Cina, aumentano le critiche a Xi Jinping

Il magnate cinese e ‘principino’ Ren Zhiqiang è stato arrestato per aver criticato pubblicamente il leader del Partito comunista Xi Jinping.

A seguito di questa notizia, gli attivisti per la democrazia in esilio hanno fatto circolare lettere aperte – firmate da imprenditori cinesi e alti funzionari in pensione – che invitano Xi ad attuare una riforma sistematica.

La veridicità delle lettere non ha potuto essere confermata, ma secondo gli analisti le voci di dissenso dimostrano che le lotte intestine all’interno del Partito Comunista Cinese (Pcc) si stanno intensificando, proprio ora che Xi si trova ad affrontare le crescenti critiche su come la Cina ha gestito l’epidemia.

Ren Zhiqiang e le critiche a Xi Jinping

Il sessantanovenne Ren è un grande magnate dell’immobiliare di Pechino. Prima del pensionamento nel 1983, suo padre Ren Quansheng era stato vice ministro del commercio; perciò, in quanto discendente di un ex alto funzionario, Ren è un cosiddetto ‘principino’ del Partito. Inoltre, il vice presidente cinese Wang Qishan, uno dei più forti sostenitori di Xi, era un insegnante della scuola media che Ren frequentava.

Ren è noto per le sue critiche nei confronti del regime cinese, come avvenuto il 19 febbraio 2016, quando ha scritto su Weibo che «il cognome di tutti i media cinesi è Pcc, e essi non rappresentano gli interessi della gente», il che significa che la stampa risponde al Partito. All’epoca, Ren era stato criticato dai media statali cinesi e il Partito lo aveva punito, minacciando che lo avrebbero monitorato se avesse commesso altre «malefatte» e che avrebbe perso il suo status di membro del Partito.

L’8 marzo, i cittadini cinesi hanno condiviso un articolo di Ren, successivamente cancellato dai censori del Pcc, in cui aveva scritto: «Questa epidemia da virus ha così dimostrato che il cognome di tutti i media è Pcc, e i cinesi sono stati abbandonati». Ren ha spiegato che il regime non ha reagito prontamente per fermare la diffusione del virus. Le autorità hanno anche mentito al pubblico, e poiché la gente non era a conoscenza della contagiosità del virus, l’ha involontariamente e ulteriormente diffuso. Ren ha definito Xi «un pagliaccio che insiste nel voler essere un imperatore, anche dopo che si è spogliato dei suoi vestiti».

Il 12 marzo, Ren è scomparso. Poi, il 25 marzo, Voice of America (Voa), citando informazioni degli amici del magnate, ha riferito che le autorità di Pechino hanno arrestato Ren, il figlio e la sua segretaria. L’articolo citava un insider che diceva: «A nessuno è permesso interferire con il caso di Ren, influenzarlo o chiedere perdono per lui. È possibile che neanche a Wang Qishan sia permesso». Citando una fonte anonima, l’articolo di Voa riporta che Ren non ha pubblicato il suo articolo online; lo aveva condiviso con altri undici imprenditori cinesi della sua cerchia di amici. Poi, alcuni di loro hanno condiviso l’articolo con altre persone, e alla fine è finito online.

Chen Ping

Il 21 marzo, un altro principino del Pcc, il miliardario Chen Ping, ha pubblicato un articolo su WeChat (una popolare piattaforma di social media), specificando che era stato redatto da cittadini anonimi, insoddisfatti dell’attuale regime su punti come la crescente pressione sul settore privato, la mancanza di uno stato di diritto, la libertà di espressione e di stampa e le politiche repressive del regime nei confronti di Hong Kong e Taiwan. Nell’articolo è scritto che Xi, come leader del Partito, dovrebbe assumersene la responsabilità. I cittadini hanno esortato il Partito a organizzare un incontro con il Politburo per discutere se Xi è ancora qualificato per essere il leader. I cittadini hanno suggerito che l’incontro fosse guidato dal premier Li Keqiang, da Wang Yang, presidente dell’organo consultivo politico (la Conferenza consultiva politica del popolo cinese) e dal vice presidente della Rpc Wang Qishan.

Imprenditori e alti funzionari del Pcc

Alcuni giorni dopo, il 26 marzo, l’attivista cinese d’oltremare Yijian Piaochen ha postato su Twitter una lettera, dichiarando che era stata co-firmata da oltre cinquanta imprenditori cinesi, ma che ne aveva modificato le firme per proteggere la loro identità. La lettera era indirizzata a Xi: «A causa dell’impatto del virus, l’economia globale è stata danneggiata e la Cina è arrivata a un bivio, in cui [i cinesi, ndr] devono scegliere quale strada prendere». I cofirmatari avevano nove richieste: promulgare una riforma del governo; respingere l’estremismo; realizzare il suffragio universale in Cina; concedere al settore privato gli stessi privilegi delle imprese statali; proteggere la proprietà degli imprenditori; fornire fondi di stimolo alle persone colpite dal virus; chiedere ai funzionari di Wuhan e alla Commissione sanitaria nazionale di assumersi le proprie responsabilità per l’epidemia; rilasciare i dissidenti detenuti; rivalutare il caso del medico Li Wenliang che era stato punito dalle autorità locali per aver diffuso informazioni sul virus.

Un altro attivista cinese all’estero, Laodeng, il 26 marzo ha scritto su Twitter di aver ricevuto una lettera indirizzata a Xi, firmata da cinque funzionari del Partito in pensione (l’ex presidente del Cppcc Li Ruihuan, l’ex premier Wen Jiabao, l’ex vice premier Li Lanqing, l’ex segretario del segretariato del Pcc Hu Qili e l’ex vice premier Tian Jiyun). Al momento nessuno di loro ha confermato o negato pubblicamente l’esistenza di queste lettere, quindi non si sa se siano vere e se Xi le abbia ricevute.

Il conduttore statunitense Tang Jinyuan, con sede in Cina, ha dichiarato che le voci d’insoddisfazione nei confronti della leadership di Xi indicano che l’attuale crisi ha portato a lotte intestine tra fazioni all’interno del Pcc. In particolare, «alcune persone [all’interno del Partito, ndr] sono preoccupate del futuro caos nella società cinese» a causa del virus, e quindi vogliono che alcuni funzionari del Partito si assumano la responsabilità di qualsiasi potenziale ricaduta.

 

Articolo in inglese: After Chinese Tycoon Goes Missing, Growing Criticism of Xi Leadership Hints of Factional Infighting

 
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