Cinesi e nativi americani, indizi di contatti in era precolombiana

I nativi americani discendono da popoli migratori che hanno varcato lo Stretto di Bering circa diecimila anni fa, aiutati dal basso livello delle acque e da ponti di terra tra i continenti. Da allora fino a circa al 1000 d.C. – quando arrivarono i vichinghi – nessuna altra spedizione aveva portato esploratori o colonizzatori dal Vecchio fino al Nuovo Mondo. Questo è noto.

Eppure, sorprendenti reperti uniti ai risultati di alcuni recenti studi del dna realizzati sui nativi americani inducono a pensare, secondo alcuni, a dei contatti tra la popolazione cinese e quella del Nord America dell’antichità.

John A. Ruskamp Jr. è un analista di ricerca che ha messo a confronto gli antichi glifi dei nativi americani con i vecchi pittogrammi cinesi, scoprendo a suo modo di vedere una corrispondenza perfetta tra i due. I glifi e i pittogrammi risalgono a un periodo successivo l’attraversamento del ponte della terra di Bering, ma di molto precedente ai moderni contatti tra la cultura cinese e quella dei nativi americani. Il dott. Donald Yates, genetista, ha studiato il dna dei nativi americani, scoprendo quelli che ritiene dei collegamenti genetici con i coloni che risalgono a periodi storici dell’antica Cina o del Medioevo.

Yates ipotizza che la genealogia dei nativi americani non sia tanto semplice. Lo scienziato sostiene che gli antenati dei nativi americani non provengono da un’unica migrazione; altre navi sarebbero approdate sulle coste del Nuovo Mondo, con a bordo esploratori sconosciuti agli storici di oggi.

Di seguito daremo un breve sguardo ad alcune delle scoperte di Ruskamp e Yates.

GLIFI DEI NATIVI AMERICANI A CONFRONTO CON I PITTOGRAMMI CINESI

Ruskamp ha utilizzato il coefficiente di similarità di Jaccard per confrontare i glifi dei nativi americani con i pittogrammi cinesi. L’indice di Jaccard è stato sviluppato da Paul Jaccard, un botanico del diciannovesimo secolo, e viene usato per confrontare a livello statistico le somiglianze e le differenze nelle serie di campioni. Sul suo sito internet Ruskamp mostra una lista di 53 coppie di pittogrammi e glifi cinesi antichi. Utilizzando l’indice di Jaccard ha calcolato che in tutte e 53 le coppie esistono più del 95 per cento delle possibilità che i glifi si abbinino ai pittogrammi. In altre parole la possibilità che i glifi si siano formati indipendentemente dai pittogrammi – e che la somiglianza tra i due sia solo una coincidenza – è minore del cinque per cento, secondo Ruskamp. Nella maggior parte dei casi è inferiore all’uno per cento.

Questo è un classico esempio dell’era della divinazione cinese degli oracoli realizzati con le ossa. La presenza di un messaggio simile su una roccia nel Nordamerica suggerisce che le popolazioni degli antichi asiatici fossero presenti nelle Americhe intorno al mille a.C. – John A. Ruskamp Jr

Ad esempio un glifo scoperto nel New Mexico ha la forma di una tradizionale previsione di oracolo realizzato con le ossa, scrive Ruskamp in un articolo sul suo sito internet. Nel glifo del New Mexico, se interpretato mediante gli antichi pittogrammi cinesi, si legge: «I prossimi dieci giorni saranno di buon auspicio». Ruskamp ha studiato molte altre coppie di glifi-pittogrammi oltre alle 53 della lista a cui facciamo riferimento in questo articolo e continua tuttora la sua ricerca.

«Questo è un classico esempio dell’era della divinazione cinese degli oracoli realizzati con le ossa. La presenza di un messaggio simile su una roccia nel Nordamerica suggerisce che le popolazioni degli antichi asiatici fossero presenti nelle Americhe intorno al mille a.C. circa, dal momento che la scrittura degli oracoli realizzata con le ossa non venne più usata intorno a questo periodo e non fu riscoperta – e successivamente decifrata in Cina – fino al 1899 d.C.», ha scritto Ruskamp. «Perciò questi vecchi glifi (l’età è confermata dallo staff del senior National Park Service) possono essere stati realizzati solo da antichi esploratori cinesi poco dopo la fine della Dinastia Shang, quando la scrittura andò perduta alla memoria umana per i successivi 2900 anni».

Ruskamp ha continuato: «Il fatto che sia le popolazioni native americane che quelle asiatiche seguissero calendari sacri di dieci giorni è degno di nota. L’elemento più curioso è stato osservato da Michael Zeilik nel suo trattato del 1986 intitolato ‘The Ethnoastronomy of Historic Pueblos, II Moon Watching’, nel quale scrive che il calendario di dieci giorni dei nativi americani è una “tradizione scoperta anche tra le popolazioni dell’artico e del subartico in Asia”».

