Comunità internazionale dei trapianti alza la voce contro gli abusi in Cina

Due principali organizzazioni internazionali dei trapianti hanno scritto una lettera aperta a Xi Jinping, il leader del Partito Comunista Cinese, nella quale il sistema dei trapianti degli organi adottato dalla Cina viene definito come corrotto e «disprezzato dalla comunità internazionale», e con la quale viene esortato il leader del Partito a mettere in atto cambiamenti sostanziosi.

La missiva, firmata congiuntamente dalla Società dei Trapianti e dal Dicg (Declaration of Istanbul Custodian Group), è stata pubblicata sulla rivista Transplantation di questo mese e rappresenta una rottura netta di quell’approccio attento e non conflittuale che l’istituzione internazionale dei trapianti ha tenuto per anni nei confronti della Cina. In passato, le voci critiche riuscivano a stento a farsi sentire al di sopra delle entusiastiche promesse di cooperazione e del tintinnio dei bicchieri da cocktail nei ricevimenti diplomatici.

Solo pochi mesi fa, nel novembre scorso, i massimi rappresentanti della comunità internazionale dei trapianti, alcuni dei quali firmatari della presente lettera, erano stati fotografati in semicerchio tipo squadra sportiva assieme ai principali funzionari cinesi del settore.

In Cina è successo qualcosa da allora a questo febbraio.

In quel momento, evidentemente a causa di un inasprimento dei rapporti tra i medici internazionali e i rappresentanti del Partito Comunista, le bozze della lettera sono state messe in circolazione.

Torsten Trey, direttore esecutivo dell’ong ‘Medici contro l’espianto forzato degli organi’ (Dafoh), che si occupa direttamente della questione, ha dichiarato: «Questa lettera è un riflesso dell’inaffidabile atteggiamento della Cina. Si chiedono delle risposte chiare e di mettere fine alle promesse ingannevoli della Cina, come già è successo in passato».

Trey ha detto: «Inoltre la lettera è anche una testimonianza di quei medici che vogliono davvero veder mettere la parola fine sull’immorale prelievo degli organi in Cina».

Sebbene questo sia un passo in avanti, alcuni osservatori degli abusi nel sistema dei trapianti adottato dalla Cina pensano che questa lettera non sia sufficientemente ampia e non affronti la questione dei prigionieri di coscienza.

‘LA SPADA DELLA GIUSTIZIA’

La Dichiarazione di Istanbul è la posizione etica fondamentale della comunità medica mondiale sui trapianti degli organi e afferma che l’utilizzo degli organi dei prigionieri è «incompatibile» con i suoi obiettivi.

Questo è il punto principale della contesa tra il mondo e la Cina, dove il Partito Comunista continua a giustiziare i prigionieri per i loro organi, benché vacilli tra la promessa di porre fine alla pratica e il persistere nel difenderla.

Gli autori della lettera utilizzano la retorica propria della Cina per punzecchiarla sul mancato rispetto delle linee guida etiche internazionali e delle sue stesse linee guida sui trapianti degli organi. Nella lettera si dice che secondo il China Daily, portavoce in lingua inglese del regime cinese, il sistema giudiziario deve «portare la spada della giustizia e la bilancia dell’uguaglianza» per il Paese. La lettera sostiene che «il sogno cinese», lo slogan dell’amministrazione di Xi Jinping, è niente meno che «un invito ad una cultura dei diritti umani».

In effetti, nel novembre dello scorso anno, i funzionari cinesi hanno concordato su un quadro giuridico che stabilisce le credenziali per i medici che trapiantano gli organi e ne vieta il commercio. In seguito, 38 ospedali hanno dichiarato di essersi impegnati a non utilizzare più gli organi dei prigionieri giustiziati.

La lettera dice: «Questo è stato un passo incoraggiante verso un sistema dei trapianti degli organi in Cina che sia trasparente, etico e corretto»È anche stato riservato un riconoscimento a Huang Jiefu, ex vice ministro della Salute, che è stato l’architetto del sistema dei trapianti cinese, e che è l’uomo incaricato dal Partito Comunista di occuparsi dei medici stranieri preoccupati per l’etica.

RIMESCOLARE LE CARTE

È stato dunque inquietante per coloro che si interessano all’etica di questa pratica, quando il mese scorso, Huang Jiefu ha difeso l’utilizzo degli organi prelevati dai prigionieri giustiziati.

Huang, nelle osservazioni che sono state parafrasate dal Beijing Morning Post e ampiamente pubblicate sui siti web cinesi, ha dichiarato: «Gli organi giudiziari e i dipartimenti locali del Ministero della Salute dovrebbero stabilire dei legami e permettere ai detenuti del braccio della morte di donare volontariamente i propri organi ed essere aggiunti al sistema computerizzato di assegnazione degli organi».

Tutto ciò cercherebbe di integrare l’illecito sistema di prelievo degli organi dai prigionieri giustiziati con ciò che si spera debba essere un sistema di donazione volontaria basato sull’altruismo, più o meno sulla falsariga di ciò che esiste in molti Paesi sviluppati.

Le osservazioni di Huang si sono rivelate effettivamente un ripudio delle promesse che le autorità cinesi avevano fatto per molti anni. Ethan Gutmann, un giornalista investigativo che ha scritto un libro sul sistema degli organi in Cina, in una precedente intervista con Epoch Times ha detto: «Siamo di nuovo al punto di partenza del 2006. Stanno fondamentalmente dicendo che hanno bisogno di rimescolare le carte».

