Caso Epstein, spariti i filmati delle telecamere di sorveglianza

La controversa morte di Jeffrey Epstein per presunto suicidio ha fatto sorgere ulteriori e più profonde domande su come sia potuto accadere un avvenimento del genere nel Metropolitan Correctional Center, specialmente dal momento che si parla di un personaggio pubblico di alto profilo la cui vita è stata caratterizzata da ricchezza, potere e anni di accuse di reati sessuali; tutti elementi che, messi assieme, lo rendevano un detenuto assolutamente non comune. Anche perché pare che Epstein avrebbe presto coinvolto personaggi molto importanti della politica, nelle indagini su reati sessuali e pedofilia che lo riguardavano.

A quanto racconta Larry Levin, consulente carcerario ed esperto di giustizia all’americana, nella speciale unità detentiva in cui era tenuto Epstein, le guardie controllano ogni detenuto una volta ogni 15-30 minuti; tuttavia, le recenti indagini indicano che il sex-offender sarebbe rimasto incustodito per diverse ore, la notte in cui è morto. 

Levine dunque si chiede: «Che cosa facevano questi membri dello staff in queste “diverse ore”, se non giravano e controllavano i detenuti?».

La situazione che si è verificata, osserva ancora l’esperto, indica un vuoto, una mancanza vera e propria di personale nella sorveglianza; lo scenario più probabile è che i membri dell’Ufficio Federale delle Carceri (Federal Bureau of Prisons, Bop) non abbiano adempiuto alle proprie responsabilità.

«Allora dov’è stato l’errore? Era nel Bop». Levine sospetta che le guardie stesse abbiano permesso a Epstein di uccidersi lasciando un oggetto sconosciuto nella sua cella e dandogli i mezzi per suicidarsi. «Deve essere il personale», ribadisce.

Filmati mancanti

Secondo Levin, mentre Epstein si trovava nella Special Housing Unit (Shu), sotto quella stretta sorveglianza chiamata anti-suicidio, sarebbe stato monitorato ventiquattr’ore su ventiquattro in una cella speciale. Perciò  «potrebbe essere stato un altro detenuto, o un membro dello staff. Si va dallo strizzacervelli ogni giorno quando si è in sorveglianza anti-suicidio, fanno così».

I rapporti dei funzionari affermano che gli agenti dell’Ufficio Federale delle Carceri (Bop) non sono riusciti a svolgere adeguatamente il loro lavoro di controllare i detenuti ogni trenta minuti, ma Levine non ci crede: «Conoscono il protocollo nella Special Housing Unit, ed è che si dà per scontato che il tuo dovere sia di andare a controllare i detenuti più volte all’ora».

I funzionari delle forze dell’ordine hanno dichiarato che vi sono nove telecamere che controllano i detenuti che entrano ed escono dalle loro celle, anche se non ci sono all’interno di ciascuna cella; misteriosamente, però, le indagini hanno rivelato che i filmati di sorveglianza all’esterno della cella di Epstein del momento dell’incidente non esistono.

«Penso che esistano ancora, ma non vogliano rilasciarli» ha detto Levine. «Ricordiamoci che El Chapo [Joaquín Archi Guzmán Loera, noto criminale e signore della droga messicano, ndr] era lì solo pochi giorni prima. Questa è un’unità abitativa speciale ben mantenuta per i detenuti di alto profilo»; Levine ritiene infatti che, dato che serve un nulla osta di alta sicurezza per accedere all’unità speciale, l’infrazione delle norme di sicurezza deve essere stata un lavoro interno.

Un po’ più diplomaticamente, Levine conclude: «Il Bop è a corto di personale, è poco finanziato, perciò penso che abbia bisogno di una migliore formazione dei membri dello staff, e, forse, ha bisogno di mettere più agenti di correzione all’interno della Special Housing Unit (Shu) per monitorare i detenuti e per impedire che qualcosa del genere accada di nuovo in futuro».

 

Articolo in inglese   Prison Consultant: Irregularities In Events Leading Up To Epstein’s Death

 
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