Cina, fine del lusso

La Cina e i cinesi negli ultimi dieci anni hanno giocato un ruolo di primo piano nella crescita del settore del lusso. Ma il boom dei prodotti di lusso è finito.

I consumatori cinesi, secondo uno studio della società di consulenza Bain & Co., costituiscono oggi la percentuale maggiore (31 per cento) della spesa mondiale in beni di lusso. Nel 2000 rappresentavano l’1 per cento.

Grazie allo shopping all’estero dei turisti cinesi, il mercato del lusso è cresciuto negli ultimi 10 anni del 72 per cento.

«L’inarrestabile espansione dell’economia che faceva da carburante all’insaziabile corsa ai beni di lusso dei cinesi ha rallentato» ha scritto l’analista di Exan Bnp Paribas Luca Solca su Fashion Business, «E questo non fa altro che aggravare il rallentamento della domanda dei beni di lusso (moda e gioielli) generato dalla campagna anticorruzione del governo».

Diversi marchi di lusso hanno negli anni aperto in negozi in Cina per sfruttarne le opportunità di guadagno, e gli esperti discutono ora se corrano dei rischi eccessivi.

Solca nella sua analisi ha osservato ogni marchio per capire se, in base al numero di punti vendita aperti in Cina, sia sotto o sovra esposto alla contrazione del mercato cinese: Versace risulta il più a rischio, col suo 22 per cento di negozi aperti in Cina, ma lo sono anche Moncler, Tod’s e Dolce e Gabbana.

I soli grandi marchi a basso rischio sono Hermes, Tiffany e Michael Kors che, sempre secondo Solca, hanno ancora possibilità d crescita in Cina.

Le vendite di prodotti di lusso, hanno iniziato a calare in Cina da quando, nel 2013, il capo del regime Xi Jinping ha lanciato la sua campagna anticorruzione: molti dirigenti cinesi, insieme ai loro compari di vario genere noti per corrompere servendosi di prodotti di lusso, hanno smesso di spendere.

E il rallentamento dell’economia da metà 2015 è stato il secondo duro colpo al lusso: alcuni grandi marchi hanno già iniziato a chiudere negozi in Cina.

Il rapporto di Bain del 2015 sul mercato del lusso sostiene che «un corollario della caduta della domanda interna è una riduzione del numero dei punti vendita sul territorio, a favore di meno negozi più grandi e meglio localizzati».

Nel 2015 Luis Vuitton, il brand di lusso di maggior valore al mondo, in Cina ha chiuso sei negozi e ne ha aperti due. A cui vanno aggiunte le chiusure recentemente annunciate di altri due negozi a Shanghai e Shanxi. Nel frattempo Gucci ha chiuso cinque negozi, Burberry due e Prada quattro. E altre chiusure sono attese nel corso del 2016.

Come se tutto questo non bastasse, le multinazionali del lusso hanno annunciato in aprile 2016 un calo di utili causato dalla diminuzione del turismo cinese in Europa. Il Gruppo Burberry, Prada SpA, Kering SA e LVMH (Moet Hennessy Louis Vuitton SE), hanno tutti pubblicato risultati deludenti dopo gli attentati terroristici in Europa.

Secondo Bruno Lannes di Bain Shanghai, i marchi del lusso per restare competitivi in tempi di vacche magre, dovrebbero concentrarsi e fare meglio lavorando su collezioni più esclusive ed eleganti, sul coinvolgimento dei clienti sulle piattaforme digitali, sui contenuti digitali in generale e, naturalmente, sui prezzi.

Articolo in inglese: Is Growth for Luxury Brands in China Over?

 

 

 
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