In aggiunta alla confusione, le osservazioni di Huang sono arrivate assieme a promesse da parte di altri funzionari di «ridurre la dipendenza» dagli organi dei prigionieri.

Il dottor Francis L. Delmonico, presidente della Società dei Trapianti e uno dei firmatari della lettera, ha scritto in una e-mail: «Sono a conoscenza di dichiarazioni apparentemente incoerenti. La lettera aperta è stata scritta intenzionalmente da diversi leader internazionali in modo da palesare una risoluzione consensuale».

Ha aggiunto: «La lettera parla da sé».

Sebbene la lettera rappresenti un nuovo e più solido approccio da parte di organizzazioni come la Società dei Trapianti, i ricercatori sul trapianto abusivo degli organi in Cina affermano che ancora tralascia degli aspetti importanti della storia. E precisamente, il prelievo di organi non solo da detenuti condannati a morte, ma in primo luogo anche da prigionieri di coscienza che non hanno commesso alcun reato riconosciuto a livello internazionale.

OSCURE OMISSIONI

Arne Schwarz, ricercatore indipendente sulle pratiche di trapianto abusive ha scritto in una e-mail: «La lettera aperta lascia intendere che la riforma sui trapianti degli organi sotto la guida di Huang Jiefu si stia muovendo nella giusta direzione e che solo una generalizzata corruzione la stia ostacolando. Questo punto di vista è prevenuto».

Schwarz ha detto: «È una vergogna che tutti i tipi di istituzioni politiche – l’Unione Europea, il Congresso degli Stati Uniti, il Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite –affrontino la questione del prelievo degli organi dai prigionieri di coscienza, mentre la Società dei Trapianti rimanga in silenzio a questo riguardo».

Questo si riferisce principalmente al prelievo degli organi dai praticanti del Falun Gong, una disciplina spirituale che viene perseguitata in Cina dal 1999. I ricercatori, tra cui Gutmann, richiamano l’attenzione su una raccolta di prove che indicano decine di migliaia di organi prelevati dai praticanti del Falun Gong incarcerati per il loro credo pacifico.

La ricerca di Gutmann ha evidenziato che negli anni novanta erano stati presi di mira per i loro organi i musulmani uiguri, una minoranza di lingua turca della regione autonoma dello Xinjiang in Cina. Dopo il 1999, con l’afflusso dei praticanti del Falun Gong nei campi di lavoro forzato, il complesso militare-medico ha iniziato a prelevare gli organi da loro, traendone grandi profitti.

Nel primo decennio del 2000, i siti web in Cina pubblicizzavano apertamente i tempi di attesa di una o due settimane per gli organi, e promettevano di programmare il trapianto – entrambe le pratiche sono inaudite nei Paesi occidentali, dove le liste di attesa possono essere di più di un anno e i destinatari devono attendere che i donatori muoiano. Nel 2006, i medici e il personale di ospedali in tutta la Cina hanno affermato, in telefonate registrate segretamente, di avere «organi freschi e di ottima qualità… prelevati da praticanti del Falun Gong». Nel corso dell’anno, due ricercatori canadesi hanno rielaborato questa prova in una relazione di riferimento.

‘LA VITA È SENZA PREZZO’

La natura scandalosa di queste rivelazioni e la successiva pressione della gente, hanno imposto alla Cina alcuni cambiamenti nella strategia di approvvigionamento degli organi, sebbene le autorità non abbiano mai ammesso di averli espiantati a prigionieri di coscienza e non vi sia alcuna garanzia che la pratica sia stata interrotta.

Secondo Schwarz, la cooperazione della Cina con l’Occidente negli ultimi trenta anni ha semplicemente «contribuito a migliorare i risultati del trapianto medico cinese, ma non ha incoraggiato pratiche più etiche».

La recente lettera della Società dei Trapianti manifesta questa disconnessione. «Il sito web di Tianjin continua a reclutare quei pazienti internazionali che sono alla ricerca di organi da trapiantare… L’abuso sottostante da parte di questi medici professionisti e la diffusa collusione per il profitto sono inaccettabili».

Si riferisce del caso di un 14enne di nazionalità saudita che ha ricevuto l’organo di un prigioniero giustiziato (quale organo non è noto) per la somma di circa 150 mila euro. Ma a seguito dell’operazione il ragazzo ha contratto una malattia virale ed è morto nel giro di poche settimane. La lettera dice: «Non c’è stato alcun risarcimento, alcuna responsabilità e alcun accertamento del risultato associato a questa procedura illegale e immorale».

Nel frattempo, il sito www.cntransplant.com continua ad operare.

Si pubblicizzano annunci del tipo: «Il miglior ospedale per il trapianto congiunto rene-pancreas» e «il più famoso ospedale cinese per il trapianto di rene».

Il sito dice: «Questi suddetti ospedali, autorizzati dal governo della Repubblica Popolare Cinese, sono decisamente i luoghi dove il paziente-morente può rinascere».

«La vita non ha prezzo, la qualità deve essere garantita».

Articolo in inglese: International Transplant Community Raises Voice Against China’s Abuses

 

 
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