Dave Rubin, un uomo razionale in un’epoca irrazionale

Quando Dave Rubin ha iniziato a scrivere il suo primo libro nel marzo 2019, non poteva immaginare che sarebbe uscito nel bel mezzo della peggiore pandemia che il mondo abbia mai visto da almeno un secolo.

Come spiega a Epoch Times, fortunatamente gli argomenti trattati in Don’t Burn This Book: Thinking for Yourself in an Age of Unreason [Non bruciare questo libro: pensare da sé nell’era dell’irragionevolezza, ndr], sono più pertinenti che mai.

E molti lettori sembrano della stessa opinione: il libro uscito il 28 aprile è diventato rapidamente un best-seller di saggistica. I suoi capitoli includono «Pensa liberamente o muori», «Non arrenderti mai alla folla» e «Impara a individuare le notizie false»: tutti argomenti risultati molto attuali, in un Paese diviso dai lockdown che lotta contro le conseguenze del Covid-19.

Rubin, cronista politico e comico con oltre un milione d’iscritti su YouTube, ospita «The Rubin Report», un programma che ruota attorno alla libertà di parola e di pensiero: «Dovremmo onestamente riflettere su quanta della nostra libertà personale siamo disposti a scambiare per essere potenzialmente sicuri, e non necessariamente sicuri. Dato che siamo gonfi di libertà, non ci rendiamo nemmeno conto di quando le nostre libertà ci vengono tolte».

La ‘santa trinità’ della follia 

Il titolo originale del libro di Rubin era «Perché ho lasciato la sinistra», ma non appena ha incassato l’assegno in anticipo dell’editore, gli è venuta un’idea migliore.

«Non c’è bisogno che io vada avanti per 250 pagine su come la sinistra [americana, ndr] abbia completamente perso la testa. Questo lo sapete già. Piuttosto che essere onnicomprensiva e giusta, la sinistra è ormai autoritaria e puritana». Secondo Rubin, le ragioni principali della sua trasformazione, sono che la sinistra non è più liberale, e la libertà americana è messa in discussione: «Il vero liberalismo, il liberalismo classico, significa che si crede nei diritti individuali, quindi per la legge tutti dovrebbero essere trattati allo stesso modo. E nel tocco leggero del governo».

Oggi, quando la maggior parte delle persone parlano di «liberal» in realtà intendono «progressista», ha spiegato Rubin, e sostengono «le grandi politiche di governo».

«Bernie Sanders, per esempio, non è un liberale. Pensa che il governo dovrebbe fare praticamente tutto».

Nel suo libro Rubin scrive che il suo risveglio è iniziato nel 2013 quando si è trasferito da New York a Los Angeles e ha iniziato a lavorare per The Young Turks, un programma giornalistico su YouTube. «Non importa di cosa si trattasse, c’era sempre la tendenza a ‘bacchettare’ qualcuno per farlo tacere». Quando un commentatore nero è stato accusato dal conduttore principale del programma di essere uno «Zio Tom del movimento conservatore», Rubin ha cominciato a chiedersi perché «un brav’uomo dovrebbe venire accusato così dai ‘tolleranti’ progressisti?».

Il secondo momento chiave per Rubin si è verificato quando ha visto un episodio di «Real Time with Bill Maher» su Hbo nel 2014. Quel giorno, l’attore Ben Affleck ha interrotto l’intervista di Maher con il neuroscienziato Sam Harris accusandoli entrambi di essere «schifosi» e «razzisti» per aver dibattuto sul fatto se le dottrine islamiche violassero o meno i principi liberali.

Dal punto di vista di Rubin «le persone di sinistra tendono a credere che, poiché provano un certo sentimento verso una questione, esso sia empiricamente vero e moralmente giusto; e nella maggior parte dei casi, si sbagliano completamente».

Rubin ha dedicato il libro ad Affleck.

Il terzo campanello d’allarme è suonato in occasione degli attacchi terroristici del 2015 contro la rivista satirica francese «Charlie Hebdo», quando due terroristi di al-Qaeda nella penisola arabica hanno ucciso undici persone per la pubblicazione di cartoni animati raffiguranti il profeta Maometto. Nel mezzo del lutto nazionale in Francia, racconta Rubin, «i miei compagni di sinistra hanno difeso l’attacco sostenendo che criticare questi uomini armati fosse islamofobia».

L’insieme di questi tre eventi «sono diventati una ‘santa trinità’ della follia di sinistra che mi ha messo sulla via del divorzio dalle persone con i paraocchi».

