Corruzione e violenza terroristica ostacolano la pace araba

A fine gennaio il governo svedese ha deciso di non riconoscere l’indipendenza del Sahara Occidentale. È scoppiata la polemica e sono state poste alcune questioni di carattere generale sul conflitto tra il Marocco e il fronte Polisario, l’organizzazione militante che ha proclamato l’indipendenza della nuova Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi.
In effetti, il Parlamento svedese ha votato a favore del riconoscimento del Sahara Occidentale, ma in seguito il governo liberal-conservatore si è rifiutato di andare avanti, sulla base di problemi più grandi, come le relazioni tra Svezia e Marocco e con altri Paesi.

Ma questa volta è diverso. Entrambi i partiti dell’attuale governo di minoranza (socialdemocratici e Verdi) hanno vincolato le decisioni del congresso nel riconoscere un Sahara Occidentale indipendente. La ragione addotta, nonostante le disposizioni precedenti in tal senso, è che la questione dovesse essere «studiata di più» e che questa decisione fosse da vedere come un rinvio e non una conclusione definitiva.

In Svezia esistono alcuni criteri che devono essere soddisfatti per riconoscere un nuovo Stato come indipendente: un fattore chiave è che il nuovo Governo abbia il controllo sul proprio territorio.
Chiaramente, non è il caso del fronte Polisario. Ma la cosa interessante è che questo criterio non è stato il motivo del suo mancato riconoscimento; si tratta di un principio generale (che ha un certo peso a livello internazionale), ma in questo caso non è stato utilizzato.

Questo principio non è stato un ostacolo nemmeno quando lo stesso Governo, poco dopo aver formato una nuova amministrazione dopo le elezioni a settembre 2014, ha riconosciuto lo Stato della Palestina. Neppure l’Autorità palestinese, infatti, controlla il suo territorio ed è divisa in due entità: Cisgiordania e Striscia di Gaza.

Il governo svedese non ha riconosciuto l’indipendenza del Fronte Polisario (almeno per ora) probabilmente perché mira a un seggio nel Consiglio di Sicurezza, dove la Svezia spera di ottenere voti arabi e africani.
E, ultimamente, si è aggiunto un altro problema crescente per le forze dell’ordine svedesi: i bambini marocchini di strada che vivono in Svezia, principalmente a Stoccolma e Goteborg. Per risolvere questo problema, la Svezia deve essere in buoni rapporti con il Marocco.
Inoltre, ci sono altri problemi che non sono stati discussi nella decisione; ad esempio il crescente reclutamento di violente organizzazioni islamiste nei campi del Polisario nella città algerina di Tindouf, oppure la diffusa corruzione e appropriazione indebita dei membri del Polisario d’alto rango, in collusione con le autorità algerine.

Tutte le agenzie d’intelligence nella zona del Sahel, sono consapevoli dei crescenti problemi con l’islamismo militante nella regione. E anche gli algerini hanno riconosciuto che questi gruppi (come ad esempio Al Mourabitoun) stanno intensificando i reclutamenti nei campi del Polisario in Algeria occidentale. La Svezia non ha mai affrontato la questione, ma se il problema del Polisario verrà riesaminato (da questa amministrazione o da qualsiasi altra), si spera che la questione sarà discussa seriamente prima di prendere qualsiasi decisione.

Ovviamente questo è anche un problema per la Questione Palestinese, dove non solo Hamas– che governa la Striscia di Gaza ed è un’organizzazione che Usa e Unione Europea definiscono terroristica – ma anche gli individui dell’Autorità palestinese sono stati coinvolti in incitamenti ed elogi a numerose uccisioni di israeliani da parte dei palestinesi, soprattutto accoltellamenti e attacchi a veicoli. 

Infine, deve anche essere messa sul tavolo anche la questione della corruzione diffusa. Nel 2015, l’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode ha pubblicato un rapporto preoccupante sulla corruzione e l’appropriazione indebita dei rappresentanti del Polisario. L’inchiesta faceva notare che gli incaricati, in collaborazione con le autorità algerine, per diversi anni hanno mentito sulle cifre reali dei rifugiati nei campi di Tindouf, allo scopo di ricevere maggiori aiuti. I rappresentanti del Polisario sottraevano, infatti, le derrate alimentari destinate ai campi per venderle a prezzi gonfiati ai rifugiati; inoltre distribuivano nei campi prodotti di qualità inferiore.

Anche questo problema non è stato affrontato: si poteva, per esempio, fare pressione al Polisario per richiedere un’azione coordinata e fare un serio tentativo di correzione. Ovviamente non è facile, dal momento che l’Algeria decide quello che accade nei campi e dà poco spazio affinché il Polisario abbia un suo processo decisionale indipendente. E questo è un altro terreno di scontro, che perseguita i movimenti politici dipendenti da potenze straniere (come il Polisario con l’Algeria) e che deve essere risolto prima di scegliere una qualsiasi soluzione a lungo termine.

È una situazione che mostra un parallelo con i Palestinesi, la cui leadership da Arafat a oggi (con la notevole eccezione di Salam Fayaad come premier) è stata un’antologia di eventi di corruzione. 

È triste pensare che una delle principali ragioni di questo problema, sia l’aver permesso al problema stesso di degenerare per così tanto tempo; questo in gran parte è dovuto al fatto che Paesi come la Svezia non hanno mai realmente considerato tali movimenti nel contesto di a questi problemi, ponendo così un grave ostacolo alla risoluzione dei conflitti reali, che si tratti d’indipendenza o altro. E questo vale anche per il Polisario, come per il movimento palestinese.

Se si trascurano le questioni di cui è si appena discusso (controllo sul territorio, corruzione e violenza terroristica), la Svezia e altri Paesi hanno effettivamente minato alcuni principi, basilari e importanti, tesi a tutelare gli Stati da quelle decisioni affrettate che potrebbero ritorcersi loro contro. Questa situazione sta causando diversi ostacoli nei confronti di quell’intenzione, molto onorevole, di aiutare e favorire l’indipendenza e di rafforzare la pace e la sicurezza.

Magnus Norell, Ph.D., è adjunct scholar presso il Washington Institute e consulente esperto di politica presso la Fondazione Europea per la Democrazia di Bruxelles. In precedenza è stato analista per i servizi segreti svedesi, responsabile di progetto e analista senior presso l’Agenzia di Ricerca alla Difesa svedese, e ricercatore senior presso l’Istituto Svedese per gli Affari internazionali a Stoccolma.

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times. 


Articolo in inglese: ‘Corruption and Terrorist Violence Pose Obstacles to Peace

 
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