Sotto richiesta della Dna Consultants, l’associazione di Yates, Ruskamp ha analizzato i segni di un interessante artefatto noto come la tavoletta di Thruston. La tavoletta è stata riesumata nel 1870 dall’archeologo Gates P. Thruston sotto una montagnola del periodo mississippiano (800-1600 d.C.) vicino a Castalian Springs, nella Contea di Sumner nel Tennessee. Le interpretazioni delle scene rappresentate sono varie e spaziano dalla guerra tra le bande dei nativi americani ai miti dei nativi americani, fino ad arrivare a un incontro tra il Vecchio e il Nuovo Mondo.

LA TAVOLETTA DI THRUSTON

Ruskamp ha identificato quelli che potrebbero essere pittogrammi cinesi sulla tavoletta di Thruston. Ha osservato che uno dei cosiddetti pittogrammi potrebbe essere tuttavia una specie di uomo con un bastone; è difficile da dire con la rappresentazione artistica di una scena antica.

Citato in un post sul blog dei consulenti del dna, Ruskamp ha scritto in merito ai dettagli contenuti nella demarcazione rossa in una porzione della Tavoletta di Thruston: «Le quattro linee orizzontali potrebbero stare per il numero quattro ‘Si’. Se ciò è vero questo rappresenta uno degli stili di scrittura cinese più antichi utilizzati per scrivere quattro». Riguardo un’altra parte demarcata dalla linea verde ha scritto: «L’uomo con il bastone stilizzato a forma di x potrebbe essere la figura dello ‘Wen’, che in questo caso sembra stia tenendo una canna da pesca con un’estremità biforcuta. O potrebbe essere solo il disegno di un uomo con bastone». Della parte all’interno di una demarcazione blu ha invece scritto: «Questo sembra essere il simbolo cinese ‘Mi’ che indica la minaccia o una corda». Il post sul blog rileva che glifi simili sono stati trovati su altre parti del reperto.

Nel 2005 Vincas P. Steponaitis, archeologo all’Università del Nord Carolina, è stato il co-autore di un analisi dell’artefatto intitolata ‘Iconography of the Thruston Tablet’. Anche se non è arrivato alle stesse conclusioni di Ruskamp, ha però notato la strana natura delle parti analizzate qui sopra.

Ha messo insieme i dettagli analizzati in precedenza con altre due parti del disegno in quella che ha chiamato ‘il gruppo 3 sullo sfondo’. Ha diviso parti del disegno in gruppi come questo, basati su quanto fossero superficiali o profonde le incisioni sulla pietra, sulle unità di tema e su altri fattori che li rendevano simili o dissimili da altri.

La più strana interpretazione della pietra, secondo una stima di Steponaitis, è stata avanzata nel 1960 da Ruth Verrill e Clyde Keeler. Verrill e Keeler dichiarano che raffigura una battaglia combattuta tra i nativi americani e i vichinghi. Steponaitis ha scritto: «Tra le varie incisioni hanno osservato delle iscrizioni in glifi, un elmo dei Frigi e una barcaccia vichinga».

Una si dice somigli a una barcaccia vichinga. Steponaitis ha scritto riguardo a questa interpretazione: «[È] un’idea che potremmo tranquillamente mettere da parte come storicamente improbabile. Si potrebbe interpretarla anche come una canoa, tuttavia somiglia poco alle immagini precise di una canoa che ci sono pervenute dai tempi del Mississippiano. Come alternativa ci sentiamo di suggerire che potrebbe essere la raffigurazione di un medicine lodge [una struttura in legno utilizzata dai nativi americani per le cerimonie, ndt]».

Yates chiede se la scena possa descrivere l’arrivo di una spedizione cinese che trasportava i colonizzatori fino al Nuovo Mondo.

Sul gruppo 3 dello sfondo si dice poco altro nella carta di Steponaitis. Ha scritto: «Non sembra esserci molto da dire su questa strana composizione… Il significato di questo disegno è sconosciuto».

Suggerisce che la tavola «si colleghi non a eventi storici quanto piuttosto a credenze sul cosmo e sugli esseri che abitano i regni di altri mondi».

PROVE DEL DNA?

L’idea convenzionale del patrimonio genetico dei nativi americani sostiene che cinque aplogruppi abbiano fornito le basi. Il termine aplogruppo fa riferimento a un gruppo di popolazione genetica che condivide un antenato comune. Si pensa che questi cinque aplogruppi abbiano oltrepassato il ponte di terra dello stretto di Bering con i primi coloni del Nuovo Mondo.

Yates ha compilato dei dati che ritiene possano indicare come il materiale genetico cinese sia entrato a far parte della popolazione dei nativi americani successivamente, ma molto prima della mescolanza moderna. Ad esempio fa riferimento a una carta del 2007 pubblicata nel Giornale delle Scienze Archeologiche, intitolata ‘Mitochondrial Haplogroup M Discovered in Prehistoric North Americans’, di cui è co-autore Ripan S. Malhi, un antropologo dell’Università dell’Illinois a Urbana Champaign.

