto lunghe pene detentive per chiunque diffondesse notizie false sul coronavirus. Detto in altro modo, proprio come in Cina, chiunque pubblichi qualcosa di diverso da storie e statistiche non approvate dal governo rischia il carcere. Secondo la National Review statunitense, delle persone sono state multate solo per aver discusso di voci sul coronavirus nei social media.

Mentre perseguiva i suoi cittadini e fuorviava il mondo, la Russia ha anche trovato il modo di curare la propria immagine, offrendo aiuti umanitari all’Italia, ma come ha spiegato Eu vs Disinfo anche in questo ambito sono state fatte molte false affermazioni.

I media russi hanno affermato che l’Italia favorisse la Russia rispetto all’Ue e che la Polonia stesse interferendo con la consegna degli aiuti. Hanno anche avviato un’operazione di influenza mediatica in Italia che, secondo i media La Stampa e Codastory, sarebbe «inimmaginabile in circostanze normali».

Certamente ha funzionato bene in Russia, dove un video che è stato trasmesso frequentemente dalla televisione (ma che non sembra più disponibile su Internet) mostrava un uomo italiano che prendeva una bandiera europea e la sostituiva con una russa, e quindi reggeva un cartello che diceva: «Grazie, Putin. Grazie, Russia.»

L’Iran, che è stato particolarmente colpito, ha attribuito la colpa della creazione del virus agli Stati Uniti e a Israele. Il capo del Corpo della Guardia rivoluzionaria iraniana ha affermato che gli Stati Uniti stavano conducendo un attacco biologico contro l’Iran (l’Iran ha anche accusato la Russia, non per aver creato la crisi, ma per non aver aiutato l’Iran che aveva bisogno di assistenza).

Prima che le cose sfuggissero di mano, la leadership iraniana incoraggiava grandi riunioni pubbliche per rafforzare la legittimità del regime, ignorando totalmente la minaccia alla salute pubblica. Successivamente, quando i risultati disastrosi di quelle decisioni sono iniziati a farsi vedere, il regime ha rifiutato gli aiuti umanitari e l’assistenza offerti dagli Stati Uniti e da altre nazioni. Sembra che lasciar soffrire e morire le persone sia meglio che riconoscere gli errori del governo.

Mentre il virus si diffondeva in quella nazione, la leadership iraniana ha soppresso le informazioni sulla reale portata dell’epidemia. Le autorità statali hanno incarcerato decine di iraniani semplicemente per aver detto la verità sull’epidemia. Alla fine di marzo, la nazione ha vietato la stampa di tutti i giornali che menzionavano la diffusione del virus.

Gli iraniani hanno perso così tanta fiducia nel loro governo e nella stampa che hanno preso a circolare voci sul fatto che bere alcol in quantità industriale prevenisse il Covid-19. Così anche questa fesseria è diventata un problema, che ha causato addirittura centinaia di morti.

Molte persone, tra cui il segretario di Stato americano Mike Pompeo, hanno accusato Cina, Russia e Iran di diffondere intenzionalmente disinformazione. Tecnicamente, tuttavia, la disinformazione è una falsa notizia messa intenzionalmente in giro da fonti attendibili, mentre queste storie, poiché circolate nei media statali ufficiali, non soddisfano questo requisito.

Come ha osservato il Dipartimento di Stato riguardo l’impatto delle sanzioni statunitensi sulle notizie sul virus, «i media dovrebbero saperne qualcosa in più, sull’opportunità o meno di credere alla propaganda cinese e russa che induce in errore il pubblico, e farla circolare».

I media di Cina, Russia e Iran sono armi del governo e non ci si può aspettare che riferiscano i fatti in modo accurato. Diffondono propaganda, disinformazione e notizie false per sostenere l’interesse dei loro governi. I media occidentali dovrebbero avere chiaro che non possono affidarsi ciecamente alle informazioni che riportano.

The Epoch Times è stato fondato nel 2000 da un gruppo di cino-americani che volevano reagire alla censura in Cina e alla mancanza di consapevolezza internazionale sulla brutale repressione delle religioni e delle pratiche spirituali da parte del regime di Pechino. Epoch Times ha deciso di riferirsi al virus che causa la malattia Covid-19 come il virus del Pcc; ha adottato questo nome a causa dell’occultamento da parte del Pcc e della cattiva gestione che ha permesso al virus di diffondersi in tutta la Cina e creare una pandemia globale.

Non è razzista o xenofobo; fa semplicemente quello che dovrebbe fare il buon giornalismo e attribuisce con precisione la colpa a chi appartiene.

 

Ronald J. Rychlak ha la cattedra di Jamie L. Whitten in legge e governo presso l’Università del Mississippi. È autore di numerosi libri, tra cui ‘Hitler, the War, and the Pope’ (Hitler, la guerra e il papa), ‘Disinformation’ (Disinformazione) (co-autore con Ion Mihai Pacepa), e ‘The Persecution and Genocide of Christians in the Middle East’ (La persecuzione e il genocidio dei cristiani in Medio Oriente) (co-curato con Jane Adolphe).

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni di Epoch Times.

 

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Articolo in inglese: Disinformation, COVID-19, and the Power of the Press

 
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