Il dark web intellettuale

Questa frattura ideologica ha portato Rubin nella compagnia dell’Intellectual Dark Web (Idw), un gruppo descritto in un articolo del 2018 ad opera del New York Times come un gruppo di pensatori iconoclasti, accademici rinnegati e personalità dei media che «stanno rapidamente costruendo i propri canali di comunicazione di massa».

In realtà i membri di Idw hanno solo punti di vista politici diversi, e si impegnano a utilizzare i social media come piattaforma per un dibattito informativo: «Alcuni hanno pagato per quest’attività, venendo epurati da istituzioni che sono diventate sempre più ostili al pensiero non ortodosso», riporta un paragrafo del New York Times.

Tra di loro ci sono Eric e Bret Weinstein, Ayaan Hirsi Ali, Sam Harris, Ben Shapiro, Joe Rogan, Christina Hoff Sommers e il popolare psicologo Jordan Peterson, che è diventato il mentore di Rubin. Nel 2018, Rubin ha accompagnato Peterson in un tour mondiale che comprendeva 120 spettacoli in venti Paesi. Nel libro Rubin descrive in dettaglio una serie di lezioni preziose che ha imparato: «Se crei qualcosa che vale la pena creare, allora devi metterci tutto te stesso».

Come altri membri dell’Idw, Rubin si preoccupa della popolarità della politica identitaria, che nel libro definisce «l’inverso del principio del Melting Pot sul quale è stata fondata l’America. Centinaia di milioni di persone hanno paura di dire quello che pensano, non perché sono razzisti, ma perché il loro pensiero è un po’ diverso dal dogma woke e progressista del giorno».

Nel libro, Rubin cita la mentalità mafiosa di «cancellazione della cultura» per soffocare la libera espressione. «Mai, mai e poi mai arrendersi alla folla. Quello che mi preoccupa è che restiamo noi in silenzio, prima che lo imponga il governo». Ha definito la ‘folla’ online, come una «macchina dell’indignazione» che serve a «zittire la brava gente». Rubin riconosce che alcune idee possono essere «nocive» o «grottesche», ma questo «non significa che la gente non debba poterle esprimere. Più impedisci alle persone di dire le loro cattive idee, più le spingi sottoterra. Si dà a queste persone la sensazione di essere vittime, e che ci sia una sorta di cospirazione che le fermi. Ma l’idea di dover cacciare via tutti quelli che non ci piacciono è molto pericolosa, perché alla fine toccherà a tutti».

Un enorme esercito di troll

Nonostante il titolo, Rubin non teme che qualcuno possa letteralmente bruciare il suo libro. Invece, c’è un gigantesco esercito di troll che sta cercando di distruggere tutte le recensioni: «Questo è il moderno bruciare i libri. Cercheranno di sopraffare le recensioni di Amazon. Attaccheranno tutti i rivenditori online. Cercheranno di convincere i negozi a non venderlo, di sopprimere le recensioni positive e mettere un like alle negative».

Tuttavia i tentativi dei troll si sono rivelati un fallimento. «Cari troll, state davvero aiutando le vendite del libro, dimostrandone la sua validità», ha scritto Rubin in un tweet del 6 maggio. Il giorno seguente, due settimane dopo la sua uscita, «Don’t Burn This Book» è apparso ufficialmente sulle liste dei best-seller. «Se qualcuno non è d’accordo con te, e lo fa in modo rispettoso, allora incoraggio l’impegno e cerco di coinvolgere quante più persone possibile».

L’obiettivo di Rubin è di mostrare a questi critici «una guida avanzata», su «come lasciare la sinistra» e «dove andare dopo».

Abbiamo anche scoperto che uno dei critici più severi di Rubin vive nella sua casa. Quando è iniziato l’isolamento, Rubin è venuto a sapere che alcuni canili dovevano iniziare ad abbattere i cani. Così si è precipitato in un canile locale e ha salvato Clyde, un incrocio con un pitbull che quel giorno doveva essere ucciso. «Clyde mi ha letteralmente mangiato la prima copia di ‘Non bruciare questo libro’, ma alla fine lo metteremo all’asta, e il 100 per cento del ricavato andrà in beneficenza, probabilmente a un ente per gli animali».

 

 

Chris Karr è un reporter californiano di Epoch Times che scrive da venti anni; i suoi articoli, servizi, recensioni, interviste e saggi sono stati pubblicati su diversi periodici.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Articolo in inglese: Dave Rubin: A Thinking Man in an ‘Age of Unreason’

 
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