Closing Milan, a volte (anche i cinesi) ritornano

Quella del closing del Milan è ormai una storia infinita. Ma gradualmente, nonostante l’evidente confusione data dalla poca trasparenza operativa, si delinea un quadro sempre più definito della situazione: il governo cinese, pur mantenendo un basso profilo, sembra avere le mani ancora ben salde sulla trattativa, anche se, in un primo momento, a causa di politiche interne alla Cina che bloccano la fuoriuscita di capitali dal Paese, aveva dovuto ritirarsi, congelando temporaneamente l’operazione.

La nuova data ufficiale per il closing è ora fissata per il 14 aprile. La svolta che ha sbloccato la trattativa è arrivata, come riportato dal Wall Street Journal, dopo l’ingente prestito ponte spedito direttamente nelle mani di Yonghong Li da uno dei maggiori fondi internazionali, l’americana Elliott Management Corp., capitanata da Paul Singer.

Il fondo americano e la nuova società di Yonghong Li, la ‘Rossoneri Sport Investment Luxemborg’ — con sede a Lussemburgo e che in un suo stesso comunicato ha annunciato di aver preso formalmente il posto di Sino-Europe-Sport nella trattativa — hanno raggiunto un accordo sulla base di un prestito di 300 milioni. Come riporta nel dettaglio il giornalista Pasquale Campopiano, di questa cifra, 180 milioni (sul quale è applicato un alto tasso di interesse dell’11,5 per cento) andranno nelle casse di Fininvest per concludere l’acquisto del Milan, mentre gli altri 120 (con un altro tasso di interesse del 7,7 per cento) serviranno come finanziamenti per il club.

Dopo l’uscita di scena ufficiale da Ses, annunciata a metà marzo da Bloomberg, delle società-investitrici cinesi controllate direttamente dal regime cinese (State Development & Investment Corporation o Sdic, Haixia Capital e Huarong), era evidente a tutti che l’imprenditore Yonghong Li da solo, non avrebbe potuto farcela a portare a termine il closing.
Abbandonata quindi la Ses, Yonghong Li ha utilizzato un’altra società di sua proprietà, esterna alla Cina e con sede a Lussemburgo, per provare a concludere la trattativa, trovando alla fine l’aiuto, grazie all’intervento decisivo del futuro Ad rossonero Fassone e dell’avvocato Agostinelli, del fondo Elliott.

La nuova società di Yonghong Li sta dunque contando su finanziamenti provenienti da hedge fund o prestiti bancari; debiti che Yonghong Li ha assicurato essere in grado di saldare nel giro di 18 mesi. In merito a questo, Pianetamilan riporta quanto dichiarato dal giornalista Marco Bellinazzo alla trasmissione ‘Tutti convocati’ di Radio 24: «Closing? Credo sia la telenovela del secolo, il Milan potrebbe finire nelle mani di un americano che ha aiutato a provocare il secondo default dell’Argentina. Yonghong li ha dimostrato di avere fantasia, ma il problema non è il closing, ma quello che succederà dopo e soprattutto se riuscirà a riallacciare i rapporti con Pechino: uno che ha faticato a raccattare 100 milioni difficilmente riuscirà a trovarne 300 in 18 mesi». Se non dovessero rientrare tutti i milioni entro i 18 mesi previsti infatti, il Milan potrebbe passare sotto la gestione di Elliott.

Tuttavia, secondo Il Sole 24ore, assieme al fondo americano Elliott, Huarong (e quindi il governo cinese) starebbe ancora sostenendo la trattativa con altri finanziamenti, anche se non figura ufficialmente come investitore, come accadeva invece nella cordata Ses. Ma non ci sarebbe solo Huarong. Secondo le indagini del giornalista Pasquale Campopiano, la Cina ancora c’è, e soprattutto Haixia ancora c’è.
In effetti, trattandosi di società controllate dal governo cinese, la presenza di una implica la presenza dell’altra. Non a caso l’attuale presidente di Haixia Capital, Lu Bo, farà parte del nuovo Cda cinese del Milan e sarà presente alla fatidica data del closing il 14 aprile per le firme. Tutto questo porta a pensare che l’uscita di scena di Haixia e Co. di cui parlava Bloomberg fosse solo temporanea e strettamente riferita alla cordata Ses, mentre in realtà il regime cinese è rimasto un attento osservatore degli sviluppi della trattativa. In effetti lo stesso Bloomberg aveva precisato che Haixia avrebbe potuto continuare a partecipare anche se in parte minore. Questa continua attività del governo cinese, per ora in modalità stealth, spiegherebbe anche la sicurezza di Yonghong Li nel garantire la restituzione del prestito al fondo Elliott.

Come già accennato infatti, proprio Sdic, Haixia Capital e Huarong, non sono altro che il governo cinese sotto forma di grandi società finanziarie. In un articolo di Epoch Times, l’argomento closing del Milan aveva servito un assist perfetto per far luce sull’attuale e complicata situazione politica cinese.
A conclusione di tutto, si era visto come per una qualsiasi società, il fare affari in un ambiente quale la Cina odierna, portasse con sé un fattore di rischio crack finanziario molto elevato, dal momento che il Partito Comunista Cinese è a oggi letteralmente diviso in due, e una di queste due fazioni (quella dell’ex leader del regime Jiang Zemin) appare destinata a cadere in rovina a causa della dilagante corruzione.
L’attuale presidente Xi Jinping sta infatti conducendo una guerra alla corruzione all’interno del Partito, mirando a spodestare i funzionari corrotti e a suo tempo posizionati nei punti strategici dall’ex leader Jiang Zemin, che ha ancora un certo controllo sulle decisioni interne del Paese. Si è visto come alcuni di questi funzionari, ‘ex-tigri’ di Jiang, abbiano avuto legami diretti o indiretti proprio con Sdic o filiali di quest’ultima.

Con quali personaggi si conducano affari oggi in Cina, se con quelli appartenenti alla fazione ‘risanatrice’ di Xi Jinping o con quelli della fazione dalle ‘mani insanguinate‘ e corrotte di Jiang Zemin, diventa allora una questione fondamentale.

Oltre a questo, è difficile per molti non concentrare l’attenzione sulle controversie legate alla reputazione dello stesso Yonghong Li, che pur essendo un investitore privato, sui media cinesi è tristemente noto per il suo passato per così dire poco trasparente.

A questo proposito, La Scala, socio di minoranza del Milan intervistato da Radio24, secondo quanto riporta milannews24 ha dichiarato: «Quest’operazione tiene aperti molti dubbi sul futuro del Milan. Registro però con piacere come Fassone sia in grado di risolvere problemi, ha risolto anche quelli della proprietà cinese. Problemi all’orizzonte? Qui c’è il rischio di scottarsi con la proprietà che passa in mano a un broker che non ha comprato bene. Anche perché il Milan, più che generare utili, li brucia. Sarà difficile mettersi nei panni di chi gestirà il club. Il Milan costa 720 milioni più 350 di investimenti da contratto, rivenderlo e guadagnarci non sarà facile. Se Li non voleva perdere le caparre, non doveva mettersi nelle mani di chi gli prestava i soldi a caro prezzo. Tasso di interesse all’11.5%? In Italia con un tasso del genere si finisce in galera…».

 
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