Coronavirus, Conte invertirà la rotta da Pechino a Washington?

Il governo potrebbe aver imputato la crisi coronavirus agli stretti contatti avuti con Pechino, scegliendo la sponda Usa. Ma il pungente vento cinese adesso soffia più forte che mai

Di Cathy He

La gravissima crisi coronavirus che sta flagellando il Paese starebbe spingendo il governo italiano a rivalutare i propri legami con Pechino e ad allinearsi maggiormente con Washington. Ma l’ago della ‘bilancia’ rimane ancora instabile.

Il coronavirus ha messo in luce la fedeltà di Giuseppe Conte alla Nato

L’esperto Nicola Casarini, responsabile per l’Asia allo Iai (Istituto Affari Internazionali), ha infatti rivelato a Epoch Times che «lo scoppio dell’epidemia di coronavirus a Wuhan ha portato il governo italiano a dover rivalutare il proprio approccio con la Cina, inviando nel frattempo un messaggio all’amministrazione Trump».

Appena un anno fa, l’Italia ha deciso di diventare la prima (e unica) nazione del G7 a sottoscrivere l’accordo pseudo-commerciale della Via della Seta (attirando su di sé tutte le critiche degli alleati); ma la gestione iniziale dell’epidemia da parte del Paese starebbe a indicare uno spostamento dell’asse nelle relazioni con gli altri Stati.

Casarini ha dichiarato che l’attuale governo di centro-sinistra, diverso dal governo populista che ha firmato l’accordo della Via della Seta a marzo 2019, ha utilizzato l’epidemia per rafforzare i rapporti con Washington. L’Italia, in effetti, è stato il primo governo occidentale ad annunciare lo stop ai voli provenienti dalla Cina; il divieto, continua l’esperto, è, tra gli altri divieti dei Paesi occidentali, quello con la durata più lunga, e proseguirà fino al 28 aprile.

Secondo Casarini, «queste misure mostrano la volontà del premier Giuseppe Conte, e del ministro della Salute Roberto Speranza, di presentarsi come fidati alleati transatlantici. Un qualcosa che tradizionalmente ha aiutato i funzionari italiani a farsi strada nel mondo politico».

Però, nonostante questo sforzo iniziale per contenere la diffusione del virus, l’Italia si è ritrovata a essere il Paese maggiormente colpito dopo la Cina, epicentro dell’epidemia. A febbraio infatti, ci si è resi conto che il virus stava circolando nel Nord Italia senza che nessuno se ne accorgesse. Da allora, il coronavirus si è diffuso in tutto il Paese; al momento ci sono più di 12 mila casi e oltre mille morti, e tutta la penisola è stata isolata.

I legami con la Cina soffiano però contro la ‘virata a Occidente’

La decisione dell’Italia di unirsi alla Via della Seta nel marzo 2019 ha suscitato preoccupazioni da parte degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali.

La Via della Seta di Pechino è un massiccio progetto di investimento infrastrutturale volto a collegare Asia, Africa ed Europa attraverso una rete di ferrovie, porti e strade; è stato criticato per aver gravato sui Paesi in via di sviluppo con oneri di debito impossibili da ripagare. Allo stesso tempo, Washington teme che il piano sia stato progettato anche per rafforzare l’influenza militare cinese e per diffondere tecnologie in grado di spiare l’Occidente.

Il Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca aveva avvertito l’Italia del fatto che sottoscrivere la Via della Seta avrebbe attribuito «legittimità all’approccio predatorio della Cina sugli investimenti» e che non avrebbe portato «alcun beneficio al popolo italiano».

Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas aveva fatto eco a quel sentimento, e all’epoca aveva affermato: «Alcuni Paesi che pensano di poter fare accordi intelligenti con i cinesi, saranno costretti a rimettere i piedi per terra e si ritroveranno dipendenti dalla Cina».

Ma l’Italia ha ottusamente difeso la propria decisione, con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che, secondo Bloomberg, il mese scorso ha dichiarato di aver aderito all’iniziativa per «ragioni commerciali» e «vantaggi economici».
Ma, secondo i dati raccolti dal ‘Rwr Belt and Road Monitor’, che traccia gli investimenti cinesi nell’ambito dell’iniziativa della Via della Seta, l’Italia nell’ultimo anno non è riuscita a stringere molti accordi, a eccezione di quello tra la Jetion Solar (China) Co. ed Eni SpA, per investire circa 2,2 miliardi di dollari e sviluppare nuovi progetti sull’energia solare.
Secondo quanto afferma Bloomberg, anche il piano cinese per lo sviluppo del porto di Trieste non è decollato.

Nel frattempo, secondo i dati preliminari pubblicati a febbraio dall’Istat, l’Italia ha continuato a registrare un deficit commerciale con la Cina, che a gennaio si è attestato a 2,4 miliardi di euro.
Dopo lo scoppio dell’epidemia, gli economisti si aspettano che la già compromessa economia italiana imbocchi la strada di una recessione entro la fine del primo trimestre, con il settore turistico e le industrie del lusso particolarmente colpite. Tutto per colpa dei legami con Pechino.

Il ‘difficilissimo’ dilemma del governo: la ‘spinta’ di un regime dittatoriale o le relazioni Italia-Usa

Di recente, il regime di Pechino ha ‘donato’ forniture mediche all’Italia, e ha inviato un suo team di ‘esperti medici’ per fornire assistenza nell’ambito delle misure locali di contenimento.

Queste misure, affermano gli analisti, fanno parte di una ingannevole e subdola campagna di propaganda del regime, che vuole affermarsi come leader globale negli sforzi per controllare tali epidemie. Dopo averle scatenate nel mondo. Nel contempo, vuole infatti distogliere l’attenzione dalle critiche secondo cui il suo iniziale insabbiamento dell’epidemia ha permesso al virus di diffondersi all’estero. In questa propaganda mirata a ristabilire positivamente la reputazione del regime, rientrano anche le recenti dichiarazioni dei funzionari cinesi, che vogliono assurdamente far credere che il virus non si sarebbe originato in Cina ma al di fuori.

Casarini crede che una volta superata la crisi in Italia, il regime cinese «potrebbe iniziare a versare denaro (attraverso investimenti) nel nostro Paese, in particolare nel Nord industrializzato più colpito dall’epidemia», nel tentativo di rafforzare le relazioni bilaterali.
«Nel medio-lungo periodo, tuttavia, le relazioni Roma-Pechino continueranno a oscillare tra alti e bassi, a seconda non solo dei loro legami bilaterali, ma soprattutto dell’evoluzione delle relazioni Italia-Usa».

Casarini ha suggerito che il modo in cui l’Italia e altri Paesi europei gestiranno le relazioni con il regime cinese, sulla scia dello scoppio dell’epidemia, dipenderà da come «politici e media presenteranno il caso».

In conclusione, ha affermato che nel caso in cui «la colpa venisse attribuita alla Cina e al suo regime, che ha nascosto informazioni gravi all’inizio dell’epidemia, permettendo così al virus di diffondersi in tutto il mondo», è probabile che i Paesi europei irrigidiscano la loro posizione nei confronti del regime. Tuttavia, se la storiella promossa dal regime di «combattere insieme contro il nemico comune» dovesse davvero avere la meglio, allora potrebbe accadere il contrario.
«Devo ammettere che sarebbe piuttosto notevole sostenere una tesi del genere in questa fase, ma potrebbe davvero succedere, soprattutto se la Cina iniziasse a versare più denaro in Europa».

 

Articolo in inglese: Italy’s Coronavirus Outbreak Puts Spotlight on China Ties

 
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