Da che parte si schiererà Xi nelle proteste di Hong Kong?

Mentre i gangster della mafia locale picchiano i manifestanti democratici nel quartiere di Yuen Long e le proteste contro la legge di estradizione aumentano (e la polizia lancia lacrimogeni sulla folla), la situazione a Hong Kong è entrata in una nuova fase. Il suo sviluppo influenza non solo la politica della città e della Cina in generale, ma potrebbe plasmare anche il futuro della politica internazionale.

Una delle caratteristiche importanti dei regimi autoritari è che il potere amministrativo proviene dal livello più alto della piramide. A causa della complessità degli affari di un grande Paese, coloro che detengono il potere devono fare affidamento su vari strati di un sistema burocratico piuttosto complesso, per governare. Pertanto, l’evoluzione politica di Paese in un grande sistema autoritario segue regole specifiche. I sistemi burocratici a volte lanciano campagne (politiche o di opinione pubblica) quando vogliono qualcosa di diverso da coloro che sono al vertice della piramide o, al contrario, quando vogliono che il potere risponda alle loro richieste.

Le reazioni a questo tipo di dinamiche da parte degli alti livelli si rivelano spesso attraverso incidenti specifici; il caso Lei Yang del 2016 né un esempio concreto.

Lei Yang, residente a Pechino, era stato arrestato mentre si recava in aeroporto, con l’accusa di induzione alla prostituzione, ma è deceduto lo stesso giorno all’età di 29 anni. La polizia ha dichiarato che è morto a causa di ictus dopo essere stato arrestato in un centro massaggi, e l’emittente di stato China Central Television ha persino trasmesso la testimonianza di una prostituta, che ha affermato di aver offerto servizi sessuali a Lei Yang. 

La famiglia ha trovato delle ferite sul corpo di Lei e sospetta che sia stato picchiato a morte dagli agenti, ma la polizia (stranamente) non ha conservato alcuna documentazione sull’arresto e sulla detenzione dell’uomo.

L’opinione pubblica cinese a questo punto si è alquanto arrabbiata per la morte del giovane e ha chiesto a gran voce un’indagine. Come risultato delle proteste del pubblico, il leader cinese Xi Jinping e Wang Qishan, allora segretario della Commissione Centrale per l’Ispezione Disciplinare, hanno dovuto ordinare un’indagine approfondita. 

In risposta, però, la polizia di Pechino si è indignata e 4 mila agenti di polizia locali hanno firmato una lettera di dimissioni, resistendo alle indagini. 

L’autorità centrale del Pcc (e di conseguenza Xi), che deve far affidamento su questi agenti di polizia per la sicurezza di Pechino, sotto una tale pressione, ha scelto di scendere rapidamente a compromessi: il caso di Lei Yang non è stato più portato avanti e i poliziotti coinvolti non sono stati ritenuti responsabili.

L’uomo al centro dell’incidente era allora Fu Zhenghua, al tempo viceministro del Ministero della Pubblica Sicurezza e membro della Commissione Centrale per gli Affari Politici e Legali, che aveva guidato la severa repressione di avvocati e dissidenti per i diritti umani. Aveva inoltre portato avanti il progetto «Pechino trasparente», volto a monitorare tutti i possibili oppositori politici dei massimi vertici.

Sebbene Xi fosse sceso a un compromesso sull’incidente, non si fidava più di Fu, che precedentemente era passato con lui lasciando la fazione di Jiang Zemin (ex capo del Pcc e rivale di Xi). Così alla fine Fu Zhenghua è stato nominato ministro della Pubblica Sicurezza: una posizione che in realtà ha molto meno potere del precedente incarico (quello di vice ministro della Pubblica Sicurezza).

Anche se Xi ha risolto il problema Fu, il suo compromesso ha aperto una nuova porta ai politici cinesi. Molti si sono resi conto che se avessero esercitato pressioni sulla sicurezza del regime e sugli interessi politici, anche il potere più elevato sarebbe sceso a compromessi. Dopo il 2016, un numero sempre maggiore di membri del sistema di sicurezza pubblica ha assunto incarichi nei comitati politici e legali locali e centrali. Le leggi e le politiche locali sono aumentate di nuovo e i vari ministeri e commissioni a Pechino hanno preso una posizione sempre più dura in termini di allineamento alle politiche di Xi.

L’incidente di Lei Yang ha costituito una svolta per l’amministrazione di Xi. Il suo potere in aumento fino allora, ha iniziato a diminuire a seguito del caso.

E l’attuale situazione a Hong Kong è abbastanza simile a quella del caso Lei Yang.

Il sistema tradizionale del Pcc ha le sue idee e posizioni sul governo di Hong Kong, ha anche i suoi strumenti di governance tradizionali e consueti, e, ancora più importante, ha i suoi enormi interessi. Un tale sistema ha urgente bisogno di Xi per fornire istruzioni chiare e autorizzazioni per gestire le proteste. Ovviamente, non ha ancora ricevuto l’autorizzazione che desiderava, quindi ha fatto ricorso a vari mezzi per intensificare la situazione, pensando in questo modo di costringere Xi ad accettare i suoi termini.

La portata e l’impatto economico negativo della situazione di Hong Kong, nonché le implicazioni per la politica interna e internazionale sono oltre cento volte superiori a quelle del caso Lei Yang; perciò se Xi scegliesse di scendere nuovamente a compromessi, annuncerebbe effettivamente la morte delle sue nuove politiche; significherebbe anche che l’autorità centrale di Xi non va oltre Zhongnanhai (il quartiere delle sede centrale del Pcc a Pechino), proprio come quella dei precedenti leader Jiang Zemin e Hu Jintao.

Anche se si mettono da parte gli scontri delle filosofie politiche, la recessione economica, la perdita del sostegno popolare e il risentimento dei funzionari porteranno allo scoppio di conflitti sociali. Difatti le campagne anticorruzione di Xi hanno reso l’intero sistema rappresentato da molti funzionari corrotti come suo nemico; anche le dimissioni pacifiche potrebbero non essere un’opzione praticabile.

Solo se Pechino fosse in grado di gestire la corruzione nel sistema di Hong Kong a un livello fondamentale, restituire il potere della governance al popolo di Hong Kong e, attraverso questo, accumulare esperienza nella gestione di un sistema sociale aperto e farlo migrare verso la Cina continentale, potrebbe trovare una via d’uscita.

Da questo punto di vista, la situazione di Hong Kong è certamente una sfida per Pechino, ma è anche un’opportunità, sebbene la probabilità che Pechino la sfrutti bene sia estremamente ridotta.

 

Cang Shan è caporedattore dell’ufficio di Hong Kong di The Epoch Times.

Articolo in inglese  Hong Kong Turbulence Presents a Major Turning Point for Beijing

 
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