Malhi ha studiato il dna di due persone sepolte a China Lake nella provincia canadese della Columbia Britannica, circa cinquemila anni fa. Queste persone appartenevano all’aplogruppo mitocondriale M, un tipo largamente presente nell’Asia di oggi ma che non è uno dei cinque aplogruppi scoperti. Malhi ha scritto: «Questo studio fornisce le prove che i migranti iniziali delle Americhe mostravano una diversità genetica maggiore di quanto precedentemente riconosciuto, incoraggiandoci a riconsiderare il modello ampiamente accettato dei cinque fondatori, secondo cui le Americhe sono state colonizzate solo da cinque fondatori di discendenza dna mitocondriale».

Yates esplora poi le implicazioni di un allele particolare (la parola allele fa riferimento a una specifica sequenza di dna) trovata ad alta frequenza tra gli indiani salishai della Columbia Britannica, in Canada. La sua frequenza tra questa popolazione è del 30 per cento circa, anche se è stato scoperto con una media del 12 per cento tra le popolazioni degli indiani d’America.

È relativamente basso o inesistente tra gli europei, gli abitanti del Medio Oriente e altre popolazioni, ma ha un antico centro di diffusione apparente a Taiwan, secondo Yates. È più alto nella tribù degli Atayal degli aborigeni taiwanesi, con una frequenza del 52 per cento. È improbabile che Yates tragga delle conclusioni da questo unico allele; secondo lui sono necessari ulteriori prove e studi, ma ritiene il fatto interessante alla luce di altri collegamenti che vede tra le civilizzazioni degli antichi cinesi e dei nativi americani.

LA LEGGENDA DI FUSANG

Una storia cinese del 2200 a.C. descrive la terra di Fusang, che alcuni dicono che si riferisca all’America del Nord. Charlotte Harris Rees ha passato molti anni alla ricerca di questo collegamento, sul quale ha tenuto delle conferenze alla Biblioteca del Congresso negli Usa, alla Biblioteca Nazionale della Cina e in altri luoghi nel mondo.

La storia antica, intitolata Shan Hai Jing, descrive la flora e la fauna trovate nell’America del Nord. Queste includono, secondo Rees, l’opossum, l’armadillo, il pècare, l’antilocapra americana, il coyote, l’aquila calva, l’elefante marino e l’appaloosa.

Le direzioni fornite per viaggiare dalla Cina a Fusang porterebbero infatti in Alaska. Si dice che Fusang si trovi a 20 mila li di distanza (li è una misura cinese; in tempi antichi un li equivaleva a 1/4 miglia di distanza), che è pressappoco la stessa distanza tra l’America del Nord e la Cina. Durante il suo discorso alla Biblioteca del Congresso, Rees ha riferito: «Tong Fan Tso (vissuto attorno al terzo secolo a.C.) ha dichiarato che Fusang è ampia 5311 chilometri, circondata da vasti oceani e con alberi maestosi; questa è più o meno la stessa larghezza dell’America. Come avrebbe potuto sapere una cosa del genere qualcuno in Cina così tanti anni fa?»

Ha anche notato che i maestosi alberi trovati sulla costa occidentale del Canada e degli Stati nord-occidentali possono corrispondere alla descrizione.

Rees fornisce anche troppi esempi da riportare qui su come Fusang si colleghi all’America del Nord. Guarda anche alle prove archeologiche che possono suggerire uno scambio precedente di flora e fauna tra la Cina e il Nord America. Ad esempio una varietà di patate dolci dall’America del Nord si sono diffuse in Asia; Rees ha scritto: «[Questa varietà di patate, ndt] ha raggiunto la Polinesia intorno al 800 d.C. dove aveva perfino lo stesso nome che in America».

Ha proseguito: «Le ossa di gallina risalenti al 900 d.C. in America sono molto simili a quelle dell’Asia sud-orientale. Anche quello che gli indiani d’America chiamavano galline sono quasi identiche al nome cinese». George Carter (1912-2004), professore di geografia americano che ha insegnato all’Università Johns Hopkins e successivamente alla Texas A&M University, fa riferimento a molti di questi esempi. Carter ha avuto anche un passato come antropologo e ha condotto alcuni scavi archeologici negli Usa. È stato un sostenitore della teoria secondo cui vari coloni sono arrivati in America del Nord nel corso degli anni.

Tuttavia alcuni ritengono che Fusang sia un luogo mitico. Rees argomenta che alcune delle mappe antiche che mostrano Fusang siano delle mappe governative con degli usi pratici (inclusi la mappatura di luoghi noti, ecc…) e questo renderebbe improbabile l’idea che mostrino estensioni continentali immaginarie. Eppure l’aggiunta di mostri marini e di altri di questi elementi su delle mappe antiche ugualmente serie mette spesso in dubbio la loro reale veridicità.

Anche se le prove a sostegno di un antico contatto tra la Cina e il Nuovo Mondo rimangono materia di controversia e né Yates né Ruskamp possono sperare di cambiare all’improvviso i libri di storia, queste e altre ricerche continuano a registrare quelle che loro vedono come prove schiaccianti e a chiedere ulteriori discorsi su questi collegamenti.

Articolo in inglese: Did the Ancient Chinese Make Contact With Native Americans?

 
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