Non solo Rain Man. Approvata in Italia la prima legge sull’autismo

Si chiamava Kim Peek l’uomo che aveva ispirato Rain Man, il famoso film del 1988 di Barry Levinson, vincintore del premio Oscar e interpretato da Dustin Hoffman e Tom Cruise.

La sua forma di autismo era molto particolare (definita dai medici col termine ‘Savant’), in cui i malati sono persone capaci di doti fenomenali: nel caso di Kim si trattava di una capacità di calcolo al livello di un computer e di una memoria prodogiosa (Peek era capace di memorizzare un intero libro alla perfezione dopo averlo sfogliato solo una volta).

Ma gli autistici non sono tutti come Kim ‘Raimond’. L’autismo è un disturbo del neurosviluppo, che colpisce le basi biologiche della comunicazione sociale e dell’immaginazione, da cui derivano le difficoltà all’interazione sociale e i comportamenti ripetitivi. L’autismo si associa spesso ad altri disturbi del neurosviluppo: ritardo mentale, epilessia e disturbi ossessivi compulsivi.

Il 5 agosto 2015 è stata approvata la prima legge in Italia sull’autismo. La legge dà disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone malate di autismo e di assistenza alle famiglie.

Ma che cos’è l’autismo realmente? Come possono essere aiutate le persone intorno al soggetto autistico? Abbiamo chiesto il parere della professoressa Daniela Mariani Cerati, specialista della malattia.

Professoressa Mariani Cerati, la nuova legge stabilisce dei livelli essenziali di assistenza o LEA. Cosa sono?

«I Lea sono le prestazioni sanitarie che hanno dato una grande dimostrazione di efficacia e che pertanto il servizio sanitario nazionale deve passare gratuitamente ai cittadini che hanno questo tipo di patologia».

Che tipo di assitenza servirebbe in Italia?

«Al momento attuale la terapia che ha dimostrato un’utilità, se pure limitata, è di tipo abilitativo. E l’abilitazione in un bambino sfocia nell’educazione compensativa, che in Italia viene data nella scuola di tutti. Serve una guida, una supervisione da parte di esperti che possano fare programmi educativi personalizzati che poi dovranno mettere in pratica insegnanti e genitori. Gli insegnanti di sostegno dovrebbero avere una formazione specifica, oltre a rinnovare la formazione teorica con corsi e pratica, con la supervisione sul campo. La terapia Farmacologica serve solo in alcuni casi, quando ci sono comportamenti dirompenti, ma va fatta da medici di grande esperienza sul campo, perché spesso dà gravi effetti collaterali o addirittura l’effetto paradosso».

Quali centri specializzati ci sono e come andrebbe aiutata una famiglia con un bambino autistico?

«Un buon centro pubblico è a Mondovì, diretto da Maurizio Arduino. Un’associazione privata di educatori di grande livello è paneecioccolata.com, che purtroppo ha poche convenzioni col pubblico, per cui molte famiglie ricorrono al privato spendendo cifre enormi per un servizio che speriamo sarà dato gratuitamente con i Lea.

«Le famiglie devono avere un ‘parent training’, per diventare capaci di gestire figli diversi e devono avere una buona scuola, per essere tranquille quando il figlio è a scuola. Inoltre, dopo i 18 anni ci dovrebbero essere esperti capaci di fare una programmazione riabilitativa continua e di proseguire l’inclusione nella società e possibilmente nel lavoro».

 

Immagine della lavagna concessa da shutterstock

 
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